GREENPEACE: SCOPERTE SOSTANZE PERICOLOSE NEL SANGUE DELLE DONNE IN GRAVIDANZA
“Un grembo. Non un deposito chimico”. Lo slogan campeggia sul pancione di 5 volontarie, che si sono sottoposte alle analisi del sangue. Scopo dell’indagine di Greenpeace pubblicare nuovi dati sulla presenza di alcuni contaminanti ambientali nel sangue di donne in gravidanza. Ftalati, ritardanti di fiamma e muschi artificiali, impiegati quali additivi nei beni di consumo, sono stati rivenuti nei campioni, analizzati da un laboratorio olandese. I risultati sono pubblicati nel rapporto “La chimica in grembo”, presentato da Greenpeace all’Ospedale Fatebebenefratelli all’Isola Tiberina, a Roma.
“E’ la dimostrazione dell’inefficacia del sistema attuale di regolamentazione delle sostanze chimiche e dell’impossibilità di gestire e “controllare in modo adeguato” i composti particolarmente pericolosi, che una volta prodotti e immessi in commercio ritornano nell’ambiente per poi contaminare le specie animali, uomo incluso” afferma Vittoria Polidori, responsabile Campagna Inquinamento Greenpeace, una delle volontarie che si sono sottoposte alle analisi del sangue. “Oggi abbiamo l’opportunità di cambiare le cose. E’ in corso di revisione all’Unione europea la normativa sulle sostanze chimiche, definita REACH (Registrazione, Valutazione ed Autorizzazione delle Sostanze Chimiche) che se opportunamente rinforzata potrà fornire lo strumento utile alla nostra tutela”. REACH è ostacolata da una potente lobby, che ha indebolito gradualmente il testo originariamente proposto, divenendo così una delle proposte di legge più dibattute nella storia dell’UE. Greenpeace chiede di adotta!
re l’obbligo di sostituzione dei composti dannosi per l’uomo e per l’ambiente quando alternative più sicure siano già disponibili. In una “cyberazione” lanciata oggi si chiede all’UE la rapida approvazione di un testo di REACH che elimini le sostanze pericolose presenti nei prodotti d’uso comune.
“Ftalati, ritardanti di fiamma e muschi artificiali sono sostanze persistenti, bioaccumulabili e potenzialmente tossiche, capaci di attraversare la placenta. Sono state trovate anche nel sangue del cordone ombelicale e nel liquido amniotico e possono mettere a rischio lo sviluppo del feto” sostiene il dottor Giuseppe Latini, direttore dell’Unità Operativa Neonatologia all’ Ospedale “Perrino” di Brindisi. “L’impatto sul sistema ormonale può giocare un ruolo critico nel controllo della crescita nei primi stadi di vita e quindi causare effetti irreversibili sullo sviluppo del bambino. Alcune patologie possono svilupparsi solo diversi anni dopo l’esposizione chimica: anche se il danno potrebbe insorgere ad uno stadio precoce, le conseguenze sanitarie sarebbero percepibili solo in fase adulta”.
“Questa iniziativa è importante per noi perché ci aiuta a rinforzare l’imperativo etico di coniugare la cura delle fonti della vita con la cura dell’ambiente” afferma il prof. Pietro Quattrocchi, presidente del Comitato Etico dell'Ospedale Fatebenefratelli. “Il documento di Greenpeace illustra ancora una volta l’importanza di prevenire anziché intervenire solamente quando i danni sono già irreparabili”.
Daniele Salari