Silenzio. Il rock sta nascendo. Roberto Bignoli ci racconta da dove nasce la canzone che ha vinto lo “Unity Award”
 Roberto Bignoli, classe 1956, è uno dei più interessanti 
 personaggi della musica religiosa mondiale. Recentissimo il suo 
 terzo “Unity Award” per la miglior canzone cristiana 
 internazionale, assegnato dall’U.M.C.V.A.( United Catholic Music 
 and Video Association). L’ambito “Grammy” della Christian Music 
 è stato assegnato alla scatenata “Là c’è un posto”, a metà tra 
 un rock elettrico ed una giga, canzone che dà il titolo al 
 singolo del 2005. Altri due li aveva vinti nell’edizione di 
 quattro anni fa. Sorpreso e conquistato dall’incontro con la 
 spiritualità mariana, dal 1984 Roberto dedica la sua vena 
 poetica e musicale, la sua grinta e la sua voce straordinaria 
 alla evangelizzazione. Porta ovunque la testimonianza di una 
 vita percorsa, anche nelle condizioni più dolorose e nelle 
 circostanze più difficili, da un incessante anelito di ricerca e 
 di idealità. Dopo la malattia che gli ha regalato le stampelle, 
 una giovinezza trascorsa in istituto e la sofferta lontananza 
 dalla famiglia, segue l’esperienza hippy e prova la durezza 
 dell’emarginazione sociale, della droga, del carcere. In seguito 
 milita in organizzazioni extraparlamentari e libertarie e cerca 
 una propria realizzazione nel campo dello spettacolo, 
 pesantemente penalizzato in questo dal pregiudizio imperante nei 
 confronti dell’handicap. Dopo un lungo travaglio interiore 
 incontra finalmente, nell’avvenimento cristiano, la meta 
 autentica del suo peregrinare.
 Oggi a Milano è una luminosa e rigida giornata di sole 
 novembrino. Dal centro ai navigli è un unico assedio di auto, ma 
 il rumore resta tutto fuori. Roberto risponde volentieri alle 
 domande. 
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 Hai guadagnato un altro Award internazionale della musica 
 cristiana. Sei l’unico italiano ad aver conquistato questo 
 riconoscimento. Sei reduce da una manifestazione di importanza 
 nazionale in Polonia dove ti è stata riservata una collocazione 
 di assoluto rilievo. Perchè in Italia non sei altrettanto 
 famoso?
 In Italia la musica religiosa è appesantita da un pregiudizio di 
 stucchevolezza e mancanza di professionalità che penalizza tutti 
 gli autori. Negli ultimi tempi, poi, è diventata una guerra dei 
 poveri contro i poveri, che si gioca all’interno di quello che 
 già da sempre da noi è considerato un “ghetto”. La gente non si 
 aiuta, ha lasciato da parte la comunionalità ed ognuno cerca di 
 coltivare il proprio orticello, grande o piccolo che sia. Per 
 anni, con l’aiuto di mia moglie Paola, ho lottato contro questa 
 situazione. Oggi sento però l’esigenza di lavorare su di me, di 
 impegnarmi nella produzione artistica e mi sembra che i fatti 
 comincino a darmi ragione. Per esempio quelli che hai citato. Ce 
 ne sono anche tanti altri.
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 Cosa c’è in cantiere?
 C’è un libro- intervista che racconterà il cammino della mia 
 vita, così come lo capisco oggi. C’è un dvd live del mio 
 concerto fatto in Polonia nel 2002, nell’ambito del prestigioso 
 “Song of Songs Festival”, con trentamila giovani, che sarà 
 veicolato attraverso le televisioni cattoliche di tutto il 
 mondo. C’è il progetto di un singolo ispirato all’opera di 
 Giovanni Paolo II ed un altro in lingua spagnola destinato al 
 mercato latino.
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 Ed il tuo ultimo lavoro? 
 Sono andato nella direzione di una semplicità, di una certa 
 rudezza, se vogliamo. Pochi arrangiamenti e pochi strumenti, se 
 fai il confronto con il multimediale precedente. Poche 
 collaborazioni, anche se di livello. Un genere rock-pop-folk, 
 molto diretto, che riprende in un certo senso le mie radici 
 musicali. E’ stata una scelta artistica che riflette anche una 
 fase della mia vita spirituale. La ricerca di nuovi stimoli è 
 una costante. In questo momento, però, cerco una nuova 
 essenzialità, riprendere saldamente in mano il significato 
 ultimo di quel che faccio.
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 In effetti è una tua caratteristica l’incursione in tutti i 
 generi musicali, paradossalmente è una tua costante. E comunque 
 mantieni un tratto tutto tuo, una specie di firma. Questo 
 singolo sembra molto “Bignoli”. 
 Molti cantautori di oggi non fanno che clonarsi, ormai da anni. 
 Non è necessario far nomi, è sotto gli occhi di tutti. Io sento 
 invece un bisogno continuo di tentare nuove strade. Mi piace 
 anche moltissimo avere le collaborazioni, trovare persone che 
 credono in quello che faccio, che riescono ad interpretare e 
 carpire la mia sensibilità e lavorare insieme mi dà un senso di 
 profonda realizzazione. Qui c’è Mimmo Iervolino che ha scritto 
 per me uno dei brani e poi ci sono i musicisti, tra i più bravi 
 sulla piazza. Si parla di Paolo Carta, chitarrista ed 
 arrangiatore. Tanto per dirne uno. O Francesco Isola, batterista 
 e produttore. Vedi, io non ho fatto studi musicali veri e 
 propri: ho imparato per strada, dagli altri, quello che mi 
 serviva per raccontarmi. Ad un certo punto, però, quei quattro 
 accordi non mi bastano più ad esprimere quello che ho dentro.
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 Ma alcuni grandi della nostra musica, cantautori affermati, 
 hanno avuto questo problema ed hanno fatto lo stesso cose 
 bellissime. Tecnica e creatività non sempre coincidono, anzi 
 spesso divergono. Come in pittura un Van Gogh, che la tecnica 
 non l’ha mai avuta. Niente accademia, si è messo davanti ai 
 cavalletti degli altri e la tecnica ha finito per inventarsela.
 E’ vero soltanto in parte, sai? Molti dei cantautori che hai in 
 mente tu, li ho conosciuti personalmente, sono stato loro amico. 
 In realtà si circondavano di grandi musicisti che sapevano 
 interpretare le loro intuizioni. Per questo sto attento a chi 
 collabora con me. Sono loro che mi aiutano ad essere te stesso. 
 Anche sul piano spirituale succede così: ci sono persone amiche, 
 piccole e grandi anime con le quali posso confrontarmi. A volte 
 sono le stesse con cui lavoro, perché presto o tardi si finisce 
 per lavorare insieme. 
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 Ma perché sperimenti generi musicali sempre diversi?
 Perché sono alla ricerca di qualcosa che vorrebbe essere 
 definitivo, ma che ancora mi sfugge. Mi pare di essere su un 
 buon livello, ma io pretendo molto da me stesso e non mi 
 accontento. Neanche un consenso scontato mi interesserebbe, non 
 lo voglio e non lo cerco.
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 E la crescita umana ed artistica?
 E’ bizzarro essere quasi a 50 e sentire che stai crescendo?
 No, credo sia una dinamica piuttosto comprensibile…. 
 Prima ero come il prezzemolo. Facevo di tutto, ho anche scoperto 
 capacità che non sapevo di avere. Hai idea di cosa significhi 
 ideare e far nascere un festival, fare il direttore artistico, 
 l’organizzatore, il promoter, il p.r.,occuparmi di tutto - dalla 
 organizzazione alberghiera ai finanziamenti, agli sponsor, 
 all’ufficio stampa, alle relative produzioni musicali? Oggi dico 
 sempre che voglio tirare i remi in barca, non nel senso di 
 mettermi a riposo. Ho bisogno di silenzio, di pensare di più 
 alla mia persona, capire meglio chi sono, cosa voglio dire. Di 
 capire anche quali sono le esigenze di un piccolo artista che si 
 presenta da solo. Ho tanto da comunicare: la ricchezza di una 
 storia. Per questo, ad esempio, ho scelto di non raccontare più 
 la mia vicenda in televisione. I programmi hanno palinsesti 
 banali,diseducativi. Si guadagna in audience e si perde rispetto 
 e utilità.
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 In che senso “ti presenti da solo”?
 Prima ero impegnato in tante attività che promuovevano tutta la 
 musica cristiana. Oggi devo invece lavorare su di me, 
 concentrarmi sul mio lavoro. C’è il rischio che questa scelta 
 possa portare una sorta di isolamento, ma temo di più il 
 disperdere il senso di quello che sono come artista e la mia 
 esperienza di uomo. I veri amici, quelli non li perderò di 
 certo. Invece occorre verificare tutti questi 20 anni di lavoro 
 e di vita, frutto della mia conversione. C’è anche la mia 
 famiglia che ha bisogno della mia presenza. Ma soprattutto sono 
 io ad aver bisogno di ritrovarmi per andare avanti.
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 Che accoglienza ti riserva l’ambiente?
 Nascono grandi amicizie, all’estero ma anche qui da noi, nella 
 Chiesa e nel mondo laico.
 Ci sono state anche delle difficoltà ed incomprensioni, non lo 
 nascondo. Ora, che questo possa accadere nell’ambito della 
 musica leggera, lo metti in conto. Che invece accada anche in 
 determinati ambienti, come certi segmenti del mondo ecclesiale, 
 dove invece ti aspetteresti di essere accolto, porta a 
 riflessioni a volte amare. Ti obbliga a chiederti cosa voglia 
 dire evangelizzare. Oggi si parla molto dei giovani, senza 
 conoscerli e senza quella radice che è la capacità di far 
 camminare una persona con orgoglio nella fede. Suonare è 
 facile!E’ la musica della fede che bisogna cercare, che bisogna 
 far risuonare. Guardandomi intorno mi sono accorto di tutta 
 questa confusione, fino ad arrivare in certi momenti quasi a 
 sentirmi fuori luogo, come dissonante.
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 Perché?
 Perché? Che cosa ho da dire, io? L’incontro che ho fatto, 
 l’esperienza della mia vita, il mio entusiasmo per questo. Anche 
 musicalmente, ho una personalità che posso sempre far crescere, 
 ma dalla quale non posso prescindere. Non mi va di accomodarmi 
 furbescamente ad inseguire le mode del momento. Gli stimoli 
 nuovi voglio farli miei, ma per farli diventare parte organica 
 di una fisionomia complessa. 
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 Se c’è uno che non dovrebbe aver problemi a seguire le tendenze, 
 quello sei tu. 
 La mia caratteristica è di spaziare. Trovo facilmente il 
 registro comunicativo delle persone che incontro, anche quello 
 musicale. Non sono, però, manipolabile. Non sono uno di cui si 
 può far quel che si vuole, secondo la mentalità del momento. Io 
 ho una mia fisionomia artistica, una personalità umana, 
 un’esperienza ed una professionalità e questo può anche 
 risultare scomodo, a volte. Sono consapevole di aver fatto una 
 scelta che talvolta persino nel mio ambiente fatica ad esser 
 condivisa.
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 E cioè?
 Quella di non adeguarmi ad una moda di intrattenimento e di 
 animazione clonando i generi di grido, ma di guardare la grande 
 musica, la musica americana, il rock italiano degli anni ‘70, la 
 sperimentazione come Demetrio Stratos, i cantautori come De 
 Andrè, Gaber, Lolli, e di sentire anche il dramma umano insito 
 in certa musica. Di raccontare la mia storia che è la 
 testimonianza di uno che ha cercato, sofferto, sbagliato e che 
 poi ha trovato se stesso in un incontro che ha cambiato la sua 
 vita. La testimonianza di un incontro che poteva non succedere, 
 che non mi sono inventato io. E’ scomodo. Perché dice che la tua 
 felicità dipende dall’iniziativa di Dio, non appena dai buoni 
 sentimenti. E non è nemmeno l’appiattimento nascosto nel clichet 
 che imperversa nella musica cristiana: attiriamo i giovani con 
 un motivo orecchiabile e veicoliamo un discorso moralistico 
 mediante il testo. No, è tutta la personalità umana ed artistica 
 che esprime un dramma ed un’avventura, dall’esito non scontato. 
 Per me la vita non è un gioco, per questo non mi va la 
 prevedibilità, la comunicazione pilotata, la manipolazione anche 
 in campo religioso. 
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 Sta forse proprio in questo l’attrattiva della tua proposta….
 Eppure talvolta mi fa soffrire una certa indifferenza, una certa 
 diffidenza, al di là del legittimo variare dei gusti. C’è da 
 dire anche che per carattere tendo sempre a dire le cose in modo 
 molto diretto, anche quello che non va. Chi mi conosce sa che, 
 anche se con gli anni mi sono ammorbidito nei toni, conservo 
 sempre una schiettezza che non mi permette di spendermi in 
 lusinghe o ripararmi dalle ritorsioni. 
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 Una forza che molti non hanno?
 Ho ricevuto negli anni delle conferme sul valore di quello che 
 faccio.
 Però alla fine,guarda! La forza viene dal convincimento che ho 
 trovato la persona giusta, che mi è amica, che cammina con me, 
 che mi segna la strada, che è Gesù Cristo. Lo dico a tutti, 
 apertamente: in piazza o in Chiesa.
 In questa pausa di riflessione che dicevo prima, abbastanza 
 sofferta e feconda, in parte imposta da circostanze esterne come 
 la malattia alla spalla di tre anni fa, in parte voluta e 
 ricercata liberamente attraverso le scelte professionali, sto 
 comunque lavorando e producendo. Mi sono fatto tante domande, ho 
 messo alla prova quello che ho incontrato e mi sto accorgendo 
 che è ancora più vero oggi che 20 anni fa. Solo che nella mole 
 di attività che avevo intrapreso, certe volte ero come 
 trasportato da una macchina in moto. Invece devo essere io a 
 stringere il volante, capisci? E’ come riprendere, con più 
 coscienza di prima, il significato di quello che faccio, 
 l’origine, che è l’incontro con Cristo.
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 Quali stimoli ti raggiungono in questo momento?
 Le persone che lavorano con me, anzitutto. Il lavoro che sto 
 facendo con loro. Il confronto con la realtà, anche con quella 
 che ti ho detto. Non si scherza con la realtà. Con la musica, 
 con lo spettacolo, con la gente, con il mondo cristiano. La 
 verifica nei fatti di un nuovo percorso intrapreso con il 
 singolo è uno stimolo, mi dice: “Andiamo avanti!”. A 50 anni 
 qualcuno ti considera vecchio, ma io sento di dover ancora 
 crescere, camminare, cercare un volto ancora più mio. Sto ancora 
 cercando una casa! 
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 Come sarebbe a dire?
 La casa di mattoni già c’è, grazie al cielo. Per tanti anni non 
 l’ho avuta, adesso ce l’ho. Anche la famiglia, che per tanto 
 tempo mi è mancata, ora c’è. Ma la casa non è solo questa qui ed 
 anche la famiglia non è solo marito, moglie, figli e parenti. 
 Sono anche gli amici veri, quelli che camminano con te, che 
 condividono la tua ferita, che guardano dalla stessa parte, che 
 ti ricordano quel che sei, che spartiscono la gioia e la fatica. 
 E ci sono, come ti dicevo, sparsi un po’ qua un po’ là. Sono io 
 che sto ancora facendo ordine in me, chiarezza su una meta che 
 si sta a poco a poco delineando. E’ un tempo di riflessione e di 
 semina, staremo a vedere i frutti.
Laura Rabini
laura.rabini@fastwebnet.it
 GdS - 30 XI 2005 - 
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