Povera geografia! Nella classifica delle materie scolastiche occupa sempre uno degli ultimi posti da Cristina Cattaneo
Lo scorso inverno in montagna ho
incontrato un amico ingegnere di ritorno da una passeggiata. Non
la giornata sugli sci, non l’escursione verso una meta classica.
Aveva camminato da solo per alcune ore, su neve non battuta,
lungo un percorso a tratti pericoloso con alcuni gradi sotto
zero, per studiare un nuovo sentiero nell’ambito di un progetto
più ampio per una riscoperta e conseguente valorizzazione di
luoghi montani belli, ma poco battuti dal turismo tradizionale.
Era “armato” di due macchine fotografiche, strumenti vari, carta
e penna. Mi ha raccontato che si trattava di un lavoro parecchio
faticoso, ma che lo stava appassionando perché gli permetteva di
scoprire angoli sconosciuti della nostra bella valle. Non solo,
alcuni di questi percorsi non sarebbero stati solo
naturalistici, avrebbero infatti avuto un interesse storico
particolare, come un “sentiero della memoria”, per ricordare
tristi fatti della seconda guerra mondiale. Altri invece
avrebbero messo in luce anche aspetti di interesse archeologico.
L’incontro, seguito casualmente dalla lettura de “Il Grande
Gioco” di Peter Hopkirk, mi ha suggerito questa riflessione.
L’Altra Geografia
L’insufficienza in geografia? Ma non è possibile, non esiste!
Come si fa ad avere l’insufficienza in geografia, di certo non
hai studiato.
Povera geografia! Nella classifica delle materie scolastiche
occupa sempre uno degli ultimi posti. Nelle scuole superiori lo
studio di questa disciplina viene addirittura abbandonato. In
altre diventa la noiosissima geografia economica. Perché è
diventata così noiosa la geografia? In un’epoca in cui la parola
“globale” è sulla bocca di tutti, in cui, tsunami permettendo, è
più facile trovare il salumiere di Gallarate a Pucket piuttosto
che a Cesenatico, e tanti ostentano abbronzature esotiche dopo
le vacanze di Natale o carnevale?
Come mai quest’interesse? Mi sto preparando ad un viaggio
nell’Asia Centrale. Nomi che evocano ancora magia ed avventura,
tappeti volanti, profumi e spezie. Samarcanda, Buchara, Khiva,
la via della Seta. La nostra guida, ricercatrice sistematica e
scrupolosa, si sta documentando su testi antichi, di
accompagnatori del grande Alessandro, poi via via forse fino
alle più recenti guide Lonely Planet e Routard.
Nel mio piccolo io ho cominciato a leggere “Il Grande Gioco”,
pensando, nella mia grande ignoranza, che si trattasse di un
romanzo di avventure. Confesso di non avere letto Kipling da
bambina, perché appunto ero una femmina e consideravo Kipling e
Salgari letture piuttosto maschili. Anche allora la violenza mi
spaventava.
Invece “Il Grande Gioco” di Peter Hopkirk è solo storia.
Affascinante, violenta, sanguinosa, ma storia documentata.
Ripercorre la lotta sotterranea fra Inglesi e Russi, con il
conseguente coinvolgimento di tutti i paesi vicini, per il
controllo dell’Asia Centrale.
Ho cominciato a capire perché la storia e la geografia sono
sempre state accomunate nei nostri programmi scolastici.
Perché i geografi aiutavano a fare la storia.
Non ho certo la competenza per approfondire un argomento così
complesso, mi voglio solo fermare un momento a riflettere su
fatti che consideriamo scontati, che non ci incuriosiscono più.
Peccato davvero. Perché la storia si ripete.
Leggendo questo libro ho conosciuto personaggi straordinari, che
andavano a scoprire paesi sconosciuti e inesplorati, studiandone
la geografia, la cultura, le lingue, le difese militari, solo
con l’aiuto della propria intelligenza e perspicacia, spesso a
costo di sacrifici fisici indicibili.
Attraversamenti di deserti sotto il solleone, guadi di
pericolosi fiumi, passaggi fra gole e dirupi ghiacciati ad
altitudini mozzafiato - nel vero senso della parola - bivacchi
nella neve sotto la tormenta. Congelamenti, malattie, fame,
sete.
Vorrei chiedere ai ragazzi che non studiano la geografia se
sanno quando sono stati disponibili aerei, fuoristrada, macchine
fotografiche tradizionali e digitali, uffici postali, telegrafo,
telefoni cellulari satellitari, alberghi internazionali,
indumenti termici. Proprio l’altro giorno ho chiesto a degli
studenti: “che cosa mettereste nello zaino prima di partire per
un viaggio?” Risposta: game boy, cellulare, discman. Uno ha
anche detto “play station”.
Che cosa portavano questi agenti segreti, spesso travestiti da
mercanti di cavalli o religiosi islamici, nei loro bagagli?
Molti recavano doni per i loro ospiti, sperando di non cadere
nelle mani dei briganti che infestavano quelle zone inesplorate.
Dovevano nascondere la bussola, unico, prezioso strumento a loro
disposizione, e non farsi sorprendere a prendere note sui loro
taccuini. Erano giovani e robusti, con grande senso
dell’avventura ma anche grande cultura, conoscevano infatti
parecchie lingue, dal persiano all’arabo, dall’indostano al
turco, ma le malattie, alcune ancora sconosciute, erano sempre
in agguato.
Se riuscivano a tornare, e non tutti ci riuscivano, allora
aiutavano a compilare mappe e carte geografiche, come facevamo
noi quando da piccoli scrivevamo i nomi sulle cartine “mute”.
Forse adesso ci sono dei giochi elettronici così, scrivi il nome
giusto di una montagna e di un fiume e vinci mille punti. Non
solo, fornivano informazioni preziose sulla possibilità di
trovare cibo e acqua, sui sistemi difensivi e sulle abitudini
delle popolazioni incontrate.
Pietro il Grande aveva incaricato due geografi/cartografi
olandesi di recarsi in Cina in qualità di ambasciatori.
Naturalmente erano delle “spie”, ma non erano armati, le loro
armi erano solo i loro occhi e la loro memoria.
Chissà quanti geografi così colti ci sono oggi fra le truppe di
occupazione in quelle zone tanto martoriate? Iraq, Afghanistan.
Chissà quanti si sono preoccupati di studiare le lingue, la
storia e la religione di quei Paesi. Si sono presentati, hanno
offerto doni ai capi tribù? Hanno rispettato le loro antiche
usanze?
L’altro giorno ho visto sull’etichetta di una camicia la scritta
“Marc O’Polo”. Geniale davvero, infatti la Polo oltre ad essere
un’automobile è anche una camicia. Non per niente gli ideatori
di trovate pubblicitarie si chiamano “creativi”. Eppure il
Milione andrebbe riletto, così come le tante cronache di
viaggiatori di tanto tempo fa.
Vincenzo Coronelli, Mercatore, Humboldt, chi erano? Che cosa
hanno fatto? Cook è solo il nome di una famosa agenzia di
viaggio?
Forse la geografia non è così insipida e noiosa, e conoscerne la
storia, sì la storia della geografia, potrebbe riservare grandi
sorprese.
Cristina Cattaneo
GdS 20 XII 2005 - www.gazzettadisondrio.it