L'Europa e il disastro demografico dei piccoli Comuni
L'allarme lanciato dal
Coordinamento nazionale dei piccoli Comuni italiani sulla
desertificazione demografica di vaste aree europee che destina
all'estinzione centinaia di piccoli Comuni dalla Germania alla
Spagna alla Grecia ha trovato piena condivisione e risposte
allarmate da diverse parti d'Europa, come dimostrano le
tantissime mail giunte al sito internet www.piccolicomuni.com.
Secondo il più recente rapporto della Divisione Demografica
dell'ONU l'Europa, entro i cui confini si trovano 22 dei 25
Paesi con il più basso tasso di fertilità del mondo, perderà 30
milioni di abitanti entro il 2030, e questo nonostante il
continuo afflusso di immigrati. Il declino demografico più
consistente si registrerà nelle aree rurali e quindi colpirà
innanzitutto i piccoli comuni. In Italia, Spagna, Germania e
altri Paesi europei nascono appena i tre quinti dei bambini
necessari per mantenere lo status quo della popolazione, e
l'abbandono delle campagne fa affluire nuovi abitanti nelle
città e nelle periferie. ³E' una tripla bomba ad orologeria²,
sostiene Nuno da Costa, demografo dell'Università di Lisbona.
³Troppo pochi i bambini, troppi i vecchi e troppi giovani che se
ne vanno dai piccoli paesi². Le aree più deboli sono quelle
della Spagna interna, della Scandinavia e dell'Europa orientale.
Qui la realtà è fatta di paesini moribondi, fattorie abbandonate
e mutazioni del territorio. Situazioni come queste dovranno fare
i conti con una popolazione che invecchia in fretta con i
problemi di salute e di servizi che fanno da corollario al
fenomeno della desertificazione demografica. Esempio plastico
della drammaticità della situazione viene dal piccolo comune
greco Prastòs, segnalato all'attenzione del Coordinamento
nazionale dei piccoli comuni italiani dagli amici della rete
europea dei piccoli comuni. Questo antico piccolo centro
collinare del nord del Peloponneso contava un tempo mille
abitanti, quasi tutti agricoltori. Ora ne sono rimasti una
decina, per lo più tra i 70 e gli 80 anni. La scuola ha chiuso i
battenti nel 1988, e la domenica la campana della chiesa non
suona più. Spariti i contadini che lavoravano i campi, la
pioggia ha dilavato il terreno un tempo. Come nella maggior
parte della Grecia, terreni adibiti per duemila anni a frutteti
e pascolo ora sono invasi da arbusti secchi. Lo spopolamento
delle campagne non è un fenomeno nuovo. Di paesini come Prastòs
ce ne sono migliaia in Europa, frutto di un secolo e oltre di
emigrazione, industrializzazione e meccanizzazione
dell'agricoltura. Questa volta però è diverso, perché non c'è
mai stato nelle aree rurali un tasso di nascite così basso. In
passato un contadino poteva sperare che almeno uno dei suoi
figli gli succedesse nei campi. Oggi le probabilità sono che
abbia un solo figlio o figlia, che però lavora in città e che
difficilmente tornerà. In Italia, più del 40% dell'1,9 milioni
di contadini ha almeno 65 anni. Quando queste persone non ci
saranno più, molte delle loro fattorie andranno ad aggiungersi
ai sei milioni di ettari (un terzo dei terreni agricoli
italiani) che sono già stati abbandonati.
Ci troviamo di fronte ad un fenomeno di dimensioni straordinarie
che richiede risposte altrettanto straordinarie dalla politica e
dalle Istituzioni europee. Purtroppo siamo chiamati a registrare
la totale assenza di misure concrete come dimostrano le
politiche attive messe in campo dai singoli Governi e dalla
stessa Unione Europea dove sembra prevalere un politica contro
le aree rurali e quindi contro i piccoli Comuni. Occorre, invece
un progetto di ampio respiro. Contro il declino economico,
ambientale, sociale di una vasta area dell'Europa si deve
reagire. Dobbiamo costruire dal basso un modello che punta a
costruire un'altra Europa, un'Europa che ce la fa. Che punta
all'eccellenza mettendo insieme l'elettronica avanzata e la
qualità del paesaggio, l'innovazione e il patrimonio storico, i
centri di ricerca e i prodotti tipici. L'Europa può trasformarsi
in un luogo di successo, a patto che si costituisca una rete di
qualità dal basso, dal territorio, usando il valore della
creatività, della coesione sociale e della valorizzazione della
tradizione. Solo in questo modo l'Europa dei popoli avrebbe un
senso e soprattutto un futuro.
Virgilio Caivano
GdS 20 II 2006 - www.gazzettadisondrio.it