Riforma elettorale: che cosa si può fare?
L’appello contro la riforma elettorale ha avuto un grande
successo.
In poche ore sono arrivate oltre mille adesioni. Molte
di più sono arrivate sul blog di Beppe Grillo, che ha dedicato
alcuni numeri all’argomento. Tanti hanno scritto o telefonato.
Un grazie sincero, da italiano, a tutti quelli che hanno
compreso l’importanza di questo tema e la volontà di impegnarsi.
Ma adesso sono io che vi devo delle spiegazioni. Perché in quasi
tutte le risposte, a parte l’indignazione e l’angoscia, a parte
l’invito a Ciampi a non firmare la legge, traspare un punto: ma
che cosa si può fare? Siamo disposti a combattere, dicono tanti,
ma diteci come. Sono qui per rispondere. Ma avverto che la
risposta non è né semplice né breve, e vi chiedo un po’ di
pazienza.
Questo pasticcio di legge elettorale ha due elementi orrendi. Il
primo è che contraddice vergognosamente la volontà degli
italiani manifestata nel referendum del 93, l’unico,
ricordiamolo ancora, in cui i sì superarono di gran lunga la
metà degli italiani, non solo dei votanti. In cinquant’anni
nessun altro referendum ha avuto questa maggioranza. Cancellare
tutto questo con un colpo di mano del Parlamento è uno schiaffo
bello e buono ai cittadini, e per questo l’abbiamo chiamata
legge canaglia. Il secondo è che rischia di distruggere quello
schema di democrazia moderna che avevamo introdotto, quello in
cui i governi sono scelti dai cittadini e restano in carica sino
a che i cittadini stessi, con un nuovo voto, li cambiano. Questa
legge ci fa tornare al vecchio sistema in cui i governi venivano
fatti e disfatti dai partiti, secondo i loro giochi e i loro
interessi, che spesso non coincidevano con quelli degli
elettori. Le conseguenze erano i governi di nove mesi di media,
la crisi e le verifiche a ripetizione, la instabilità eretta a
sistema.
L’invito che mi fanno in tanti è rifacciamo il referendum. Se il
Parlamento ha stracciato la volontà popolare (fatto che
purtroppo è avvenuto altre volte, ricordiamo i referendum sul
finanziamento ai partiti e il Ministero dell’Agricoltura)
ricorriamo di nuovo ai cittadini, invitiamoli a far valere i
propri diritti e a ribaltare una decisione scellerata. Non
sarebbe una strategia facile, perché col progressivo
abbassamento dell’affluenza sta diventando sempre più difficile
raggiungere il quorum. Ma sarebbe comunque una strategia, e se
non ci fosse nient’altro bisognerebbe tentarla comunque.
Ma….. c’è un ma grande come una casa. Contro questa legge il
referendum non si può fare. Nei confronti delle leggi elettorali
non è ammesso un referendum che cancelli la legge. Occorre che
se me cancellino dei pezzi in modo che dalla vecchia legge,
tagliata ma non soppressa, venga fuori il nuovo modo di votare.
Chi ha fatto dieci anni fa i referendum ricorderà che i quesiti
erano lunghi chilometri: bisognava fare un lavoro di cesello, in
modo che togli un pezzo qua un pezzo là venisse fuori la nuova
legge elettorale, con collegi uninominali e referendum.
Con questa legge il ritaglio non si può fare, e quindi il
referendum è inammissibile. La conclusione è una bella
vigliaccata. Il Parlamento ci scippa una legge votata da 28
milioni di italiani e non si può nemmeno rispondere con un nuovo
voto. Cornuti e mazziati, insomma. Ecco perché abbiamo fatto una
nuova proposta: inserire nella legge, al Senato, un emendamento
che renda possibile il referendum. Giuridicamente è possibile:
basta volerlo. L’emendamento è stato presentato.
Adesso la parola è al Senato. La nostra richiesta è lineare, e
tanto di buon senso che sembrerebbe impossibile negarla. Non
siamo d’accordo, noi diciamo, non dovreste permettervi di
cancellare la volontà dei cittadini, ma se proprio lo fate date
almeno la possibilità di votare di nuovo. Nonostante la logica e
il buon senso prevedo un no, al primo momento.
Ma se Ciampi,
come mi auguro, dovesse rinviarla alle camere, sarebbe più
difficile dire un altro no.
Probabilmente ti ho annoiato, e ho dovuto fare discorsi tecnici.
Ma era necessario, perché dovevo spigarti che non c’è una
risposta chiara per tutti quelli che chiedono che cosa fare. Ci
sono molte strade da battere. La prima è questa, e la stiamo
percorrendo. Più avanti c’è la strada maestra della Costituente,
un grande evento che chiama i cittadini a riscrivere
direttamente le regole. Sai che è sempre stata una nostra
battaglia. Sono convinto che prima o poi ci arriveremo, perché è
l’unico modo di chiudere la transizione italiana. Ma facciamo un
passo alla volta. La prima battaglia è al Senato, per poter fare
il referendum
Mario Segni
GdS 20 XI 2005 - www.gazzettadisondrio.it