Contributi esterni
Giornate importanti queste, per quanti, come noi, hanno
fatto e fanno della difesa dell’Italianità uno dei
principali motivi di impegno politico.
Arriva a Strasburgo la protesta degli esuli di Istria e
Dalmazia: stanchi delle promesse a vuoto di una classe
politica che ha troppo spesso dimostrato attenzione solo
in chiave elettorale, per poi puntualmente deludere le
aspettative delle associazioni, scendono in campo
direttamente per sensibilizzare l’Europa.
La tragedia dei nostri connazionali in una terra che
vanta centinaia di “calli” e “campielli” dai nomi
veneziani e italiani può ben definirsi un “dramma
dimenticato”, piazzato ben al centro dei confini di
un’Europa incredibilmente sorda, quanto paradossalmente
attenta ad altri drammi di popoli ben più lontani da
essa.
In evidenza almeno due ordini di problemi.
Il primo, la restituzione dei beni degli esuli: esso va
affrontato e risolto preliminarmente alla conclusione
del negoziato per l’adesione della Croazia all’Unione
Europea, con estrema attenzione da parte italiana a non
ripetere l’errore commesso nei confronti della Slovenia,
quando l’ingresso della stessa (si ricordi che l’Italia,
quale co-fondatore nel Trattato di Roma, ha diritto di
veto sulle nuove adesioni) venne autorizzato
“gratuitamente” dal nostro Governo.
In questo quadro occorre intervenire, facendo sentire il
“peso” diplomatico della nostra Nazione, nel processo di
denazionalizzazione dei beni sequestrati dai “titini”.
Caduto il comunismo infatti, si è provveduto alla
restituzione ai cittadini croati (ma non solo, anche
agli austriaci) dei beni espropriati dal regime di Tito.
Ciò deve avvenire anche nei confronti dei tanti
Italiani: si pensi che in molti casi gli immobili
sottratti ai nostri connazionali sono addirittura
disabitati e i terreni non coltivati.
Secondo, il libero accesso al mercato immobiliare, che è
tuttora incredibilmente vietato agli Italiani. Solo ai
nostri connazionali è infatti proibito comperare case e
terreni in Istria e Dalmazia. Ciò, oltre che contro
qualsiasi diritto, assume la veste di una persecuzione
etnica e di una evidente manifestazione di razzismo, ove
si pensi che per altri europei è previsto addirittura un
accordo internazionale.
Occorre immediatamente un’accelerazione da parte
Italiana, che provenga dal Governo stesso, a far sentire
finalmente il sostegno e l’attenzione si uno Stato,
anche in seno all’Unione Europea, che non dimentichi
più, come successo in passato, i propri figli
perseguitati in nome dell’identità nazionale.
GdS 10 II 2006 - www.gazzettadisondrio.it