Io e il Condizionatore
(Maria de falco Marotta) Sembra incredibile, chi l’avrebbe mai pensato che il buon condizionatore, oggetto anche di tante chiacchiere- ultimamente- per mezzo di una battuta del Presidente Draghi, potesse diventare un oggetto mortale da tenere ben lontano dai nostri occhi e dalla nostra voglia di fresco?
Quello che mi è capitato mi pare talmente assurdo che stento a pensare che sia ancora viva!
Ecco la storia.
E’ il compleanno di Gennaro e- all’ora di pranzo- allegri e chiacchieroni, andiamo a un buon ristorante, dove mangiamo a base di pesce.
Io- naturalmente- scelgo pesci piccoli e morbidi e tutto quello che non si fatica per mangiare. Si ride, si fanno battute, si sta allegri e felici, per il giorno anche luminoso e pieno di sole.
Alla fine (ormai sono le 19!) Ci salutiamo con le solite promesse. Mio figlio mi porta a casa ed io lo saluto ringraziandolo per la bella giornata che abbiamo trascorso insieme, Ma fa caldo, troppo caldo per un 25 aprile! Sicché quando vado a letto, dopo i soliti convenevoli, tiro calci alla coperta che fino a quel momento, mi aveva protetta dal freddo e quasi senza accorgermene, mi addormento con le gambe nude sopra la coperta. Mi sveglio al solito orario e vado in cucina a farmi il caffè perché ho un forte mal di testa. Quando arriva Valentina- la ragazza che mi dà una mano per i lavori di casa- mi faccio misurare la pressione e meraviglie delle meraviglie, è altissima! La ragazza si spaventa e mi chiede di telefonare subito al pronto soccorso, che arriva in un batter d’occhio (che meravigliosi sono questo ragazzi!). Mi stendono, mi girano e poi guardandosi mi dicono: “Signora la portiamo subito in Ospedale!” Cosa, io in ospedale, ma se non ho neanche un raffreddore? Mi avvolgono, mentre scalcio inutilmente in una coperta e mi portano di corsa sull’autoambulanza che fila subito di corsa.
All’ospedale
La dott.ssa di turno, mi visita e da subito ordini vari ai giovani infermieri che sono accanto a lei. Un giovane infermiere mi conduce in una stanza dove c’è un televisore con due fili lunghissimi di gomma(pare) e la loro punta con un ago lungo e dolente, mi viene ficcato in certi punti (non so come si chiamano) del dorso della mano. Chiamo, grido, mi arrabbio, ma non viene nessuno a consolarmi. Sto così fino alla mattina dopo, quando vedono fisso il numero 75. Naturalmente, non ho la forza neanche di chiedere un po’ d’acqua, sono letteralmente sfinita e mi faccio fare tutte le varie infilate di aghi sempre sul dorso delle mani senza fiatare. Ero certa di morire, ma avevo la curiosità di sapere il motivo di quelle torture, ma quando ho visto sulla porta mio figlio Gianluca, ho capito che il mio non era solo un pensiero. Serio e deciso, si è seduto accanto al mio lettino e mi ha detto di stare calma perché era inutile che continuassi a gridare: Voglio andare a casa, non ho niente e mi tenete qui per nulla! Mi hanno inchiodata, torturata con aghi ed altro per due giorni, poi- finalmente- un signore gentile mi ha detto che avevo avuto una polmonite fulminante e che ora- forse- non riscontrando alcun che’, mi avrebbero mandata a casa! Il mio cervello è diventato un baratro profondo, in cui ho passato vorticosamente tutti gli ultimi periodi della mia vita, ma tra i tanti pasticci, non è apparso neanche un raffreddore. A momenti, impazzivo, ma mi sono ripresa subito quando ho visto mio figlio Gennaro. Ho pensato che se era lì, era per farmi uscire da quell’inferno, patito per niente.
Non per niente, ma per qualcosa di involontario che avevo fatto mettendomi a letto felice e contenta dopo il pranzo di compleanno.
Cosa avevo fatto? Per il troppo caldo avevo steso le gambe sulla coperta per rinfrescarmele al dolce soffiare del condizionatore e mi ero addormentata.
Al mattino, poi, mi è capitato la pessima avventura di ospedale, polmonite e varie!
Attualmente sto seguendo una cura per ristabilire gli equilibri del mio corpo, ma vi assicuro che ogni volta che alzo gli occhi verso il condizionatore, mi verrebbe voglia di toglierlo. Non lo farò, sarò forte e quando sentirò troppo caldo, lo accenderò, stando in piedi ed occupandomi di cassetti da sistemare, gli invierò tutte le contumelie che conosco, e non sono poche!