LE RIFLESSIONI DEL VESCOVO A DUE ANNI DALLA PANDEMIA E SUL DOPO

Ieri pomeriggio, domenica 27 febbraio 2022, il Vescovo monsignor Oscar Cantoni ha partecipato a Como, al Teatro Sociale, al concerto promosso dall’amministrazione comunale, in collaborazione con la Banda Baradello, “Insieme per Ricordare, Ringraziare, Ricominciare”. 
La sua parola:Ringrazio per l’opportunità che mi viene offerta: uno spazio di alcuni minuti all’interno di questo teatro sociale, un vero tempio musicale, dentro un’atmosfera di pensosità facilitata appunto dall’ascolto. La musica è una felice occasione per riflettere, un contesto favorevole per rivisitare una esperienza storica affrontata e sofferta insieme, per uscirne possibilmente migliori! “Peggio di questa crisi, infatti, c’è solo il dramma di sprecarla”. 

Vorrei essere fedele al tema sottolineato questa serata: “insieme per Ricordare, ringraziare e ricominciare” a due anni dall’inizio della pandemia.

1. Ricordare. Facciamo innanzitutto memoria dei 2.547  nostri defunti per Covid19. Quasi ottomila in tutto i ricoverati sul nostro territorio, il 25% della popolazione contagiata. Anche il nostro ambiente di vita ha pagato un prezzo altissimo, come altre città della Lombardia. 
Ricordiamo con affetto i nostri defunti, molti dei quali sepolti in tutta fretta e in solitudine, senza familiari che li hanno accompagnati nel delicato momento del trapasso e senza il tempo di piangerli adeguatamente.
Poi Famiglie chiuse nel loro dolore, con problemi economici, ma soprattutto con difficoltà di relazioni, fino a momenti di aggressività e violenza. La perdita di contatto umano ci ha profondamente impoverito quando siamo stati separati dai vicini, dagli amici, dai colleghi di lavoro. I nostri ragazzi e i nostri giovani sono quelli che hanno sofferto maggiormente tanta solitudine per questa distanza, dando luogo a diverse patologie gravi. Poi la solitudine degli anziani, ospiti nelle RSA, ma senza la vicinanza affettuosa dei loro familiari. Quindi l’affollamento negli ospedali, imponendo ai sanitari un ritmo serrato per le cure dei degenti.

Che cosa abbiamo capito, anche solo da questi pochi accenni, necessariamente incompleti? Credevamo di essere invulnerabili, di poter tenere tutto sotto controllo. Invece è emerso che l’uomo è vulnerabile, fallibile, perciò non può controllare ogni cosa. Il Vangelo ci insegna tuttavia una consolante verità: dalla sua vulnerabilità l’uomo lascia emergere una inimmaginabile bellezza, tanto da renderlo degno di tutta l’amabilità possibile al cospetto di Dio e degli uomini. L’uomo deve imparare ad accoglierla. L’ umano soffre, si ammala, muore, è imperfetto, ma tutto questo lo rende amabile. E lo dischiude alla possibilità di sperimentare amicizia, solidarietà, empatia. Ci si può accompagnare vicendevolmente tanto nella gioia quanto nella sofferenza. E’ quello che abbiamo sperimentato proprio in tempo di pandemia. Sarebbe del tutto perverso vedervi una punizione di Dio. Gesù non rimuove la morte, ben conoscendo la vulnerabilità della vita propria e altrui, ma è sua convinzione che, precisamente nella vulnerabilità e nella mortalità dell’esistere, vi sia una forza capace di oltrepassare la morte medesima. L’uomo è vulnerabile e mortale, come ci ricorda realisticamente la pandemia, ma è anche portatore dell’affetto di Dio, che persino nella morte lascia intuire vie d’uscita e nuova vita, laddove il potere e l’impotenza umana portano al nulla.

2.  Ringraziare. Per stare in tema con l’ambiente che ci ospita, vorrei citare la grande cantante israeliana Noa, che in occasione del Covid ha composto una canzone con parole del grande scrittore israeliano David Grosman, “segnali di innocenza”. Intervistata sugli effetti causati dalla pandemia da Covid 19 che ha fermato il mondo, alla domanda su quanto abbia rubato la pandemia alla sua vita, ella preferisce pensare all’opposto e ha dichiarato cosa le ha donato l’era Covid. “Credo che il covid, ha sottolineato, sia stata anche una opportunità, per imparare altre opportunità, ripensare le strategie, essere creativi in modo diverso, andare più in profondità dentro la propria anima”. Occorre cambiare modo di vivere, ha continuato, abbandonare l’avidità e puntare sulla solidarietà e sulla condivisione. “E’ imperativo, oggi più che mai, tenere alto l’amore e soprattutto fare e agire il più possibile. Star fermi è un errore”
La pandemia ci ha insegnato che se non impariamo a lavorare insieme, smetteremo tutti di vivere. Questa tragedia ci dona la possibilità di agire per salvare l’ambiente, finché siamo ancora in tempo.

Da parte nostra, possiamo guardare  con ammirazione a tanti compagni di viaggio esemplari, che nella paura hanno reagito donando la propria vita, le proprie competenze professionali, il proprio tempo. Hanno scritto grandi pagine esemplari della nostra storia. E’ la forza dello Spirito Santo riversata e plasmata in coraggiose e generose dedizioni. Medici, infermieri, addetti ai supermercati, addetti alle pulizie, badanti, trasportatori, forze dell’ordine, militari, volontari, sacerdoti, religiose e tanti altri che hanno compreso che nessuno si salva da solo, che siamo tutti sulla stessa barca. Ogni azione individuale non è un’azione isolata, nel bene e nel male. Ha conseguenze per gli altri, perché tutto è interconnesso nella nostra Casa comune.

Davanti alla sofferenza, dove si misura il vero sviluppo dei popoli, scopriamo e sperimentiamo la preghiera sacerdotale di Gesù “Che tutti siano una cosa sola” (Gv 17,21). “Quanta gente esercita ogni giorno pazienza e infonde speranza, avendo cura di non seminare panico, ma corresponsabilità. Quanti padri, madri, nonni e nonne, insegnanti mostrano ai nostri bambini, con gesti piccoli e quotidiani, come affrontare e attraversare una crisi riadattando abitudini, alzando gli sguardi e stimolando la preghiera. Quante persone pregano, offrono e intercedono per il bene di tutti. La preghiera e il servizio silenzioso sono le nostre armi vincenti” (papa  Francesco)

3. e da ultimo “ricominciare”. Se siamo sinceri con noi stessi dobbiamo ammettere che forte è in noi la tentazione di riprenderci ora i nostri spazi, i nostri ritmi, le nostre abitudini. Penseremmo a un facile ritorno a vivere “come prima”, nel ricupero del tempo perso e perfino del godimento perso, nel culto esasperato del nostro io. L’egolatria è la dimensione più accentuata del nostro tempo!
Non possiamo dimenticare che l’emergenza del Covid19 si sconfigge anzitutto con gli anticorpi della solidarietà, impegnandoci a rispondere insieme ai tanti mali che affliggono milioni di persone in tutto il mondo. La nostra vita dopo la crisi non può essere una semplice replica di ciò che è stato prima. Può nascere una nuova era di solidarietà, dove tutti gli esseri umani sono sullo stesso piano di dignità, ma ciò esige uno sforzo impegnato di tutti. Presuppone una comunità impegnata di fratelli.

Concludo con una serie di interrogativi di papa Francesco: “Saremo capaci di agire responsabilmente di fronte alla fame che patiscono tanti, sapendo che c’è cibo per tutti? Continueremo a guardare dall’altra parte con un silenzio complice dinanzi a quelle guerre alimentate da desideri di dominio e di potere? Saremo disposti a cambiare gli stili di vita che subissano tanti nella povertà, promovendo e trovando il coraggio di condurre una vita più austera e umana, che renda possibile una ripartizione equa delle risorse? Adotteremo, come comunità internazionale, le misure necessarie per frenare la devastazione dell’ambiente o continueremo a negare l’evidenza?”. Certo: sono interrogativi, questi, che ci disturbano e che ci inquietano, ma sono salutari se, come speriamo, continuiamo a credere nella civiltà dell’amore, che vogliamo costruire quotidianamente e ininterrottamente, nonostante i venti di guerra che ci giungono dalla Ucraina, una vera sconfitta dell’umanità, alla quale, come credenti, possiamo far fronte con un’ unica arma vincente, che è la nostra preghiera.

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