GRANDI VINI DI VALTELLINA: SIMBIOSI TRA VIGNETI E PAESAGGIO. IL DA FARSI 30
30
KM DI VERSANTE TERRAZZATO
Il Presidente del Consorzio di Tutela Vini, Casimiro Maule,
ha recentemente sottolineato i problemi del versante retico
terrazzato sul quale per una trentina di Km si trovano i
vigneti dai quali vengono i grandi vini di Valtellina.
In un'intervista al quotidiano "Il Sole - 24 Ore" (4 maggio,
pag. 13), egli ha ricordato quali sono i costi che
affrontano i 2046 viticoltori valtellinesi. Siamo ad un
costo di produzione circa quadruplo rispetto alla media
nazionale per uve di qualità superiore, ossia 1,65 €
rispetto a 0,41. Sono 25.000 i terrazzamenti, con gli
intuibili disagi per la difficile accessibilità. Poche le
strade agricole e poche le teleferiche, ardua la
meccanizzazione. Il risultato é che per un ettaro di vigna
occorrono in un anno 1.200 ore lavorative con un costo
quindi di 14.000 €. La remuneratività dipende dalla qualità
che ovviamente dipende, anno per anno, dalle condizioni
climatiche, tanto che non sempre i costi riescono ad essere
interamente coperti, nonostante i prezzi che vengono
stabiliti prima della vendemmia risultino notevolmente
superiori a quelli praticati altrove.
Il Presidente Maule ha annunciato che si sta pensando ad una
Fondazione per la tutela del versante terrazzato
coinvolgendo anche gli Enti e le Istituzioni locali.
PROBLEMA NON SOLO ECONOMICO
Il problema del versante terrazzato non é solo economico.
Dal fondovalle, compreso tra i 300 e i poco più di 400 metri
di quota, e i 5/600 metri, da prima di Sondrio e sino a
Tirano, per una trentina quindi di Km, il versante retico
posto in posizione trasversale, da ovest ad est, e quindi
con insolazione completa dall'alba al tramonto, é pressoché
interamente terrazzato (terrazzamenti vi sono inoltre anche
oltre, al di fuori della zona DOC). Impegno, lavoro, fatica
di generazioni hanno eretto sul versante un numero
impressionante di muretti a secco in pietra, portando poi
con l'unico strumento disponibile, le gerle sulle spalle, la
terra. A questo aggiungasi un utilizzo e una
razionalizzazione degli scarichi idrici.
Al dato economico vanno aggiunti quindi altri due fattori:
quello idrogeologico e quello paesistico.
L'ASPETTO IDROGEOLOGICO
Sotto il profilo idrogeologico il dissesto é sempre in
agguato, con le conseguenze intuibili visto che in fondo al
versante vi sono molti centri o nuclei abitati. Un tempo la
manutenzione continua, generalmente effettuata nelle
stagioni intermedie, ad opera dell'uomo comportava la
stabilità dei muretti e la pulizia dei valgelli di scarico
delle acque. Venuta meno questa cura quotidiana, basta che
un muretto in alto ceda sotto la pressione delle acque per
eventi meteorici particolari perché sotto si produca lo
stesso fenomeno dei castelli di carte.
Nel 1983 a Tresenda un evento di questo tipo divenne
tragedia con quasi una ventina di morti, ma molti sono gli
eventi, fortunatamente non luttuosi, registrati negli ultimi
anni. Circa un anno fa addirittura alla periferia del
capoluogo. Alcuni interventi furono operati dopo quella
tragedia, e dopo la calamità che nel 1987 colpì la
Valtellina, fu predisposto un piano complessivo dotato di
cospicui finanziamenti e tuttora in esecuzione.
Il problema é che van bene le opere che si stanno facendo ma
occorre poi nel tempo mantenere efficiente tutto il sistema,
in particolare per la stabilità e il drenaggio delle acque.
La cura del versante terrazzato é dunque elemento primario
di prevenzione idrogeologica.
L'ASPETTO PAESISTICO
Sotto il profilo paesistico, il versante terrazzato,
costituisce un unicum. Artificiale certamente, come
artificiale é però quel capolavoro - nel quale é stata
trasformata la desolata landa lagunare - che é Venezia.
In parti del versante, quelle esterne alla zona DOC, o anche
in punti di tale zona magari di ardua accessibilità e quindi
di minore interesse, le piante sono subentrate alle viti.
Una macchia di verde nel contesto non sta male, una
estensione del bosco snaturerebbe lo scenario, oltre a porre
problemi di stabilità, tutta da verificare.
Non a caso gran parte del territorio interessato era stato
soggetto alla tutela ambientale di cui alla legge 1497/1939.
LA
TUTELA PRESENTA UN TRIPLO INTERESSE
Triplo quindi l'interesse per la tutela e la valorizzazione
dei terrazzamenti.
Ce n'é uno di privato, degli oltre 2000 vignaiuoli e delle
Case vinicole e ce n'é uno pubblico, doppiamente pubblico,
per le ragioni dianze addotte.
Il problema principale é però quello di stabilire come e in
qual modo arrivare ad una tutela coordinata di questa
importante fetta dei 200 Km di arco alpino in cui si stende
la provincia di Sondrio.
UNA
SORTA DI AUTORITHY
La Fondazione ipotizzata dal Presidente Maule può essere
utile, ma non risolutiva, perché in realtà occorre qualcosa
di più, una sorta di Autorithy che disponga non soltanto
delle necessarie risorse, ma di qualcosa - per quanto strano
possa sembrare - di ancor più importante. Ci riferiamo alla
possibilità giuridica di intervento. Non solo, ma anche di
efficacia d'intervento il che presuppone talvolta
immediatezza e quindi, a monte, semplificazione
burocratico-amministrativa. Un elemento questo che sembra
confliggere con la delicatezza del territorio, sotto i
profili idrogeologico e paesistico, ma la risposta é invece
possibile, razionale e moderna.
IL
CASO DELLE CINQUE TERRE
Giova ricordare cosa sta cercando di fare il Parco Nazionale
delle Cinque Terre. Una dichiarazione: "Nel corso di
mille anni di storia il lavoro di generazioni sia permesso
di sostituire il manto boschivo originario che ricopriva'
fianchi scoscesi dei monti con la coltivazione della vite in
terrazzamenti. Fin dal primo secolo del Basso medioevo è
stata la lotta continua fra l'uomo e la natura a modellare
il paesaggio e a ricostruirlo ad ogni crollo provocato dal
cedimento dei muri a secco sotto le frane causate dalla
pioggia. Negli ultimi tempi la presenza dell'uomo si è
allentata a discapito della stabilità idrogeologica del
territorio alla quale occorre assolutamente porre rimedio".
E poi l'appello: "Qualsiasi cittadino del mondo che ami
le Cinque Terre e voglia contribuire a preservarle dalla
disgregazione può quindi richiedere al Parco Nazionale
l'attribuzione in conduzione, per un periodo di almeno vent'anni,
di un appezzamento di terreno fino a un massimo di 3000
metri quadrati, accordato sistemato a terrazze sostenute da
muretti a secco, attualmente incolto da destinare a vigneto
secondo un piano agrario predisposto dal parco medesimo".
IL
DA FARSI
Sotto il profilo operativo si tratterebbe di definire un
Consorzio di "Bacino viticolo", articolato in sub-bacini, e
quindi di relativi Consorzi, obbligatori, per evidenti
ragioni di snellezza e praticità. Tutti retti da uno stesso
Regolamento e con un "piano agrario", in sostanza un
programma, di carattere pluriennale.
Fra le regole fondamentale quella riguardante le vigne
incolte o abbandonate, quelle da cui può venire il pericolo
per i vigneti, e non solo quelli, sottostanti, a causa della
carenza di manutenzione.
La legislazione sulle terre incolte può essere utilizzata,
sia pure in forma meno coercitiva.
Ai proprietari di vigne abbandonate, previa diffida ad
intervenire - ma ovviamente se c'é stato l'abbandono é
perché non ci sono più le condizioni per la coltivazione -
si offre una soluzione meno drastica dell'esproprio
tout-court, quale l'affitto di lungo periodo (30 anni
rinnovabili), con possibilità di futura vendita con la
detrazione delle spese di manutenzione eventualmente
sostenute. Il canone dovrebbe uguagliare le imposte.
Il Piano dovrebbe prevedere, in un arco temporale non breve,
la definizione della rete viabile e di altre infrastrutture,
quali teleferiche o monorotaie e fabbricati di servizio.
Si potrebbe obiettare che resta il problema della fonte
normativa, quella che renda effettivamente realizzabile lo
schema indicato.
Quella c'é ed é il Piano Territoriale-Paesistico che
la Provincia sta predisponendo. Gli aspetti idrogeologico e
paesistico del versante terrazzato di cui si é parlato prima
danno pieno titolo a tale Piano di occuparsi, con concezione
pianificatoria moderna, forse anche innovativa, del
problema.
Potrebbe sembrare questione complessa. Non é così, almeno
per chi ha dimestichezza con le tematiche della
pianificazione di larga maglia e guarda al piano-processo
come l'unica risposta moderna e possibile ai problemi di una
società in continua e celere trasformazione.
Altre soluzioni si troverebbero di fronte ai consueti
ostacoli burocratico-amministrativi, oltre al problema del
consenso che fin che rimane volontario resta in balia degli
eventuali pochi che per una ragione o l'altra - o anche
l'indeterminazione di alcune proprietà - il consenso non
danno.
C'é un'occasione da cogliere, quella della elaborazione del
Piano. Potrebbe essere saggio quantomeno verificare se la
strada che abbiamo indicato sia realisticamente
percorribile.
Alberto Frizziero
GdS 8 V 02