Biden rientra negli Accordi di Parigi sul Clima, prima decisione
(Maria de falco Marotta) E’ bellissimo che questo Signore che ama s. Agostino ha approvato subito che l’obiettivo zero emissioni dovrà concludersi entro il 2050. Anzi ha detto senza tante parole che gli obiettivi climatici di ogni Stato aderente per ridurre le emissioni di CO2 e tenere la crescita della temperatura sotto i 2 gradi centigradi deve essere presentato entro un massimo di trenta giorni, anche se il compito per Lui di convincere l’industria statunitense di passare alle energie rinnovabili la Carbon neutrality entro il 2050, come l’UE non sarà un compito facile. È una scalata ripida, ma la lotta ai cambiamenti climatici è un gioco di squadra e alle promesse dovranno far fede anche gli altri grandi player dell’accordo, Cina e Ue. I numeri lasciano spazio a un po’ di scetticismo. “Biden ha fissato obiettivi ambiziosi, la neutralità climatica, l’energia pulita al 100% entro il 2035. Ora deve mettere in campo gli strumenti per raggiungerli”, dice John Podesta, presidente e fondatore del Center for American Progress, già consigliere per le politiche climatiche di Barack Obama, capo di gabinetto di Bill Clinton e capo della campagna elettorale di Hillary Clinton nel 2016. Per lui l’unica, vera pre-condizione per la svolta green sono gli investimenti. Biden in campagna elettorale ha annunciato un piano da 2000 miliardi di dollari per tagliare il traguardo del 2050. E ha fatto anche le scelte giuste per l’amministrazione, come la nomina a inviato speciale di John Kerry all’interno del Consiglio per la Sicurezza Nazionale. Teniamo ben in mente che gli effetti dei cambiamenti climatici sono una delle principali minacce alla sicurezza. Anche per questo, dice Podesta, il presidente vuole agire già nei primi cento giorni di mandato “con un summit globale sul Clima”. Gli Stati Uniti sono di nuovo in sella. “Ora c’è la possibilità di dar vita a una convergenza su un set di regole e standard fondamentali: le condizioni per ridisegnare la riforma di altri forum internazionali, dal Wto al G20 fino alla Cop26, ridiscutere le politiche fiscali e il carbon pricing”. Gli americani, però, non sono gli unici a dover cambiare passo. Anche la Cina deve accelerare. L’annuncio di Xi di una neutralità climatica entro il 2060 è già un passo importante. Finora, però, la Cina non è sulla via per rispettare l’obiettivo di contenere fra 1, 5 e i 2 gradi Celsius il riscaldamento climatico, perché c’è ancora una smisurata ricorsa al carbone. Senza contare la nuova Via della Seta, un progetto che richiede un gigantesco consumo di energia. Si prevede una grossa battaglia per il clima, ma con Biden ci sarà un rapido riallineamento con l’Ue. La battaglia finale sul clima, si giocherà in Asia. L’Europa è virtuosa ma rappresenta una piccola fetta della popolazione mondiale. L’Africa combatte ancora con l’accesso all’energia, la transizione è lontana. Oltre alla Cina ci sono altri Paesi asiatici: India, Bangladesh, Pakistan, Indonesia, hanno una popolazione che va dai 200 milioni a 1, 2 miliardi di persone. A cinque anni dalla solenne promessa di Parigi, a che punto stanno l’Italia e l’Ue? La strada è lunga ma gli obiettivi tracciati da Bruxelles sono più che ambiziosi. Il 37% del Next Generation Eu è dedicato agli investimenti green. “L’Ue può raggiungere il traguardo di una riduzione del 55% delle emissioni di gas serra entro il 2030 e della neutralità climatica entro il 2050”, dice fiducioso il presidente dell’Ispra Stefano Laporta. Tre le priorità per l’Italia, che quest’anno co-presiederà la Cop-26 insieme al Regno Unito. “Investire nel fotovoltaico, bonificare le aree non utilizzabili, investire nell’eolico con la creazione di parchi offshore, garantendo il rispetto dell’ambiente”. Ma con Biden sicuramente ci accorgeremo che il green conviene.