Una Mostra di dolori la 61.ma Mostra internazionale di arte cinematografica di Venezia
Una
via crucis
E’ stata una specie di via crucis la 61.ma Mostra : abbiamo
assistito a sofferenze di ogni tipo, proprio quelle che
accompagnano l’uomo e la donna nel loro cammino terreno:
malattie incurabili, coppie e famiglie in crisi, disperati
aborti, ricerca di eutanasia, bambini in balia della violenza,
donne schiavizzate e trascinate come bestie nei vari bordelli
mediorientali, morti premature di fanciulli, solitudini di
orfani di guerra, reincarnazioni spaventose, fantasmi, storie di
handicappati da accapponare la pelle e così via.
Ogni mattina, sedendoci sulle poltrone del Palagalileo o della
Sala Grande, il nostro cuore cominciava a battere
precipitosamente e di colpo ci si ammutoliva già scorrendo i
titoli e poi asciugandoci le lacrime di nascosto( che diamine,
il cinema non è la vita: altrochè!).
All’apparire The End, si tirava un respiro di sollievo e l’unica
consolazione era battere le mani, oppure lanciare sonori buu,
buu, buu (è capitato più di una volta, per fortuna), per
alleggerire quel pesantissimo clima di tormento che ci siamo
portati addosso per tanti giorni.
E, tanto per starci “Adentro”, come non presentare il film di
Alejandro Amenabar sull’eutanasia, cui la Giuria ha assegnato
ben due premi, il Leone d'Argento (Gran Premio della Giuria) ad
Alejandro Amenábar e la Coppa Volpi per la migliore
interpretazione maschile a Javier Bardem per la parte di Ramon
Sampedro?
il film Mare Adentro
Titolo originale Mar Adentro
Regia Alejandro Amenabar
Sceneggiatura Alejandro Amenabar, Mateo Gil
Interpreti Javier Bardem, Belen Rueda, Mabel Rivera
Durata 125'
Musiche Alejandro Amenabar
Scenografia Benjamin Fernandez
Fotografia Javier Aguirresarobe
Paese, Anno Spagna 2004
Produzione Fernando Bovara, Alejandro Amenabar
Distribuzione Lucky Red
Uscita: 03-09-2004.
Dopo un grave incidente, Ramon rimane completamente paralizzato.
Dopo ventotto anni di sofferenze psicologiche e fisiche, decide
di togliersi la vita, per riconquistarsi una dignità che il
destino gli ha tolto, per un maledetto tuffo. Gli sono accanto
il fratello, la cognata e il nipote che lo accudiscono con
enorme dedizione. Anche l’amore, all'improvviso, entra nella sua
vita. Però il desiderio di andarsene avrà il sopravvento sulle
sue fughe dalla realtà che compie attraverso la finestra dalla
quale ha immaginato mille volte
di intraprendere viaggi meravigliosi e di non tornare mai più
alla sua dolorosa esistenza.
Ramon Sampedro, che ha scritto anche il libro da cui Amenabar ha
tratto il suo film, sostiene con fine dialettica che dopo la
morte c’è il nulla e quindi, non possono essere utilizzati
metodi ricattatori per costringerci a sopravvivere
nell’umiliazione e nella sofferenza. Il senso poetico del film è
dunque non tanto nella scelta di morire da parte del
protagonista ma nella rappresentazione visuale della sfera
interiore del personaggio principale, che si concretizza in
sequenze di “volo” che danno allo spettatore una sensazione di
vertigine, di perdita si sé. Quello che vuole Ramon è proprio
riassaporare questa vertigine, la libertà di decidere, di porre
fine al suo dolore.
Il regista
Magrissimo, dall’aspetto piuttosto funereo, seppure giovane,
Alejandro Amenábar, che è esploso sulla scena mondiale con The
Others proprio alla 60.ma Mostra del cinema di Venezia, pare che
abbia particolare predilezione per la morte( chissà cosa ha
dovuto patire da ragazzino) E’ nato il 31/03/1972 a Santiago de
Cile( Cile) però vive in Spagna e non ha nessuna intenzione di
trasferirsi, come fanno tanti altri registi baciati in fronte
dalla fortuna, in America.
E’ regista, sceneggiatore, attore, produttore, compositore. E’
quello che si suol dire una persona polivalente, con un’apertura
mentale alle varie branche del sapere contemporaneo.
Nel suo Sito ufficiale: www.amenabar.com si trova di tutto,
compreso un certo humor nero di Quino, Mafalda, e Maitena e una
musica terribile che richiama la morte.
Domande e risposte
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Ci vuole del coraggio a fare passare come positiva la morte
Ramon Sampedro analizzava la sua morte, io analizzo il suo ruolo
e mi sentivo sempre più vivo. La sua visione della morte, non è
una visione drammatica: la morte è una fine ma fa parte del
processo della vita, quindi non gli toglie il senso, la vita
continua ad essere meravigliosa. Questa dicotomia tra la vita e
la morte è fondamentale nel film, e proprio questa
naturalizzazione della morte è quanto ho voluto spiegare.
-
Con questo film ha voluto riaprire il dibattito sull'eutanasia,
già così cocente?
Ramon sarebbe contentissimo che si aprisse questo dibattito
sull'eutanasia, io in realtà elaboro il film a partire dalla
riflessione piuttosto che dalla rivendicazione, anche se il
concetto di Sampedro è sempre presente: lui insiste sulla
propria libertà personale. Ci sarà sicuramente un dibattito
sull'argomento ma io non volevo parlare della lotta giuridica o
in termini giuridici, noi volevamo solo che il film fosse un
punto di riferimento in futuro per qualunque persona che si
interessasse a temi quali la vita e la morte.
-
Lei pensa spesso alla morte? Perché è un'idea così forte dentro
di lei?
Non ho nessuna ossessione. Però, ogni persona, prima di
addormentarsi, fa un pensiero, anche fugace, sulla morte.
Io ho conosciuto la morte come tanti altri. Ricordo che quando
ero bambino è morta una vecchia zia e mi hanno detto che si era
addormentata. I miei genitori hanno cercato di darmi una visione
perfetta: non ti devi preoccupare perché se sei buono vai in
Paradiso. Se sei cattivo all'Inferno e, così così, in
Purgatorio. Ma io avevo un coniglio e chiesi a un sacerdote:
"dove va il coniglio?". E lui mi disse: "da nessuna parte". Lì
ho capito che c'era qualcosa che non quadrava. Però la vita ha
senso per quello che ti dà e non per la promessa di un al di là.
Ha senso per la nostra coscienza, la nostra morale, le relazioni
che abbiamo con gli altri.
-
Questo film è molto rischioso: è un impegno personale o una
sfida professionale?
E' un impegno con Ramon e una sfida professionale,
un'associazione di più cose. Noi non avevamo deciso di seguire
la storia reale, poi io ho avuto la sensazione di aver avuto un
dialogo immaginario con Ramon e abbiamo concluso che questa
storia dovesse essere raccontata in Spagna, in spagnolo,
rispettando lo spirito del film. Una sfida professionale quindi:
faccio un film che vorrei vedere e che vorrei fosse proiettato
nelle sale.
Nel film la gerarchia ecclesiastica fa una figura ridicola.
Quanto c'è di Amenabar e quanto di Sampedro nel dialogo tra
Ramon e il prete?
Noi ritenevamo che la presenza della Chiesa in questo film fosse
fondamentale perché ha molta influenza nella vita sociale
spagnola, quindi pensavamo dovesse essere rappresentata. Per
tentare di essere equo o comunque rispettoso nei confronti nel
suo discorso, anche se io non lo condivido, abbiamo preso
passaggi di alcuni dibattiti dei dialoghi tra un filosofo
spagnolo e un rappresentante della chiesa utilizzando gli
argomenti dell'uno e dell'altro, e non abbiamo voluto che questo
si trasformasse in qualcosa di filosofico ma fosse qualcosa di
semplicemente umano.
-
La forza segreta di Mare dentro sta nel raccontare con
semplicità e perfino con ironia la scelta sconvolgente di Ramón
Sampedro, che amava la vita al punto di voler morire quando si
rese conto di non poterla più vivere con dignità. Un caso di
eutanasia perseguita per ben 30 anni, che ai tempi scosse
l'opinione pubblica spagnola, e che ora ci costringe a
riflettere su questa domanda: fino a che punto la vita può
considerarsi degna di essere vissuta? Il dibattito è riaperto .
Nel mondo purtroppo ci sono tanti Ramónes in attesa di una
risposta giuridica. In Spagna il 70 per cento della gente è
favorevole all'eutanasia, e finalmente si sta preparando un
progetto di legge sull'argomento
-
E i cattolici?
In Spagna hanno un peso molto forte. Soprattutto non perdonano
al film di aver presentato Ramón come un eroe dei nostri tempi
anziché come un codardo, però lui non vuol convincere nessuno,
mentre i preti vogliono avere il monopolio delle coscienze.
Parole per capire
Il termine EUTANASIA viene introdotto nel linguaggio medico dal
filosofo inglese Francesco Bacone, agli inizi del secolo XVII.
Bacone scrive che esso è formato da due parole greche eu= "buona
e thanathos = "morte", perciò il suo significato è quello di
"buona morte". E’ stato usato, in questo senso, per la prima
volta dallo scrittore latino Svetonio, per indicare il tipo di
morte che Cesare Augusto soleva augurare a sé. Dal momento che
tutti dobbiamo morire, ognuno di noi augura a sé una "buona"
morte piuttosto che una "cattiva" morte. La morte è buona quando
sopravviene in modo "calmo e dolce", senza dolore e sofferenza
(Demetrio Neri ).
Secondo Rosangela Barcaro il termine "eutanasia" assume diversi
significati, in riferimento ai diversi contesti storici.
Frequentemente si distingue fra eutanasia attiva — o positiva, o
diretta —, là dove il medico, o chi per lui, interviene
direttamente per procurare la morte di un paziente, ed eutanasia
passiva o negativa, o indiretta —, dove si ha invece astensione
da interventi che manterrebbero la persona in vita. Si distingue
inoltre fra eutanasia volontaria, quella esplicitamente
richiesta dal paziente, ed eutanasia non volontaria, quando la
volontà del paziente non può essere espressa, perché si tratta
di persona incapace.
Eutanasia si oppone talora a distanasia o ad accanimento
terapeutico, che indicano invece il ricorso a interventi medici
di prolungamento della vita non rispettosi della dignità del
paziente. Una definizione completa e precisa — abitualmente
citata anche da autori che non ne condividono le valutazioni
etiche concomitanti — si trova nella Dichiarazione
sull'eutanasia "Iura et bona", pubblicata dalla Congregazione
per la Dottrina della Fede il 5 maggio 1980 al n. 6. Una delle
caratteristiche dell'eutanasia è il suo obiettivo di ridurre la
sofferenza. Oramai, quando si parla di eutanasia, ci si
riferisce a quei casi di persone che desiderano la morte e
chiedono aiuto per ottenerla.
Verso il 1920, in Italia si parlava di uccisione pietosa,
piuttosto che di eutanasia, questo perché la maggior parte di
coloro che venivano aiutati a morire, erano handicappati gravi.
Quando nel processo di Norimberga, sono resi pubblici i crimini
commessi dai nazisti sugli ebrei, tentare di giustificare
l'eutanasia, venne concepito come un voler riproporre le stragi
naziste allo scopo di nascondere le ragioni politiche ed
ideologiche con la pietà per chi soffre.
Secondo Kant, il suicidio come omicidio, dal punto di vista
morale, è vietato perché contrario alla natura razionale
dell'uomo.
Compito dell'arte medica, secondo Bacone, è di evitare la
sofferenza inutile, anche di fronte ai casi di malattie
terminali.
Si parla anche di usi aberranti, come eutanasia eugenetica
(eliminazioni di individui deformi per migliorare la razza) o di
eutanasia economica (eliminazioni di tutti coloro che sono un
peso per la società), ma qui il beneficio cercato non è quello
del malato, ma della società.
Se la vita è un bene e la morte è un male, allora è chiaro che
anticiparla non è un atto benefico. Un grande cambiamento ha
riportato la medicina, negli ultimi anni. Infatti, oggi abbiamo
medicine, come gli antibiotici, che guariscono malattie che
prima portavano alla morte; abbiamo strumenti, come la dialisi,
che sostituiscono funzioni vitali compromesse e macchine che
tengono in vita un organismo umano.
Con la creazione di tecnologie sempre più sofisticate, ci siamo
illusi di saper governare la vita. Si mira al ridimensionamento
del ruolo della medicina nella vita umana e alla creazione di
una mentalità comune non più ossessionata dai miti
individualistici dell'autonomia e del controllo della propria
esistenza.
La storia ci ricorda che l'eutanasia era già giustificata
nell'antichità classica greco-romana, praticata nella forma
eugenetica, questo perché in un contesto socio- politico, i
diritti della polis avevano la precedenza su quelli dei singoli
cittadini, per cui la vita dei singoli era utile se rapportata a
quella della polis. Mon. Sgreccia nella sua opera "Manuale di
bioetica" dice che quello di Hitler fu il primo programma
politico dell'eutanasia, studiato e messo in atto, dove migliaia
di vite, definite "esistenze prive di valore vitale" furono
eliminate. Ciò che accadde era da collegare al razzismo e allo
statalismo assolutistico, fatto collimare con un cinico calcolo
di alleggerimento delle spese dello Stato, per convogliare le
risorse economiche nelle spese di guerra. L'ideologia odierna
per la legalizzazione dell'eutanasia, è diversa da quella
nazista. Nonostante ciò, vi è un punto in comune; la "mancanza
del concetto di emergenza- trascendenza della persona umana",
legato all'affermazione dell'esistenza di un Dio personale, che
comporta la pretesa, da parte del capo politico di un regime
assoluto, dell'arbitrio dell'uomo sull'uomo (E. Sgreccia).
La secolarizzazione del pensiero e della vita non consente di
capire il significato della morte e del dolore. La morte trova
un senso solo se, privando l'uomo dei beni materiali, ci conduce
verso la speranza di una vita più piena. Questa incapacità di
dare un senso alla morte comporta due atteggiamenti: da una
parte si tende ad eliminarla dalla vita, dalla coscienza;
dall'altra la si anticipa (P. Ariés).
L'eutanasia si ricollega al processo di secolarizzazione che
pervade la nostra società e che si esprime, soprattutto, come
forma suprema di rivendicazione della indipendenza dell'uomo
anche – anzi soprattutto – di fronte a Dio e conseguentemente
come vanificazione della sofferenza e come rifiuto del
simbolismo religioso della morte". (G. Campanini).
Agli inizi del XX secolo nascono le società e i movimenti a
favore del riconoscimento e della regolamentazione giuridica del
suicidio assistito e dell'eutanasia volontaria. I movimenti a
favore dell'eutanasia sono uniti da un'unica opinione, che sia
un dovere morale aiutare a morire chi a chiederlo è senza alcuna
speranza di guarigione. Il loro obiettivo finale è rappresentato
dal raggiungimento della legalizzazione e depenalizzazione
dell'eutanasia attiva e del suicidio assistito.
Esiste una Federazione Mondiale di Società per il diritto di
morire ("World Federation of Right to Die Societies") di cui
fanno parte le "Voluntary Eutanasia Sicieties" e la più nota
"Hemlock Society". Secondo costoro ogni uomo, in possesso delle
proprie capacità mentali, deve poter decidere della propria
morte, quando si trova in gravi condizioni, come ad esempio,
Aids, cancro, sclerosi multipla e il morbo di Alzheimer.
Anche in Italia la Consulta di Bioetica ha proposto la scelta di
una carta di autodeterminazione, che però non ha valore legale.
Nel gennaio 1997 hanno presentato una nuova carta (Biocard),
essa prevede che il firmatario sia informato sulla sua salute,
sulle cure e rinunciare a determinati mezzi di sostegno.
In riferimento al tema dell'eutanasia, vi è il film "Il
collezionista d'ossa" ed ora, anche “Mare Adentro”.
L'eutanasia nel mondo
In Olanda
Il 28 novembre 2000 il Parlamento dell’Aja approvò con 104 voti
a favore e 40 contrari una legge sull’aiuto alla morte, con la
quale fu legalizzato completamente il ricorso al sostegno del
medico per porre fine alla propria vita (“Avvenire” 29/11/00).
Le condizioni richieste per potere domandare la morte di Stato
sono: un dolore insopportabile e l’assenza di speranze di
guarigione . Il dolore insopportabile non è inteso solo nel
senso fisico, come nel caso di una malato di cancro giunto alla
fase terminale, ma anche nel senso di un dolore psicologico,
come quello di un paziente che ha appreso di essere allo stadio
iniziale del morbo di Alzheimer. Il “via libera” definitivo alla
legalizzazione dell’eutanasia è in aperto contrasto con diversi
documenti etici internazionali. La Dichiarazione di Ginevra
(1948), siglata dall’Associazione Medica mondiale, impegna il
medico a mantenere “il massimo rispetto per la vita umana dal
momento del concepimento”. Il rispetto della vita e della
persona umana costituisce la verità dell’etica medica, fedele
alla sua tradizione ippocratica e rinforzata dalla tradizione
giudaica e soprattutto da quella cristiana. La Guida Europea di
Etica e di Comportamento Professionale dei Medici (1982) ricorda
che: “il diritto dell’individuo al rispetto della propria vita e
dell’integrità fisica e mentale della sua persona risponde al
desiderio istintivo di ogni uomo”. Come si è potuto approvare
una legge direttamente in contrasto con i principi dell’etica
medica internazionale? La risposta non è facile, ma potremmo
dire che tale decisione è il frutto della cultura contemporanea,
per la quale non esiste più un bene assoluto ed oggettivo, che
domanda di essere accolto con responsabilità, ma esiste il bene-
per- me. Detto in altre parole: il rispetto per la vita non è
più condiviso come un valore fondamentale, ma è vissuto come un
valore subordinato ad altri parametri. Ad esempio alla qualità
di vita. Una vita sana e felice merita di essere vissuta, una
vita segnata dalla sofferenza e forse distrutta dalla malattia
ha perso il suo valore ed è meglio per la persona non vivere. È
una scelta che ormai spetta al singolo: lui solo è arbitro della
propria esistenza e deve decidere se vivere o morire, se lottare
o arrendersi. L’eutanasia di Stato è un sintomo di quella che
Giovanni Paolo II chiama “cultura di morte” (“Evangelium Vitae”
n. 64): davanti ad essa i credenti sono impegnati
coraggiosamente a presentarsi nel mondo come il vero popolo
della vita.
Ultimamente, in Olanda: è stata ratificata la legge
sull'eutanasia per gli Under 12, che soffrono di mali
incurabili. La legge attualmente in vigore è stata promulgata
nell'aprile del 2002 ed è applicabile a tutti i malati
incurabili a partire dai 12 anni di età, con l'obbligo
dell'autorizzazione dei genitori fino ai 16 anni.
Nel Belgio: leggi simili consentono ai medici di praticare sugli
ammalati in condizioni terminali la ''dolce morte'' senza
incorrere in conseguenze penali.
- In Italia, l'eutanasia è illegale. In questa legislatura una
proposta di legge è stata presentata dal deputato di
Rifondazione comunista Giuliano Pisapia, che prende spunto
dall'iniziativa promossa dall'associazione Exit.
– In Danimarca: La persona malata in modo incurabile può
decidere di fermare il trattamento medico. Dal 1992 in caso di
malattia incurabile o incidente grave, con un ''testamento
biologico'' i danesi possono chiedere di non essere tenuti in
vita artificialmente.
- In Francia: L'eutanasia è illegale, ma il codice penale
distingue tra eutanasia attiva (azione che provoca direttamente
la morte, assimilata all'omicidio) e quella passiva (assenza
dell'azione terapeutica).
- In Germania: Nel 1998 la Corte d'appello di Francoforte ha
aperto la strada all'autorizzazione dell'eutanasia per le
persone in coma irreversibile. Secondo la corte, l'eutanasia è
autorizzata solo se corrisponde alla volontà del paziente, ma
deve essere approvata dai tribunali tutori.
- In Gran Bretagna: L'eutanasia e il suicidio assistito sono
illegali. Tuttavia la giustizia ha autorizzato alcuni medici ad
abbreviare la vita di malati tenuti in vita artificialmente. In
Scozia, per la prima volta nell'aprile 1996, un paziente è stato
''autorizzato a morire''.
- In Spagna: Il codice penale del 1995 non considera più
l'eutanasia e il suicidio assistito come un omicidio
- Negli Stati Uniti: la legge federale vieta la dolce morte.
L'Oregon è l'unico Stato ad aver autorizzato nel 1994
l'eutanasia per i malati in fase terminale che l'abbiano
formalmente richiesta.
- In Australia: nel 1996 è stata approvata una legge pro
eutanasia dal parlamento dei Territori del Nord, ma nove mesi
più tardi, nel marzo del 1997, è stata abrogata dal parlamento
federale.
- In Cina: nel 1998 il governo ha autorizzato gli ospedali a
praticare l'eutanasia per i malati in fase terminale di una
malattia incurabile.
(Fonte:
http://europa.tiscali.it/futuro/news/200408/31/eutanasia.html )
Maria & Elisa Marotta
GdS 20 IX 2004 - www.gazzettadisondrio.it