RECENSIONI CINEMA TRE METRI SOPRA IL CIELO
Spesso i miei colleghi più
blasonati si chiedono, nei vari articoli sparsi per la carta
stampata, per quale motivo i cinema italiano, salvo clamorose
eccezioni, che rimangono pur sempre eccezioni, rimanga chiuso
dentro ai confini della penisola.
Eppure, si dice, spesso si trovano registi ed attori di discreto
talento, che meriterebbero maggior fortuna. Una debole risposta
la si può trovare in questo lavoro di Luca Lucini, regista di
buona mano, che racconta con realismo una storia che però è
piccola piccola, chiusa in una realtà di nicchia, esasperata e
fotografata con i colori dell’anima, tinteggiata ad emozioni
forti, non c’è dubbio, ma sempre dal tiro corto, che nasce e
muore in una periferia che può essere capita solo da chi
comunque ne abbia avuto momenti di contatto, senza speranza di
volare alto.
La storia inoltre non è affatto originale, ricorda un po', ma
sempre in piccolo, un film dal titolo “I guerrieri della notte”,
che all’epoca fece davvero scalpore, ma in questo caso tutto è
già finito e capito dopo la prima mezz’ora, senza slanci,
rimanendo in una dimensione a bassissimo profilo, chiusi nella
metafora dell’amore che cerca disperatamente di elevare anche i
più bassi istinti dell’uomo dalla condizione disagiata o dal
malcelato disagio interiore.
Peccato, perché la mano è buona, ma il cinema è favola, e le
favole volano, respirano, viaggiano a testa alta.
Andrà meglio la prossima volta.
Mirko Spelta
Per comunicazioni all'autore della recensione:
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GdS 20 III 2004
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