Rosenstrasse (Premio Unicef e Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile)
Nel pieno del nazismo, a Berlino,
c’era Il Dio delle donne.
Nella storia, è noto che le donne rivestono un ruolo
marginale, specie nelle religioni e nelle guerre. Però da
sempre, i valori della famiglia, dell’amore, della maternità
e paternità, della pace, dell’infanzia sono connessi alla
cultura femminile. Poiché il “male” è una terribile realtà
di ieri quanto di oggi, la donna come si comporta di fronte
ad esso? Semplicemente dicendo: Se Dio non può aiutarmi,
sarò io ad aiutare Dio(Cfr. Luisa Muraro, Il Dio delle
donne, Mondadori 2003).
Ci sono molti modi di farlo.
Uno di questi, sicuramente lo racconta Rosenstrasse(Premio
Unicef e Coppa Volpi per la migliore interpretazione
femminile a KATJA RIEMANN, Venezia 60), un dignitoso film di
Margarethe Von Trotta su un oscuro episodio di resistenza
nel 1943, completamente “dimenticato”, rimosso ma che lei,
tenacemente, con dieci anni di lavoro e di ricerche
puntuali, ha portato alla luce.
LA STORIA
A Berlino, tra il 27 febbraio e il 6 marzo 1943, una folla
soprattutto di donne si radunò spontaneamente in
Rosenstrasse, dove in un palazzo appartenuto alla comunità
ebraica erano stati rinchiusi gli ebrei sposati o
imparentati con ariani. Quelle donne erano ariane, alcune
anche iscritte al partito nazista, ma si erano ritrovate lì,
di giorno in giorno sempre più numerose, spaventate e
coraggiose, a sfidare le SS e la Gestapo, cui Goebbels
ordinò, poi, di sospendere momentaneamente le deportazioni
perché, scriveva nel suo Diario: "Ci sono state scene
disdicevoli davanti a un palazzo giudeo dove una moltitudine
di gente si è addirittura schierata con gli ebrei. Ho
ordinato quindi di interrompere quella evacuazione in un
momento così critico. Aspetteremo qualche settimana per
riprendere l'operazione con migliori risultati".
Alla fine, molti dei prigionieri di Rosenstrasse furono
rilasciati.
L’incontro con la regista( Margarethe von Trotta nel 1981 ha
vinto il Leone d'Oro con Anni di piombo).
Siamo senza parole di fronte alla storia così tragica ma
anche così commovente di queste donne ariane, assolutamente
non scritta in nessun libro di storia contemporanea.
Tale ricostruzione del passato è poco nota anche in
Germania. Per anni chi aveva anche solo sfiorato la tragedia
del nazismo, da vittima, da carnefice o da indifferente, ha
cercato solo di dimenticare, gli altri di non averne alcuna
notizia. Adesso sta tornando il bisogno di ricuperare la
memoria prima che anche l'ultimo testimone scompaia. Il mio
progetto era pronto da dieci anni, e può darsi che sia stato
il successo di Il pianista di Polanski ad aiutarmi a trovare
i finanziamenti e a poterlo realizzare.
Quando si è cominciato ad avere delle informazioni su questo
episodio di resistenza soprattutto femminile?
Erano terribilmente spaventate e per questo ancora più
eroiche. Su di loro è cominciata a trapelare qualcosa solo
dopo la caduta del muro, nell'89, perché Rosenstrasse, con
le sue tragedie rimosse, era nella Berlino Est. Ritengo che
questo fatto sia "un miracolo nazista". Personalmente, ne ho
appreso la loro vicenda dal mio ex marito Volker Schlondorff(anche
lui regista famoso) che riteneva che fosse un soggetto
adatto a me, già nel 1995. Poi c’è stato un documentario in
TV su tale tema. Confesso che è stato molto difficile
reperire i fondi perché in Germania nessuno vuole più
sentire storie su quel drammatico periodo, sulla Shoà.
Sulla guerra e i suoi orrori, in Germania sono stati girati
una decina di film in tutto, dove si è mostrato la crudeltà
senza limiti dei nazisti e dato voce ai nostri sensi di
colpa, ma di quell'episodio di piccola resistenza non si era
parlato mai, per una sorta di autoassoluzione collettiva:
tutti colpevoli, quindi nessun colpevole. Invece non è così,
le donne che protestarono davanti al palazzo di Rosenstrasse
dov'erano rinchiusi i loro mariti, i loro figli e che ogni
giorno aumentavano di numero, in quella settimana tra il 27
febbraio e il 6 marzo del '43, sfidando l'ira di Goebbels,
dimostrano che qualcosa si poteva fare. E non è stato fatto.
Pensa che le donne fossero più coraggiose degli uomini, in
quel tempo?
Non so se le donne fossero più coraggiose e gli uomini più
vili, certo è che furono molti più uomini che donne ariani a
chiedere il divorzio dal coniuge ebreo. E' vero che per gli
uomini restare legati a una ebrea voleva dire subire
umiliazioni e persecuzioni anche nel lavoro, mentre le
donne, quasi tutte casalinghe secondo l'ideale nazista,
avevano meno da perdere.
Nella Berlino già dilaniata dai bombardamenti e dopo la
battaglia di Stalingrado, che già presagiva la sconfitta, i
nazisti sembrano esageratamente malvagi.
Anzi, sono stata molto prudente. Qualsiasi testimonianza si
raccolga anche di quell'episodio è oggi angosciosamente
incredibile. E' per questo che quella disumanità va
continuamente ricordata. E io racconto di un evento a lieto
fine, se così si può dire, forse unico nella storia del
nazionalsocialismo, perché almeno temporaneamente quella
ribellione di donne risultò vittoriosa.
Vi è un nesso tra le donne di Rosenstrasse e quelle di Plaza
de Mayo?
:Assolutamente no. Le donne argentine erano organizzate e la
loro protesta era anche politica, contro il governo
militare. Nella Germania nazista una opposizione politica
era impossibile: quelle tedesche manifestavano
individualmente per riavere i loro mariti, e si ritrovarono
ad essere una moltitudine, forse più di un migliaio, senza
alcun accordo o progetto collettivo.
Erano terrorizzate ma irremovibili(è struggente la scena che
le riprende mentre avanzano imperterrite, senza emettere un
lamento, per sfondare il muro dei nazisti armati a difesa
della prigione), anche quando per spaventarle arrivarono i
soldati con le mitragliatrici, poi subito tolte: dapprima
mute, solo alla fine qualcuna si mise a mormorare, poi a
gridare: assassini!.
Hitler era andato al potere, si dice, soprattutto col voto
delle donne, che continuarono ad amarlo sino quasi alla
fine.
Forse lo amavano anche quelle di Rosenstrasse, che in fondo
ubbidivano, reclamando i loro mariti, alla ideologia nazista
che imponeva alle donne lealtà, fedeltà e sottomissione al
proprio uomo. Le "puttane degli ebrei", come venivano
chiamate le mogli ariane che rifiutavano il divorzio, erano
delle buone mogli, e perciò delle vere tedesche e delle
naziste esemplari. Fu proprio per questa contraddizione che
i soldati non aprirono il fuoco contro di loro: le
ammiravano, non per il loro coraggio ma per la loro lealtà
verso il marito anche se ebreo.
Da quando si è cominciato a parlare dell’Olocausto nelle
famiglie tedesche?
Per anni, fino al Sessantotto che cambiò il modo di guardare
il mondo dei giovani europei, nelle famiglie tedesche
l'Olocausto rimase un tabù. Ma non si poteva sempre tacere,
così, ora, che tutto s'è detto, è possibile mostrare anche
piccoli atti di coraggio che ci rendono meno pessimisti
sulla natura umana.
cURIOSITA'
I film sull'Olocausto hanno sempre una carica emotiva
devastante e Rosenstrasse non fa certo eccezione. Tra
l'altro, la cineasta è l'unica tedesca ad aver affrontato
questo tema, che è particolarmente spinoso per i suoi
compatrioti. La sua visione è assolutamente imparziale e
mostra i due lati della Germania, quella oltranzista e
quella della gente comune che vede deportare persone con cui
ha condiviso la vita fino a pochi giorni prima, senza spesso
sapere quale fosse il reale destino di quegli sventurati.
L'olocausto è il massacro più raccontato della storia.
Migliaia sono i libri ed i film che ne narrano le terribili
esperienze. Eppure, di eccidi e stermini di massa sono pieni
i libri di storia. Anche di quella più recente.
Chi ricorda, per esempio, lo sterminio di milioni di armeni
in Turchia? Oppure i massacri di intere etnie di tribù
africane relegate ai margini delle pagine dei nostri
quotidiani?
Sugli OLOCAUSTI INDIANI, "Matrubhoomi" ("Un paese senza
donne") un film del giovane regista indiano Manish Jha,
mette il dito in una piaga terribile del continente indiano:
la pratica di uccidere le neonate dopo la loro nascita. Si
tratta di un olocausto quotidiano, perpetrato da secoli. Un
olocausto familiare, domestico. Ma chi protesta, per questo?
LA SCHEDA
Titolo originale: Rosenstraße
Durata: 136 min. (colore)
Paese: Germania / Olanda
Anno: 2003
Genere: Drammatico
La trama
Ruth Weinstein, una signora newyorkese, ha appena sepolto il
marito. Nel dolore riflette sulla religione ebraica
ortodossa e organizza un lutto di trenta giorni per tutta la
famiglia. Inoltre, disapprova il matrimonio della figlia
Hannah con il sudamericano Luis. Per capire come mai la
madre si comporti così stranamente, Hannah, alla ricerca di
indizi...
Ruth Weinstein, una signora newyorkese, ha appena sepolto il
marito. Nel dolore riflette sulla religione ebraica
ortodossa e organizza un lutto di trenta giorni per tutta la
famiglia. Inoltre, disapprova il matrimonio della figlia
Hannah con il sudamericano Luis. Per capire come mai la
madre si comporti così stranamente, Hannah, alla ricerca di
indizi...
CAST TECNICO
Regia:
Margarethe von Trotta
Sceneggiatura:
Pamela Katz
Margarethe von Trotta
Soggetto:
Pamela Katz,
Margarethe von Trotta
Montaggio:
Corinna Dietz
Fotografia:
Franz Rath
Scenografia:
Heike Bauersfeld
Musica:Loek Dikker
Interpreti:
Katja Riemann - Lena Fischer -
Maria Schrader - Hannah Weinstein -
Jürgen Vogel - Arthur von Eschenbach -
Martin Feifel - Fabian Fischer
COPPA VOLPI
A Katja Riemann protagonista del film di Margarethe Von
Trotta Rosenstrasse è stata assegnata la Coppa Volpi per la
migliore interpretazione femminile di Venezia 60.
Un premio meritatissimo per il suo calarsi così sinceramente
nei panni di Lena, la bellissima tedeschina di estrazione
nobiliare, pianista celebre, con il solo torto di aver
sposato un violinista ebreo.
Emozionatissima e commossa fino alle lacrime, ha
dichiarato:.
Per noi l'Olocausto è una cosa troppo vicina. Non siamo mai
riusciti, di fatto, a fronteggiarlo con la dovuta forza
interiore. Ancora oggi mettiamo da parte storie, emozioni e
situazioni che provengono da quegli anni.
E' una rimozione della memoria?
No, non credo. Ritengo solo che ci voglia un po' più di
tempo. Vede, la sceneggiatura di Schindler's List era un
progetto che affondava le sue radici negli anni Sessanta.
Eppure in quell'epoca sarebbe stato impossibile accettare di
realizzare quel tipo di film. Era troppo vicino. Adesso,
anche se questa storia avvenuta nella zona est di Berlino è
apparsa già nel 1989 dopo solo quattordici anni è stato già
possibile trasformarla in un film.
Perché?
In parte, perché è più facile accantonare il proprio senso
di colpa nel vedere, finalmente, ritratto anche qualche
tedesco buono in grado di ribellarsi alla follia nazista.
Team De Falco- Marotta
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