Prestazioni previdenziali dei lavoratori rimpatriati dalla Svizzera
Si è tenuto a Lugano un
incontro dei responsabili delle sedi svizzere e del confine
italiano del Patronato ACLI tra cui anche il direttore del
patronato ACLI della provincia di Sondrio, unitamente al
Vicepresidente Nazionale Delegato ed al Direttore Generale ,
per esaminare lo stato di attuazione dell’art. 3 del decreto
legge 118/2002, convertito in legge 172/2002, meglio noto
come dispositivo di trasferimento virtuale dei contributi
svizzeri.
Come è noto con la predetta normativa il legislatore ha
cercato di mitigare l’impatto negativo conseguente alla
impossibilità di trasferire i contributi svizzeri in Italia
a seguito dell’entrata in vigore degli accordi bilaterali
tra la Svizzera e la UE, dal 1.6.2002. La impossibilità di
trasferire i contributi, nei fatti, in molte situazioni,
impedisce di percepire una pensione significativa prima del
pensionamento di vecchiaia con la conseguenza che per i
lavoratori rimpatriati dalla Svizzera si ha una sorta di
sostanziale diniego del diritto alla pensione di anzianità,
ovvero, per le donne, la percezione di una pensione di
vecchiaia italiana, al 60° anno di età, di modesto importo.
Col provvedimento citato il legislatore ha adottato una
misura specifica tendente a valorizzare, a carico dell’INPS,
la contribuzione svizzera per il calcolo della pensione
anticipata italiana in attesa che la stessa sia poi concessa
in convenzione UE al compimento dell’età di vecchiaia,
prevista dall’assicurazione svizzera. In altri termini il
tentativo è quello di equiparare ai lavoratori che hanno
sempre lavorato in Italia, i lavoratori che hanno lavorato
parte in Italia e parte in Svizzera. La disposizione in
questione ha carattere transitorio e scade il 31.12.2003.
Alla luce di un primo esame della normativa introdotta dal
legislatore, della lettura che ne ha dato l’INPS ma
soprattutto da una verifica dei risultati concretamente
verificatisi nella pratica attuazione del disposto
legislativo, la situazione appare in prevalenza molto
deludente. La pensione conseguibile nonostante il calcolo
virtuale dell’anzianità svizzera, specie nei casi nei quali
le ultime retribuzioni italiane sono più lontane nel tempo,
è di importo inferiore al minimo e se la stessa è
integrabile il dispositivo di legge non viene ad avere di
fatto alcuna rilevanza. In molte situazioni ove non spetti
l’integrazione, la pensione resta di importo inferiore al
minimo. In talune circostanze, magari per versamenti
volontari ad una classe elevata, ovvero in presenza di una
attività italiana recente, il risultato è favorevole ma
certamente sperequato rispetto a situazioni altrettanto
degne di tutela.
Inoltre è fonte di sperequazione la discriminazione
introdotta dalla lettura della legge che ha dato l’INPS,
tesa ad escludere coloro che hanno effettuato, dopo il
rientro dalla Svizzera, l’ultima attività in Italia.
In queste condizioni, secondo i responsabili del Patronato
ACLI è necessario porsi i seguenti obiettivi:
- Innanzi tutto il presupposto di ogni ragionamento positivo
sta nella proroga della normativa, oltre il 31.12.2003. La
proroga, per equiparare i lavoratori che hanno lavorato nei
due stati, a quanti hanno lavorato in Italia, dovrebbe
essere estesa fino alla prevista durata della fase
transitoria delle pensioni di anzianità.
- E’ inoltre necessario superare il calcolo della pensione
sull’ultima retribuzione italiana. Infatti la casualità
delle situazioni lavorative italiane (ad esempio, ultimo
lavoro italiano lontano nel tempo ovvero più recente)
determina sperequazioni assurde. Si propone invece di
assumere per il calcolo della pensione italiana, fino alla
concessione della pensione in convenzione, lo stesso metodo
che veniva usato quando la contribuzione svizzera veniva
effettivamente trasferita.
D’altra parte la integrale applicazione della precedente
normativa cessata con il 31.5.2002 – ad esclusione del
materiale trasferimento dei contributi – produrrebbe
radicale soluzione alle discriminazioni rilevate in questo
primo periodo di applicazione della legge 172/2002,
salvaguardando per l’INPS, in base alle norme UE adottate,
l’opportunità di porre a carico della Previdenza Svizzera le
prestazioni al compimento dell’età pensionabile di quel
Paese.
- Infine è necessario superare la forte discriminazione che
esclude da questa opportunità tutti coloro che non sono
rientrati dalla Svizzera in situazione di disoccupazione a
seguito dell’abbandono dell’attività in quello Stato.
L’esclusione di coloro che, dopo il ritorno dalla Svizzera
non sono stati disoccupati ovvero hanno svolto
successivamente attività in Italia, crea forti sperequazioni
correlate allo svolgimento casuale dell’ultima attività
lavorativa dimenticando ogni proporzione tra la durata
dell’attività lavorativa italiana e straniera.
Massimiliano Bertolazzi
GdS 18 VII 03 www.gazzettadisondrio.it