A proposito dell’ennesimo atto vandalico in una scuola italiana
Qualcuno di
voi, forse, avrà sentito, in TV, dell'ennesimo atto vandalico in
una scuola italiana a Corbetta (Mi).
Ebbene io, a Corbetta, ho insegnato per circa 20 anni e credo di
conoscere
bene non solo la scuola ma pure la cittadina (circa 20.000
abitanti) e
l'ambiente.
Vi arrivai, fresco di laurea e di servizio militare (a quei
tempi lo si
faceva ed il Preside del tempo gradì molto la cosa): era
l'inverno
1975/76. Vi restai per tutta la mia carriera scolastica, prima
di "mollare tutto" e di rifugiarmi sulle Retiche a scrivere ed
interessarmi di musei e cultura alpina.
Ebbene, sia chiaro: Corbetta non è nella "cintura" milanese ed,
ancor oggi,
è circondata da cascine e campi coltivati. Quindi nulla a che
spartire con
certe periferie degradate dell'interland milanese.
Ovvio che l'ambiente, quasi rurale e certo abbastanza contadino
e
conservatore, degli anni '70 oggi sia cambiato: sono arrivati
milanesi,
altri italiani, non pochi immigrati ma il tessuto sociale, nel
complesso, è
restato sano, almeno sino alla fine degli anni '90.
Non ero un professore "permissivo", tutt'altro, ma essendo
sempre disposto a discutere, di tutto e senza remore, con i miei
allievi, credo di aver avuto
il polso della situazione meglio di altri.
Del resto i ragazzi, strano ma vero, non gradiscono troppo un
professore
troppo permissivo: lo sfruttano ma, sotto sotto, non lo stimano.
Ho pure stretto rapporti di amicizia con i molti colleghi che
vivevano in zona, rapporti che, in parte, coltivo tuttora.
Perché tutto questo discorso? Perché vorrei far capire che la
Scuola Media
di Corbetta, senza essere certo esente da molti problemi, non ha
nulla a che vedere né col Parini, pieno di annoiati rampolli
della borghesia "bene" di Milano, né con gli istituti "di
frontiera" delle periferie degradate.
Eppure il fattaccio è accaduto: scuola allagata e chiusa. Un
caso, dirà qualcuno. Nossignori, avete mai sentito parlare del
problema del "bullismo"? Certo sino agli anni '90 non si sapeva
neppure cosa fosse, ve lo posso assicurare. Ora, è noto a tutti,
bande di ragazzini, sovente giovanissimi, aggrediscono e
taglieggiano i compagni, spesso ricattandoli, picchiandoli se
non cedono. Stile Bronx, insomma, solo che Milano e l'Italia,
sino a pochi anni or sono, non erano il Bronx.
Cambiamo angolazione: gli stadi. Quasi ogni domenica guerriglia
urbana,
feriti, danni, cariche di polizia. A Roma i tifosi del Livorno
tirano il
segnale d'allarme del treno, lo bloccano e devastano, tanto per
gradire, una
stazione. Ancora gruppuscoli e casi isolati, dirà qualcuno.
Non lo credo, sono assai più diffusi di quanto si creda e, in
ogni caso, vi
è una fetta non trascurabile, di giovani, che tollera la
situazione, in
parte la giustifica, non fa nulla per opporsi.
Eppure questi giovani sono più o meno gli stessi che hanno
inondato l'Italia
di bandiere della Pace.
Sono gli stessi che, in massa, quando c'era la leva, si
dichiaravano
obiettori.
Sono gli stessi che, nelle scuole che poi devasteranno, hanno
fatto i corsi
di "educazione alla pace". Al minimo si deve dire che il corso
sia servito
a poco!
Credo che il problema sia ben diverso.
Prendiamo la Leva (e certo gli amici dell'ANA mi capiscono).
Senza nulla togliere ai VERI obiettori, la più parte sceglieva
questa
strada per evitare il militare "scomodo" e magari per trovarsi
un lavoretto
facile e di non troppo impegno accosto a casa (ne ho visti
parecchi nella
Parrocchia di mia madre)! Quanto alle bandiere, è stata una moda
(non senza risvolti di politica interna).
Una prova? Basta varcare la frontiera per vederle sparire in
pochi km.
Nell'EU orientale, poi, non sapevano neppure cosa fossero. In
quei Paesi
sanno bene che la Pace, quella vera, non si conquista esponendo
una
bandiera!
Insomma sarebbe il caso di spiegare ai ns giovani "pacifisti" e
magari No
Global (ma con 3 cellulari) che la Pace (con la P maiuscola) è
strettamente collegata alla Pace con noi stessi. Se distruggiamo
(o tolleriamo che altri lo facciano) non siamo sulla strada
giusta!
Bisogna fargli comprendere che la Pace non è uno slogan (come
tanti altri
cui soggiacciono) ma un sentire profondo.
E che questa Pace non può esserci senza libertà, senza giustizia
e senza il
reciproco rispetto, anche di regole che magari non
condividiamo.
Se i ns giovani non comprenderanno tutto ciò, continueranno a
gridare pace! pace! Ma senza sapere neppure cosa realmente
significhi!
Nemo Canetta
GdS 10 V 2005 - www.gazzettadisondrio.it