Commento sul Giurì per il poster osé
La pronuncia dell'Istituto di autodisciplina che
ha proibito l'esposizione in tutta Italia dei poster osé, ha
spaccato in due l'opinione pubblica: chi ha gridato alla
sessuofobia, e chi ha plaudito.
In Italia tre quarti degli spot
pubblicitari vengono girati in chiave sexy, quasi a voler
insinuare che gli italiani non acquistano nulla, se non presi
per i sensi. Ovviamente, quelli dalla cintola in giù.
Le agenzie
pubblicitarie, probabilmente ispirandosi alla concezione
darwinista della conservazione e dell’evoluzione della specie
umana fondata sugli istinti primordiali sessuali, vogliono
inculcare nelle masse la convinzione che l'essere umano non sia
molto dissimile dall’animale. Forti di questa "certezza", i
pubblicitari hanno pensato di ricreare artificiosamente
attraverso l'uso di spot e immagini a forte richiamo sessuale,
uno stato di "fregola" permanente, che dovrebbe indurre, secondo
le loro analisi di mercato, ad acquisti veloci ed istintivi di
qualsiasi prodotto.
Nulla da eccepire: davvero una bella
trovata! Talmente ingegnosa, che a giudicare dall’efficacia
dell’erotica esca pubblicitaria (gli allocchi sbavanti che
abboccando comperano tutto, non mancano mai), sembra funzionare
veramente. E per fortuna che è arrivata l'illuministica dea
ragione a cancellare ancestrali e primitivi retaggi del
passato... quando l’uomo era si, un primate simile agli animali.
Ma oggi, se è vero che la pubblicità osé tira molto, è cambiato
qualcosa?
Gianni Toffali
Gianni.Toffali@inwind.it
GdS 30 XI 2004 - www.gazzettadisondrio.it