L’ITALIANO RISCHIA DI RIMANERE FUORI DALLE LINGUE DI LAVORO DELLA COMUNITA’
In occasione
della Giornata delle Lingue Europee Anna Maria Campogrande,
rappresentante a Bruxelles del Comitato Allarme Lingua, ha
inviato una lettera agli europarlamentari italiani.
La Signora Campogrande, funzionaria della Commissione europea,
segue con ”molta attenzione, ed apprensione specialmente in
questi giorni di cambiamento dei commissari”, gli sviluppi del
dibattito sulle lingue di lavoro da utilizzare nell'Unione
europea e nutre fiducia che i politici italiani si mobilitino
per chiedere a Barroso, prima che sia troppo tardi, delle
garanzie per l'italiano e per il multilinguismo.
Secondo un’analisi di Disvatigo, “La situazione linguistica, in
seno alle istituzioni europee è delle più gravi. Il "Gruppo
Antici" del Consiglio sta studiando, in gran segreto, un modus
vivendi linguistico in vista delle nuove adesioni, sulla base
del documento della presidenza danese, che non aveva trovato
alcun consenso in seno al Consiglio Europeo. Le voci che
trapelano “sono delle più inquietanti, per tutti, ma in maniera
del tutto particolare per l'Italiano che è la lingua di uno dei
quattro grandi Stati Membri dell'Unione e Membro Fondatore della
Comunità Europea insieme a
Francia e Germania.”.
Secondo “Disvastigo”, poi, “negli ambienti comunitari di
Bruxelles, che l'orientamento del gruppo di lavoro sarebbe
quello di consacrare, sulla carta, un sistema basato su tre
lingue: francese, inglese e tedesco e che questo nodo centrale
sarebbe accompagnato da misure, tra le più antidemocratiche e
tra le meno "comunitarie" immaginabili, le
quali,predisporrebbero dei contingenti di
traduzione-interpretazione per ogni
Stato Membro al dilà dei quali ognuno dovrà pagarsi le proprie
traduzioni-interpretazioni, trasformando, in tal modo, questi
servizi in una specie di shopping-center à la carte.”
Sempre secondo la stessa fonte , “Nessuno finora ha, infatti,
spiegato alle autorità italiane, e soprattutto al popolo
sovrano, secondo quali criteri la Commissione Prodi abbia
ritenuto come lingue di procedura: il francese, l'inglese e il
tedesco, che sono le lingue di tre dei quattro "grandi"
dell'Unione, lasciando da parte l'Italia che è il quarto.
L'Unione ha infatti solo quattro grandi Paesi e l'Italia è uno
di questi. L'Italia è inoltre Membro Fondatore della Comunità
Europea e, a questo titolo, depositario del progetto originario.
Se il criterio di selezione è quello demografico, che sarebbe il
solo ad avere un minimo di legittimità, insieme a quello
dell'appartenenza al gruppo fondatore, l'italiano non può non
far parte della rosa delle lingue prescelte. Ma Bruxelles tace,
le decisioni che si prendono nel settore linguistico sono tra le
meno trasparenti.”.
aise
GdS 30 X 2004 - www.gazzettadisondrio.it