UNA POLITICA PER LA QUESTIONEIrakENA

di Carlo Scognamiglio Pasini (x)

Il ministro della Difesa Martino
avrà certamente detto il vero quando ha affermato che il Governo
italiano ignorava completamente gli episodi di tortura e gli
abusi commessi da militari alleati sui prigionieri irakeni prima
che questi fossero resi noti all’opinione pubblica
internazionale. Sta di fatto che ora tutti ne siamo a
conoscenza, e limitarsi a condannare questa grave vicenda non
può più bastare.

L’Italia deve darsi una linea politica chiara che si fondi sul
prendere atto dei seguenti fatti:

1) L’obiettivo preposto all’intervento
alleato in Irak, finora definito dall’enforcement della
democrazia in quel Paese appare compromesso dalle rivelazioni
sulle torture ai prigionieri. Gli orrori perpetrati dai
terroristi parlano da soli quanto alla ferocia e alla
pericolosità dei nemici dell’Occidente, ma non fanno somma
algebrica con gli abusi sui prigionieri, perché la vera posta in
gioco in questa guerra sono i valori della civilizzazione
occidentale.


2) Abbandonare gli irakeni in questa fase porterebbe certamente
a peggiorare il caos e le sofferenze della popolazione.


3) Gli irakeni debbono comunque essere sostenuti nella fase di
transizione che deve essere da loro stessi realizzata con la
guida dell’ONU, secondo il piano predisposto dall’incaricato
Brahimi. In questa fase l’indispensabile protezione militare
dovrà essere assicurata da una coalizione internazionale formata
dalla NATO e da altri Paesi che si dichiarino disponibili, come
è avvenuto nella fasi iniziali della stabilizzazione in Bosnia e
in Kosovo.


4) Il trasferimento del controllo politico e del comando
militare deve avvenire entro la data del 30 giugno 2004.


Noto per inciso che questa posizione coinciderebbe con quella
espressa dalla Chiesa cattolica con le parole del Cardinale
Renato Martino, presidente del Consiglio della Giustizia e della
Pace della Santa Sede.

Da qui a quella data è necessario evitare, considerando anche lo
svolgimento imminente delle elezioni per il parlamento europeo,
la speculazione politica, ossia che l’effetto Zapatero contagi
altri Paesi portando la situazione al caos ed esasperando gli
Stati che non intendono cedere alla comoda, ma catastrofica,
tentazione della fuga, che sarebbe a un tempo irresponsabile
verso gli irakeni abbandonati alle fazioni più violente, e un
colossale premio per il terrorismo assassino che si manifesta in
modo così abominevole negli attentati e nella macellazione degli
ostaggi. E’ necessario inoltre ricoinvolgere i Paesi europei e
della coalizione atlantica che finora non hanno aderito
all’invio di proprie forze militari in Irak.

Il Governo, il cui concorso pone l’Italia al terzo posto fra i
Paesi che mantengono forze militari in Irak dopo gli US e la
Gran Bretagna, dovrebbe farsi promotore di un patto di concordia
nazionale, basato sull’impegno delle opposizioni di non
richiedere il ritiro immediato delle forze internazionali
schierate, in cambio dell’impegno, qualora il passaggio
dell’autorità civile e militare all’ONU e alla NATO non fosse
avvenuto alla data stabilita secondo il piano Brahimi, a
richiedere alla presidenza europea di mettere all’ordine del
giorno del Consiglio una risoluzione per il ritiro di tutte le
forze dei Paesi dell’Unione Europea.

Una situazione così grave non consente né azioni dettate dal
panico, né una strumentalizzazione a scopi elettorali della
paura e dello sdegno provocate da queste vicende. Ma neppure
consente l’inerzia e la rassegnazione che caratterizza le
reazioni del governo italiano. Quanto alle posizioni che l’Ulivo
e lo stesso Prodi si accingerebbero a sostenere nel dibattito
parlamentare, vale osservare che se si critica l’attuale
amministrazione americana per l’unilateralismo delle sue
decisioni, non si dovrebbe chiedere di agire allo stesso modo
unilateralmente: l’Italia per il suo ruolo nelle operazioni
militari, e per il suo status nell’Unione Europea e nella NATO
può svolgere un ruolo importante nella concertazione dell’azione
internazionale, per evitare che la situazione precipiti nel caos
in Medio Oriente, distruggendo insieme a quel che resta della
comunità europea ed atlantica, anche ogni possibilità per noi di
portare la voce della ragione in questa drammatica fase della
politica internazionale.
Carlo Scognamiglio Pasini (x)


(x)
Presidente Patto Segni - Scognamiglio



GdS 20 V 2004 - www.gazzettadisondrio.it

Carlo Scognamiglio Pasini (x)
Politica