LE MANIFESTAZIONI CONTRO LA GUERRA
MINORANZE
RUMOROSE
Minoranze rumorose,
per ora sparute ma cresceranno, manifestano in piazza contro la
guerra, una parte soltanto di loro ricordandosi che c'é stato
un certo episodio terroristico l'11 settembre.
Altre minoranze poco
rumorose ma pur esse reali avrebbero voluto e vorrebbero
sfrecciare di aerei e missili nel cielo.
Per il resto sta
diventando retorico il diffuso ripetere che deve essere guerra
con i terroristi ma che non bisogna fare di tutt'erba un fascio
evitando lo scontro fra i mondi occidentale ed arabo. Diciamo
che sta diventando retorico perché é la fiera dell'ovvio di
cui tutti sono avvertiti, tranne i fanatici, d'ogni parte che
comunque non sono inclini a rispondere positivamente alle
esortazioni e agli appelli.
Che bisogno c'é di continuare a ripetere che non si tratta di
fare la guerra all'Islam, che bisogna distinguere, che bisogna
unire le forze e via dicendo? E' cosa talmente ovvia da non
dover spendere né parole né tempo.
Per quanto ci riguarda pensiamo proprio di avere le carte in regola, perché su questo
giornale si può leggere quanto abbiamo scritto poche ore dopo
l'orrore dell'11 settembre, anche su Bill Laden che abbiamo
l'impressione stia diventando, quantomeno sui mass-media, il capro espiatorio di
tutto.
Non stiamo sollevando lo sceicco miliardario dalle sue
responsabilità - si legga ancora quanto abbiamo, allora e non
oggi, scritto in proposito -. Stiamo solo sottolineando il fatto
che non c'é affatto solo Bill Laden ma una sorta di cupola, e
poi germi malefici di terrorismo in diverse parti del mondo, e
poi il fanatismo oltranzista, e poi le complicità, e poi i fiancheggiatori,
alcuni consapevoli, altri involontari ma non meno utili alla
"causa", si fa per dire, degli assassini.
Torniamo alle minoranze rumorose che manifestano "contro la
guerra", una posizione apparentemente ineccepibile (chi
può essere "a favore della guerra"?), ma che di fatto
in questo momento sposta nettamente il problema, come vedremo
avanti.
CHI SA, PER ESPERIENZA DIRETTA, COS'E'
LA GUERRA?
Pressoché nessuno di quelli che manifestano "contro la
guerra" sa che cosa é veramente la guerra, se non da
immagini o racconti dei e sui mass-media, ma per fortuna senza
averla vissuta.
Ebbene, prima di alcune valutazioni sul problema odierno, chi
scrive si fermerà su alcune esperienze di guerra personali e dirette,
rimaste scolpite nonostante gli allora soli otto anni di età, alle quali
attingere per le valutazioni successive. Quali esperienze? Fra
le tante, queste:
- Una bomba che esplode al di là del muro maestro, che si apre
in piccola parte ma che regge all'esplosione, salvandoci tutti
mentre di là, nella casa accanto che si sbriciola, é una
carneficina. E un'altra bomba a 3/4 metri dallo spigolo opposto
della casa. Sentiamo ancora in gola e nel naso, ricordando
l'evento, l'irritazione per quell'infiltrarsi acre dei gas liberati con lo
scoppio. E i soccorsi successivi, di ore, diretti da mio padre
con un complesso intervento e in lotta col tempo per
evitare che il cumulo di macerie seppellisse definitivamente chi
era ancora vivo, imprigionato fra esse. Un intervento di alta
ingegneria talmente complesso che forse non avrà più avuto
occasione di fare neppure quando progettava dighe, che alla fine
valse salvare vite
umane considerate ormai perse.
- Altre bombe, tante, a Pontremoli, obiettivo il cantiere della
Falck, testimoni molti valtellinesi là impegnati in opere
idroelettriche.
Quelle, 20 o 30, sì bombe intelligenti, esplose
simultaneamente con
colpi secchi che rompevano i timpani, fra una casa e l'altra, ma
intelligentemente sfiorandole e sfiorandoci per 5/6 metri, una
addirittura per un metro, nonché fra
una baracca e l'altra del cantiere, senza il minimo danno tranne
i buchi nel terreno e risparmiando persino i
piccoli orticelli attigui alle case.
- Sette aerei in picchiata, diretti verso di me - così sembrava
- tanto da trovare poi intorno alla mia bicicletta i colpi delle
mitragliere di bordo.
- L'aereo visto precipitare, colpito dalla contraerea, poco
distante, e il giorno dopo i cadaveri dei piloti ai quali un
plotone rendeva gli onori militari mentre un sacerdote impartiva
la sua benedizione.
- I due aerei a bassissima quota, visti dalla finestra del bagno
di casa mia a Ponte, che puntavano su un furgoncino, bloccatosi
davanti alla stazione di Chiuro, mentre l'autista scappava a
velocità folle nei prati, con due striscie di fuoco partite
dalle ali che raggiungevano, incendiandolo, il veicolo.
Ce ne sarebbe per così da raccontare.
Ebbene vorrei far pensare a chi non ha provato cosa vuol dire il rumore
dell'aereo, il sibilo della bomba che scende mentre la gente si
abbraccia stretta, e poi quella variazione dell'effetto Doppler
che fa capire che non é arrivata la nostra ora e che la bomba
finirà invece su poveri sfortunati, e, dopo due o tre secondi,
l'esplosione. La casa che trema, la gente che piange per lo
scampato pericolo ma che piange anche per chi, a due passi da
noi, é stato meno fortunato.
Ma vorrei far pensare anche a molto meno. Per esempio al treno
Milano-Sondrio, quasi tutto di carri-bestiame con panche in
legno cui sedersi, che si ferma e subito é il terrore. Tutti ai
finestrini per guardare il cielo, se ci sono gli aerei, e i
ferrovieri che urlano, invitando alla calma perché il treno non
si é fermato per un attacco aereo ma perché il semaforo é
rosso...
COME SI FA A NON ESSERE CONTRO LA
GUERRA?
Come si fa, per chi l'ha vissuta, a non essere contro
la guerra?
Vite umane perdute.
Ho visto, di uno di quegli aviatori morti di cui parlavo prima,
alcuni effetti personali, fra cui una sua foto con i suoi cari.
Forse, senza l'intervento della contraerea, un bomba sganciata
da quel bombardiere poteva finire sulla nostra testa, eppure non mi
ha mai lasciato il pensiero di quei suoi cari nella fotografia ai quali qualche
tempo dopo si sarebbe presentato un ufficiale la cui sola
presenza sarebbe stata eloquente notizia di sventura.
Girando per i nostri paesi ho letto spesso la lunga fila di nomi
sui Monumenti ai Caduti, di questa o quella guerra. Il pensiero
é andato alle famiglie, ai genitori, ai familiari, alle spose,
agli orfani.
Come si fa, per chi l'ha vissuta, a non essere contro la guerra?
Distruzioni e privazioni.
Ho visto macerie fumanti, e poi, squarci di desolazione che, ad
esempio, facevano mostra di sé anche 10 o 15 anni dopo, in pieno
centro di Milano, in Corso Vittorio Emanuele e in altri posti.
Ho visto spreco enorme di risorse. Ho vissuto e visto privazioni
impensabili oggi; basti pensare che sul finire del conflitto non
c'era quasi più nulla da mangiare, e il poco pane che veniva
dato con la tessera conteneva patate e segatura perché la
farina scarseggiava. E, a proposito di cibo, ricordiamo anche cosa portarono subito gli
americani, secondo una dieta necessaria, per cominciare, per
popolazioni denutrite: minestra di soia liofilizzata, carne
pressata, evapored milk, e solo in una seconda fase burro,
farina, zucchero ed altro. Per la cronaca dove erano arrivati inglesi o altri
nulla di tutto questo.
Come si fa, per chi l'ha vissuta, a non essere contro la guerra?
GLI AEREI DELL'11 SETTEMBRE
Abbiamo visto gli aerei dell'11 settembre, usati come
proiettili di artiglieria o come missili, da piloti-suicidi ma
con gente inerme a bordo, persone che si spostavano per lavoro,
o per turismo, o per andare a trovare qualcuno. Là in aereo per
via delle distanze, né più né
meno come si fa in Italia con treno o autobus.
Poteva esserci qualcuno di noi lassù o, peggio, qualcuno dei
nostri cari.
Abbiamo letto le testimonianze dirette di chi stava andando
verso questo barbaro destino e ne riferiva alle persone care. Testimonianze da far rabbrividire, da far dire che fortunati
sono stati quelli dei piani delle Torri colpiti dai due aerei,
perché almeno loro hanno avuto la fortuna di non accorgersi di
nulla. Non così per quella persona che sventolava un panno
bianco per richiamare l'attenzione per un impossibile soccorso,
o per quell'altra che all'idea di finire arrostito nelle fiamme
che avanzavano ha preferito il volo dalla finestra, quel volo
che nella ripresa televisiva non finiva mai, non così per i
soccorritori infilatisi nelle Torri per salvare gli altri e
invece andando all'appuntamento con la morte...
Abbiamo letto di un catastrofico bilancio in vite umane perdute.
Gente che era al suo posto di lavoro, come ogni giorno capita
a ciascuno di noi, morti a migliaia, anche se fortunatamente,
pur catastrofico, il bilancio é stato meno grave di quello
temuto in un primo momento, sempre comunque di una gravità
impressionante, sempre incredibilmente e orribilmente tragico.
LA
REAZIONE. LA NOSTRA RIVOLTA MORALE
C'é da dire che la reazione americana é stata, nell'enorme cordoglio,
riflessiva e razionale, e non era affatto facile.
Poche ore dopo l'orrore, come si può leggere in altra parte di questo
giornale, scrivevamo:
"Quello
che é successo ieri a New York non solo supera ogni
immaginazione di qualsiasi sceneggiatore di film di fantascienza
o fantapolitica. Tocca vertici sinora inespressi di abiezione
che richiedono, prima di ogni altra cosa, la nostra rivolta
morale.
Non emotiva. Razionale, lucida, fredda, riflessiva".
E, più avanti:
"Siamo in guerra, bisogna ricordarselo. E la guerra, per
dovere nei confronti dei cittadini, chiunque é chiamato a
guidarla la deve fare con gli strumenti della guerra. Con i
distinguo e le limitazioni che la nostra cultura e la nostra
civiltà impongono, e non certo a senso unico.
USA, Europa, Giappone, Russia, Cina sono e devono essere insieme
in questa guerra, perché solo così si può venire a capo, in
tempi peraltro non brevi, delle follie e dei fanatismi di
barbarica memoria".
LA
GUERRA E' INIZIATA l'11 SETTEMBRE
Come si fa, per chi l'ha vissuta, a non essere contro la guerra?,
dicevamo prima. Sì,
siamo contro alla guerra,
ma, ahimé, non serve perché la guerra é già iniziata l'11 settembre.
Ci sono in Italia discussioni oziose. Si dice che quella da
condurre contro il terrorismo "non deve essere una guerra
ma una operazione di polizia internazionale", e quindi si
deve bandire il termine "guerra".
Sovviene - ci si scusi il paragone - di quel missionario che
convertito e battezzato Ben e dettogli che ormai non si chiamava
più Ben ma Giuseppe, lo sorprese il venerdì a mangiare carne.
Al rimprovero si sentì rispondere che lui aveva fatto
altrettanto: aveva preso la carne e prima di mangiarla gli aveva
detto che d'ora in poi si sarebbe chiamata pesce.
Se non la chiamiamo guerra, cambia forse qualcosa?
No, per la semplice ragione che la guerra l'hanno iniziata
gli altri.
La molteplicità e la complessità delle "operazioni"
dell'11 settembre, la meticolosa preparazione che é stata
necessaria, gli obiettivi, la falcidie di vite umane, le
intuibili conseguenze di ogni tipo non possono essere
semplicemente classificati come un atto terroristico, ma un
atto di guerra vero e proprio, anzi il primo atto di
guerra.
Bill Laden, con la sua moglie-bambina e con gli altri ceffi
par suo rideranno sotto i baffi pensando a queste disquisizioni.
Disquisizioni che ricordano molto Alessandro Manzoni e il
serafico Don Ferrante che,
disquisendo sulla peste che infuriava a Milano, considerato che
essa non era "sostanza" ma neanche
"accidente", aveva concluso che ovviamente non poteva
esistere. La peste non aveva altrettante doti intellettuali, non
era in grado di fare simili sottili disquisizioni e dunque non
poteva sapere che in realtà non esisteva e così si prese e si
portò nella tomba tanto valido disquisitore.
(In appendice al presente articolo il
brano manzoniano, gustoso ma soprattutto istruttivo, e da tenere
presente).
Non volendo imitare lo sposo di Donna Prassede, ci sono due sole vie:
1 - o si prende atto che
siamo in guerra, bon gré, mal gré;
2 - o si considera l'orrore dell'11 settembre sì un episodio
spiacevole ma non un atto di guerra, in ogni caso da circoscrivere ai mandanti (agli autori no,
vista la missione suicida).
- Questa seconda ipotesi pecca, per chi la segue in buona fede, di
mancanza di realismo, dal momento che i mandanti non hanno certo
detto dove sono, non hanno fatto conferenze-stampa per sottolineare il loro successo,
non
preannunceranno le prossime mosse che, vista la fobia
generalizzata anti-Occidente di questi fanatici, potrebbero colpire anche
noi, visto che pare che nella lista ci siano obiettivi in
Italia.
D'altronde in Italia, a Genova per il G8, doveva
esserci - ultima conferma quella di Mubarak - l'attentato
all'aereo di Bush (e si é capito il perché di quei missili
antiaerei all'aereoporto C. Colombo, della chiusura dello spazio
aereo, delle rassicuranti dichiarazioni di Berlusconi (le
criticatissime "fioriere", e magari anche le
preoccupazioni dei Capi delle Forze dell'Ordine che avevano un
problema, e che problema ben maggiore di quei disgraziati Black
Bloc, in più rispetto a quelli che tutti pensavamo...).
- La seconda ipotesi di cui sopra, oltre a non voler prendere atto
dell'evidenza non tiene inoltre conto del prezzo pesantissimo
che gli
Stati Uniti hanno pagato, a casa loro, enormemente superiore a
qualsiasi altro atto di terrorismo verificatosi in passato in
tutto il mondo.
Giustizia vuole la ricerca delle responsabilità per una
punizione che, grave che sia, non sarà mai pari all'abiezione e
all'efferatezza dell'orrore di martedì 11. Giustizia quindi, non
rappresaglia.
Questo però non basta. Va tenuto conto che chi ha responsabilità di
governo nel Paese che ha subito l'orrore ha il dovere di tutelare i suoi
concittadini per cercare di evitare il ripetersi di fatti
analoghi e che identico dovere hanno i Governi degli altri Paesi
che domani potrebbero seguire la sorte degli Stati Uniti.
La guerra é stata portata nel cuore dell'America, ma
inevitabilmente coinvolge Occidente, Russia, Paesi Arabi
moderati, per certi versi la Cina, ma poi in definitiva tutta la
comunità mondiale perché con le migliori condizioni di vita é
divenuta più complessa l'organizzazione sociale e quindi più
vulnerabile, più fragile. Per giunta quello che può succedere
in un Paese si può ripercuotere anche sugli altri.
Se si prende atto, tornando invece alla prima
ipotesi, che la guerra c'é già, opporsi alla guerra significa
di fatto una sola cosa: opporsi a qualsiasi reazione degli USA
stessi e alla posizione di quegli alleati che ne condividono le
iniziative, sia impegnati anch'essi militarmente che no.
Venisse seguita questa strada sarebbe la vittoria conclusiva dei
terroristi, liberi di agire con le vittime non libere di
reagire!
(Un inciso. Nella disgraziatissima ipotesi che un attentato
avvenisse in Italia da questi stessi ambienti non verrebbe
certamente alcuna autocritica, ma ci sarebbe la litania
sull'inefficienza della Polizia o dei Servizi che non hanno
evitato i guai, sul Governo incapace, su oscure trame di chi sa
chi. Una supplica a S. Francesco e S. Caterina, che quasi
nessuno sa più che sono i Patroni d'Italia, perché provvedano
loro a preservare il nostro Paese dall'orrore).
L'ANTIAMERICANISMO CHE RIEMERGE
Analisti obiettivi, non schierati su questo o quel
versante, hanno osservato che sotto sotto riemerge l'antiamericanismo
di certi ambienti, anche in Italia, che vedono negli USA la
ragione e la radice dei mali del mondo. Non che il modello
americano sia immune da critiche, tutt'altro, ma gli Stati
Uniti, come tutti gli altri Paesi, sono un mix di aspetti
positivi e meno positivi. Solo che alcuni ambienti, anche del
nostro Paese, sono soliti soffrire di amnesie profonde.
Nessuno dei critici, che fra un po' scenderà in piazza ad
opporsi ai guerrafondai Yankees - dimenticando che costantemente
al loro fianco c'é Blair, leader laborista, espressione quindi
della sinistra inglese, altra amnesia - si ferma a pensare che
se non fosse stato per gli USA, in tutta Europa farebbe bella
mostra di sé, nelle piazze principali, nelle targhe, nei
monumenti e via dicendo la croce uncinata, la svastica.
Senza il loro intervento e senza gli armamenti forniti agli
Alleati e alla Russia, il caporale dai baffetti suicidatosi nel
bunker della Cancelleria a Berlino, avrebbe fatto il giro delle
diverse capitali da trionfatore.
Avessero pensato egoisticamente al loro interesse se ne
sarebbero stati fuori. Addirittura, suicidatosi Hitler, al
successore Ammiraglio Doenitz, - firmerà la resa tedesca l'8
maggio -, che chiedeva la pace separata per concentrare poi lo
sforzo militare, con i richiesti aiuti per questo scopo, ad est,
rispondevano picche. Eppure avrebbero avuto tutto da guadagnare:
la fine del comunismo in URSS, con una Germania non più
temibile stremata com'era, USA egemoni nel mondo.
Non lo fecero per quegli aspetti positivi che l'antiamericanismo
militante si sforza di ignorare.
MANIFESTAZIONI CONTRO LA GUERRA, Si' MA ANCHE A KABUL
A meno che chi intende
manifestare contro la guerra non sia coerente fino in fondo.
Chi
crede veramente indispensabile battersi contro la guerra ha un
modo per farlo nel modo migliore: in delegazione espressa da
quanti la pensano allo stesso modo, con i suoi cartelli e con i
suoi slogans contro la guerra si rechi, in quel di Kabul e sfili
davanti al Palazzo del Governo.
E non solo a Kabul, ma
anche nella Valle della Bekkara feudo di Hamas, e
contestualmente davanti alle
sedi degli oltranzisti israeliani, a Belfast, in Algeria ove i
fanatici hanno sinora sgozzato migliaia e migliaia di pacifici,
inermi contadini, nei Paesi Baschi,
nel Kashmir eccetera eccetera.
I radicali, anni fa, non si sono limitati a manifestare davanti
a Montecitorio e in altre sedi qui in Italia, ma hanno avuto il
coraggio di testimoniare le loro posizioni persino, in tempi di
guerra fredda, sulla Piazza Rossa di Mosca.
Basta imitarli.
Se non si fa così, si fa il gioco dei mandanti dell'orrore
dell'11 settembre.
GdS 30.9.2001
Per
i tanti Don Ferrante che in Italia amano disquisire e disquisire
e disquisire il testo manzoniano:
"Dice adunque che, al primo parlar che si fece di peste, don Ferrante fu uno de' piú risoluti a negarla, e che sostenne costantemente fino all'ultimo, quell'opinione; non già con ischiamazzi, come il popolo; ma con ragionamenti, ai quali nessuno potrà dire almeno che mancasse la concatenazione.
"In rerum natura," diceva, "non ci son che due generi di cose: sostanze e
accidenti; e se io provo che il contagio non può esser né l'uno né l'altro, avrò provato che non esiste, che è una chimera.
E son qui. Le sostanze sono, o spirituali, o materiali. Che il contagio sia sostanza spirituale, è uno sproposito che nessuno vorrebbe sostenere; sicché è inutile parlarne. Le sostanze materiali sono, o semplici, o composte. Ora, sostanza semplice il contagio non è; e si dimostra in quattro parole. Non è sostanza aerea; perché, se fosse tale, in vece di passar da un corpo all'altro, volerebbe subito alla sua sfera. Non è acquea; perché bagnerebbe, e verrebbe asciugata da' venti. Non è ignea; perché brucerebbe. Non è terrea; perché sarebbe visibile. Sostanza composta, neppure; perché a ogni modo dovrebbe esser sensibile all'occhio o al tatto; e questo contagio, chi l'ha veduto? chi l'ha toccato? Riman da vedere se possa essere accidente. Peggio che peggio. Ci dicono questi signori dottori che si comunica da un corpo all'altro; ché questo è il loro achille, questo il pretesto per far tante prescrizioni senza costrutto. Ora, supponendolo accidente, verrebbe a essere un accidente trasportato: due parole che fanno ai calci, non essendoci, in tutta la filosofia, cosa piú chiara, piú liquida di questa: che un accidente non può passar da un soggetto all'altro. Che se, per evitar questa Scilla, si riducono a dire che sia accidente prodotto, dànno in Cariddi: perché, se è prodotto, dunque non si comunica, non si propaga, come vanno blaterando. Posti questi princìpi, cosa serve venirci tanto a parlare di vibici, d'esantemi, d'antraci... ?"
"Tutte corbellerie," scappò fuori una volta un tale.
"No, no," riprese don Ferrante: "non dico questo: la scienza è scienza; solo bisogna saperla adoprare. Vibici, esantemi, antraci, parotidi, bubboni violacei, furoncoli nigricanti, son tutte parole rispettabili, che hanno il loro significato bell'e buono; ma dico che non han che fare con la questione. Chi nega che ci possa essere di queste cose, anzi che ce ne sia? Tutto sta a veder di dove vengano."
Qui cominciavano i guai anche per don Ferrante. Fin che non faceva che dare addosso all'opinion del contagio, trovava per tutto orecchi attenti e ben disposti: perché non si può spiegare quanto sia grande l'autorità d'un dotto di professione, allorché vuol dimostrare agli altri le cose di cui sono già persuasi. Ma quando veniva a distinguere, e a voler dimostrare che l'errore di que' medici non consisteva già nell'affermare che ci fosse un male terribile e generale; ma nell'assegnarne la cagione; allora (parlo de' primi tempi, in cui non si voleva sentir discorrere di peste), allora, in vece d'orecchi, trovava lingue ribelli, intrattabili; allora, di predicare a distesa era finita; e la sua dottrina non poteva piú metterla fuori, che a pezzi e bocconi.
"La c'è pur troppo la vera cagione," diceva; "e son costretti a riconoscerla anche quelli che sostengono poi quell'altra così in aria... La neghino un poco, se possono, quella fatale congiunzione di Saturno con Giove. E quando mai s'è sentito dire che l'influenze si propaghino...? E lor signori mi vorranno negar l'influenze? Mi negheranno che ci sian degli astri? O mi vorranno dire che stian lassú a far nulla, come tante capocchie di spilli ficcati in un guancialino?... Ma quel che non mi può entrare, è di questi signori medici; confessare che ci troviamo sotto una congiunzione così maligna, e poi venirci a dire, con faccia tosta: non toccate qui, non toccate là, e sarete sicuri! Come se questo schivare il contatto materiale de' corpi terreni, potesse impedir l'effetto virtuale de' corpi celesti! E tanto affannarsi a bruciar de' cenci! Povera gente! brucerete Giove? brucerete Saturno?"
His fretus, vale a dire su questi bei fondamenti, non prese nessuna precauzione contro la peste; gli s'attaccò; andò a letto, a morire, come un eroe di Metastasio, prendendosela con le stelle.
E quella sua famosa libreria? E' forse ancora dispersa su per i
muriccioli".
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