MODELLO INGLESE E MODELLO VALTELLINESE

"Tutti sulle mura" - Il caso della SS. 36 - Il caso Fossati - Il piano della C.M. unica - Le calamità del 1983 e del 1987 e il resto - Oggi il modello é quello veronese - Esempi - Devolution del Ministro

"TUTTI SULLE
MURA"


La saggezza popolare ci ha tramandato il detto "Tutti sulle
mura", sintetizzando la priorità numero uno: se c'é un assedio
ogni bega, ogni divisione va lasciata da parte per impiegare
ogni energia a respingere gli attaccanti.

In provincia di Sondrio ci sono precedenti significativi di
applicazione di quello che può essere definito "il modello
inglese".

In Gran Bretagna, nei momenti difficili, la Regina convoca a
Buckingham Palace il Premier e il Leader dell'opposizione. 35/40
minuti di colloquio, e Labour e Toories, i due principali
Partiti, quelli storici, come in antico per le Olimpiadi cessano
ogni ostilità, ve ne fossero, e si marcia insieme. Magari, come
é successo, per mandare la flotta a fare una guerra a 20.000 Km
di distanza per alcune isolette, sorprendendo per primi gli
Argentini che mai e poi mai avrebbero pensato ad una cosa del
genere.


IL CASO DELLA
SS. 36


Nei primi anni settanta problema vitale per Valtellina e
Valchiavenna era la strada 36, tra Lecco e Colico. La SS. 38
verso Sondrio e oltre, o la 36 da Colico verso Chiavenna, erano
rose e fiori al confronto di quel terribile imbuto che era la
strada a lago, vecchia di un secolo e mezzo e sostanzialmente
immutata, salvo il traffico passato da pochi carri e da qualche
cavaliere ad un serpentone di auto e di veicoli pesanti.

La situazione politica vedeva la DC Partito di maggioranza
assoluta, alleata ai Partiti laici, con tutti gli altri come
alternativa secca e quindi con clima fortemente polemico. Ebbene questo non impedì di fare, su questo
problema, fronte comune, qui, a Milano, a Roma.


IL CASO
FOSSATI


Nel 1975 scoppiò a Sondrio la crisi del Fossati che con i quasi
2000 occupati era per la zona quel che la Fiat era per Torino.
La situazione politica era sostanzialmente la stessa di cui
sopra. Ebbene questo non impedì di fare, su questo problema,
fronte comune, qui, a Milano, a Roma, scrivendo una pagina
esemplare nella storia della provincia e riuscendo a Roma a fare
quello che non era stato possibile per altre situazioni analoghe
nel Paese..



IL PIANO DELLA C.M. UNICA


Sul finire degli anni settanta la Comunità Montana di Valtellina
si mise a predisporre il Piano Territoriale, univo vero
effettivo strumento di Governo (e di autonomia). Nell'assemblea
della Comunità la DC contava su oltre 130 dei 205 componenti
l'Assemblea, vero e proprio Parlamentino della Valle. Ebbene
questo non impedì di fare, su questo problema, fronte comune,
con una collaborazione effettiva che portò a predisporre il
miglior Piano mai realizzato in Italia, anche se poi imboscato
nel cassetto di un anonimo funzionario del Pirellone.

LE
CALAMITA' DEL 1983 E DEL 1987 E IL RESTO
Efficace e sentito
fronte comune nelle calamità del 1983, Tresenda ma non solo, e
del 1987.

In questi casi può certamente essere più comprensibile, come
viceversa sarebbe stato incomprensibile se ci si fosse divisi di
fronte ai lutti e alle rovine.

Ci sono però altri casi. L'esigenza di sintesi
ci ha portato a limitare al massimo gli esempi.

Quel che conta é richiamare alla memoria momenti della nostra
storia nei quali il modello valtellinese ha coinciso con quello
inglese.

OGGI IL
MODELLO E' QUELLO VERONESE
Oggi registriamo che se
si deve parlare di modelli, quello inglese risulta del tutto
sconosciuto. Occorre coniare un nuovo termine:
il modello veronese.

Di che si tratta? Del modello che ci viene dalla tradizione
letteraria, da Shakespeare, che scrisse pagine mirabili fondate
sì sull'amore di Giulietta e Romeo ma nello scenario delle
rispettive famiglie, Capuleti e Montecchi, in dissidio
permanente.

Non c'é un solo problema, e ne abbiamo di solidi sul tavolo, per
il quale valga il detto "Tutti sulle mura"

Su alcuni temi, fondamentali per lo sviluppo della provincia,
unire le forze
ci sembra che dovrebbe essere la priorità,
visto che é in gioco l'avvenire delle nuove generazioni.
Unire le forse, beninteso nel rispetto dei ruoli, senza
confusioni.
Unire le forze non significa consociativismo, perché se
si trattasse di trovare soluzioni di compromesso allora meglio
lasciar stare. Unire le forze invece per realizzare una sintesi,
al punto più alto possibile, questo sì.
Unire le forze, intendiamo, non solo sul piano politico,
ma anche se quello economico-finanziario e su quello sociale,
con l'alimento che la cultura di valle può dare. Una cultura che
pare dormiente, forse anche per difetto di occasioni e
indisponibilità di strumenti, ma che ha rilevanti potenzialità
che, ahimé, oggi rimangono tali.

Unire le forze significa anche che ogni valtellinese o valchiavennasco che abbia qualche idea, che abbia qualcosa da
dire, dia il suo contributo, in tutte le forme possibili,
partecipando alla vita della comunità, a qualsiasi iniziativa di
interesse generale che venga organizzata
.

In fin dei conti c'é anche, pur unica, un'eccezione al modello
veronese ed é quella registrata dai due consiglieri regionali
Bordoni e Tam. Per quanto di schieramenti opposti, ed entrambi
persone di carattere non certo inclini alle mezze misure, in
occasioni che contano si sono espressi in modi non molto
dissimili. Dimostrazione che si può pensarla del tutto
diversamente ma che ove vi siano posizioni possibili non
distanti l'interesse generale fa premio rispetto agli aspetti
politici e alle esigenze di schieramento.

ESEMPI

Sui mondiali di sci si discute, da troppo tempo - significativo che
abbiano pubblicamente preso in mano la penna al riguardo prima
l'A.D. del Credito Valtellinese Giovanni Decensi e poi il prof.
Alberto Quadrio Curzio - senza un'azione corale volta a superare
i problemi.

Del Piano Territoriale-Paesistico, formidabile strumento di autonomia se
fatto in chiave avanzata, nessuno parla, anzi nessuno sussurra
alcunché quasi che esso fosse una questione da appaltare ai
tecnici.

Sui rifiuti, tanto per cambiare, é bagarre. Questione di
tariffe. Non entriamo in argomento viste le polemiche che ci
sono, ma obiettivamente pagare più di quello che si potrebbe non
fa piacere a nessuno, sia delle maggioranze che delle minoranze.
Non tutto é però chiaro, e condizione prima per affrontare al
meglio il problema sarebbe di discuterne. Cominciando dalla
definizione, VERA, di quanti rifiuti ci stanno ancora a Saleggio.
CE NE STANNO TANTI, lo diamo per certo, e sarà inevitabile
accertarlo. E allora? Un passo indietro da parte di tutti
sarebbe la cosa migliore. Magari anche per
la soluzione definitiva a 170/180 £/kg, poco meno della metà di
quanto costa portare i rifiuti nel milanese.

Sulla prospettiva dell'Università a Sondalo si tace. Si può fare
o non fare ma la cosa peggiore é lasciare il problema nel
cassetto.

Sul problema dell'elettrosmog, e rischio di rilevanti
conseguenze per tantissimi valtellinesi e valchiavennaschi c'é
assordante silenzio.

E così via anche per altri importanti temi.

Perfino l'Autonomia é sparita dall'agenda, proprio nel momento
più propizio.

Non sarebbero temi su cui cercare almeno di unire le forze
o almeno di parlarne visto che nessuno ha l'esclusiva della
verità e dell'onniscienza, maggioranza o minoranza che sia?
Un'idea buona é idea di per sé non certo in funzione di chi la
esprime, e se c'é una buona idea perché non considerarla, da
qualsiasi parte venga?


DEVOLUTION DEL MINISTRO BOSSI E AUTONOMIA
Il Governo ha dato il
via alla devolution di Bossi.

Nella logica del modello inglese e non di quello veronese, chi
ha a cuore gli interessi della Valle e della nostra gente, che
sia leghista o che veda i leghisti come il fumo negli occhi,
c'é
un aspetto che tutti in provincia dovremmo vedere con favore.

Il progetto prevede un notevole ampliamento dei poteri delle
Regioni. Diciamo, in un certo senso, che se non le fa diventare
tutte come le Regioni a Statuto speciale, opera un grande
ravvicinamento. Orbene, noi abbiamo sempre lamentato la
concorrenza turistica del confinante Alto Adige, come della
valle d'Aosta proprio in virtù dei poteri speciali là esistenti
e dei soldi conseguentemente a disposizione.
La riduzione della forbice fra Regioni a Statuto speciale e
le altre può essere un vantaggio per noi.


In secondo luogo se lo Stato va a decentrare, innalzando
notevolmente il livello di autonomia delle Regioni, almeno noi
che siamo Regione alpina all'interno di una Regione che é quasi
Stato (basta dire che per popolazione é una volta e mezzo la
Svizzera), dobbiamo, contestualmente richiedere che da Milano si
ripeta vero la periferia il processo che si sta avviando da Roma
verso Milano. Naturalmente se pensiamo di essere in grado di
svolgere adeguatamente le funzioni di autogoverno. Dimostrandolo
però.

Ma su questo tema dell'autonomia, visto che in casa, nel nostro
giornale abbiamo fior di frecce al nostro arco per un patrimonio
di contributi, e iniziative, sul tema più di chiunque altro in
provincia, avremo occasioni, anche a breve, di tornare.
a.f.


14 XiI 01

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