Indegno attacco ai volontari del Soccorso Alpino
Daniela Rossi del Soccorso Alpino ci manda la lettera di risposta ufficiale della Presidenza del CNSAS (Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico) all'articolo comparso nei giorni scorsi sul quotidiano "La Stampa" del 4 gennaio 2015, dal titolo "Lavorare il meno possibile? Ecco come si fa" chiedendoci se possiamo pubblicarla. E come no? Noi ricordiamo ancora più di mezzo secolo fa, allora con i calzoni corti, la sede del Soccorso Alpino in Via Piazzi nel Palazzo Botterini. Quante volte vista animarsi di gente che attivava, anche di notte, si attrezzava e partiva perchè c'era qualcuno da andare a recuperare, possibilmente vivo, ovunque fosse, quale che fossero le condizioni metereologiche. E ricordiamo ancora quando 54 anni fa ci fu la richiesta di aiuto perchè gli svizzeri avevano chiuso le ricerche di un disperso in Engadina. I nostri andarono e ne trovarono il corpo dopo una settimana di ricerche a vasto raggio Era l'ing. Vanni Eigenmann al quale oggi è intestata l'omonima Fondazione per “Montagna Sicura”. Ne abbiano seguiti di eventi, dai Bettini bloccati giorni sul Bianco e sopravvissuti per la professionalità con la quale 'carezzavano' la montagna. Ne abbiamo, sia pure da lontano, seguiti tanti di casi, alcuni conclusi felicemente, altri no. E li abbiamo visti tante volte uscire mettendosi a repentaglio per andare a recuperare incoscienti, inesperti o anche infortunati.
Ma come si fa a scrivere in questo modo???!!!??? Osiamo sperare che il Direttore prenda personalmente in mano la questione, anche se, come ci sembra, l'autore del pezzo sia il capo della redazione romana del quotidiano torinese e se le cose sono come appaiono pubblichi la precisazione del Soccorso Alpino in grande evidenza e taglio assolutamente giornalistico ma quello spazio occupato lo faccia pagare al suo collaboratore e al titolista secondo le tariffe vigenti per la pubblicità.
L'articolo de “La Stampa”
Il Soccorso Alpino nel testo viene tirato in ballo con questa frase: “Permessi retribuiti anche quanti ricoprono il ruolo di volontari del Corpo nazionale del soccorso alpino e speleologico del Club alpino italiano nei giorni in cui svolgono operazioni o esercitazioni. “
Sembra un elemento di cronaca e basta ma in precedenza si legge: I recordman dell’assenteismo, i «furbetti» del permesso, oltre alle malattie «strategiche» hanno a disposizione una infinità di strumenti per evitare di presentarsi al lavoro e intascare ugualmente lo stipendio. Per effetto delle leggi e dei vari contratti di categoria sono almeno una decina le differenti tipologie di permessi retribuiti, tutte fondate su diritti sacrosanti, sia chiaro, su cui il lavoratore infedele volendo può «giocare».
Poi la cosa che ha fatto, giustamente, inalberare il Soccorso Alpino e il suioPresidente:
TITOLO: Lavorare il meno possibile? Ecco come si fa
SOTTOTITOLO: Alcune leggi e diversi contratti di categoria permettono di restare a casa e intascare regolarmente lo stipendio. Dal permesso retribuito per i volontari del soccorso speleologico a quello per chi fa il vaccino contro il tetano.
Permessi retribuiti anche quanti ricoprono il ruolo di volontari del Corpo nazionale del soccorso alpino e speleologico del Club alpino italiano nei giorni in cui svolgono operazioni o esercitazioni.
La relazione del Presidente del Soccorso Alpino
La lettera:
OGGETTO: Il Soccorso Alpino e Speleologico non ci sta! No alla generalizzazione
Richiesta di rettifica all’articolo de La Stampa, edizione online e cartacea del 4 gennaio 2015, dal titolo: “Lavorare il meno possibile? Ecco come si fa”, sommario “Alcune leggi e diversi contratti di categoria permettono di restare a casa e intascare regolarmente lo stipendio. Dal permesso retribuito per i volontari del soccorso speleologico a quello per il vaccino contro il tetano”.
Siamo restati attoniti e fortemente delusi che una testata nazionale – La Stampa – così importante nel novero di quelle del nostro paese e solitamente attenta a valutare in modo analitico fonti e fatti abbia preso un forte abbaglio, facendo di tutta un’erba un fascio, trasformando un legittimo articolo di approfondimento in un attacco indiscriminato ad una realtà, quella del Soccorso Alpino e Speleologico, che fa della professionalità, del rigore e della correttezza la sua carta d’identità.
Con l’articolo scritto in data 4 gennaio u.s., a firma del sig. Paolo Baroni (allegato), si è lasciato intendere in modo univoco, senza possibilità di esegesi complesse che il Volontario del CNSAS è colui il quale è portato a “lavorare il meno possibile e allo stesso è permesso di restare a casa e intascare regolarmente lo stipendio”.
E’ necessario senza alcun “se” e senza anche alcun “ma”, rigettare con forza quanto lasciato intendere dal sig. Paolo Baroni e distinguere con chiarezza il ruolo di chi, per prestare soccorso, mette a rischio in prima persona la propria vita, rubando tempo al citato “lavoro”, alla famiglia, agli affetti.
Ciò nella determinata volontà di recuperare la verità o, quantomeno, l’oggettività nella cronaca e di tutelare l’immagine del Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico che si è sentito diffamato dall’articolo in questione, leggero quanto superficiale, demagogico quanto destrutturato di qualsiasi riferimento al reale.
Nell’articolo si è voluto associare in modo indistinto, quindi, confuso, tutta una serie di soggetti che non possono essere considerati omogenei per definizione, per finalità d’istituto, per attività resa, per importanza, per attribuzioni, ecc.. Ma questo è tutto sommato l’aspetto meno importante.
L’aspetto saliente è, infatti, un altro, quello secondo il quale il Volontario del CNSAS si gioverebbe di benefici di legge per e l’astensione dai propri obblighi lavorativi e non già per aver corrisposto ai propri doveri cioè aver compiuto un intervento di soccorso o aver effettuato un’esercitazione a valenza regionale/nazionale, peraltro obbligatoria là ove prescritta da specifici piani formativi previsti ex lege.
Il sig. Paolo Baroni tralascia di ricordare chi è e cosa faccia il CNSAS e aggiunge in modo del tutto indebito atti/azioni non vere. E’ bene spazzare ogni ambiguità. Il CNSAS è obbligato ad ottemperare a precise disposizioni di legge e a protocolli imposti dal Servizio Sanitario Regionale, ovvero dai vari SS.UU.EE.MM. 118 che prevedono l’obbligatorietà dell’azione di soccorso. Cosa ben diversa dall’astenersi dal lavoro, accettando i benefici di chi non vuol lavorare.
La legge parla chiaro: il personale CNSAS “provvede in particolare, nell’ambito delle competenze attribuite al CAI dalla legge 26 gennaio 1963, n.91, e successive modificazioni, al soccorso degli infortunati, dei pericolanti e al recupero dei caduti nel territorio montano, nell’ambiente ipogeo e nelle zone impervie del territorio nazionale” (art. 1, comma 2 della Legge n. 74/01); oppure che il CNSAS viene individuato dalle Regioni e dalle Province Autonome di Trento e di Bolzano, quale soggetto “di riferimento esclusivo per l’attuazione del soccorso sanitario nel territorio montano ed in ambiente ipogeo” (art. 2 comma 2 della Legge n. 74/01).
Va da sé che, a fronte di questi doveri che sono svolti in scenari con tassi di rischio assolutamente rilevanti, doveri assai pesanti e soprattutto prolungati nel tempo, esiste al pari di altri soggetti, la facoltà di giovarsi di legittimi benefici che prevedono come recita la Legge n. 162/92, all'art. 1, che "i volontari del Corpo Nazionale del soccorso alpino e speleologico del Club Alpino Italiano (CAI) hanno diritto ad astenersi dal lavoro nei giorni in cui svolgono le operazioni di soccorso alpino e speleologico o le relative esercitazioni nonché nel giorno successivo ad operazioni di soccorso che si siano protratte per più di otto ore, ovvero oltre le ore 24".
Non si capisce perché un Volontario del CNSAS che effettua, anzi è costretto ad effettuare, numerosi interventi di media all’anno e altrettante esercitazioni, dopo che già offre il proprio tempo per garantire solidarietà reale, quindi misurabile con atti e numeri, possa essere anche solo lontanamente accusato di comportamenti fraudolenti o di sfruttare a livello personale fantomatici “regali” del legislatore.
L’articolo è stato ulteriormente pesante poiché non ha considerato che nel CNSAS, proprio a fronte dei migliaia di interventi effettuati solo nell’ultimo quinquennio (n. 31.527 missioni di soccorso per n. 33.343 soggetti soccorsi), vi sono stati Volontari che per la passione e l’impegno profuso con estremo senso del dovere, oltre ogni beneficio di legge o cavillo ad esso correlato, hanno perso la vita.
Preme, infatti, rammentare che, oltre alla Medaglia d’Oro conferita nel 1969 alla Direzione Nazionale del CNSAS e, successivamente, nel 2010, sempre con la medesima, oggettiva motivazione del “Valor Civile”, quei morti sono stati per fortuna riconosciuti dalla Repubblica Italiana, che ha conferito loro quella dignità che oggi sembra essersi già persa nella memoria distratta del giornalista estensore dell’articolo.
Sempre nel 2010 vennero conferite, una prima volta, 4 Medaglie d’Oro da parte del Presidente della Repubblica all’equipaggio dell’elicottero I – REMS caduto durante il servizio (Rio Gere – Cristallo – Cortina d’Ampezzo – Belluno) e che aveva tra i suoi membri del CNSAS, poi a distanza di qualche mese ancora 4 Medaglie d’Oro per il personale del CNSAS deceduto a causa di una valanga durante un’operazione di soccorso in notturna (Val Lasties – Pordoi – Trento)... infine nel 2012 ulteriori 2 Medaglie d’Oro al Valor Civile per il personale del CNSAS deceduto a causa di un crollo di una significativa porzione di roccia (ca. 4.000 mc) in un’operazione notturna di recupero di due alpinisti feriti (Pelmo – Borca di Cadore – Belluno).
Tutto ciò premesso,
considerata la legislazione di riferimento del CNSAS, ovvero gli obblighi ai quali il personale del CNSAS si sottopone, tra i quali l’obbligatorietà dell’azione di soccorso e quella di formarsi per aderire a quanto l’ordinamento dispone senza tema di smentite; rilevata la natura dell’articolo, diffamante il Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico e il personale che lo costituisce; rilevato, inoltre, il danno morale o e quello d’immagine arrecato allo stesso Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico; si richiede di rilasciare al fine di riparare a quanto subito, piena e completa intervista, di pari enfasi e spazio (moduli) a nome del Presidente Nazionale Piergiorgio Baldracco, effettuando così un’operazione di lealtà verso quella che dovrebbe essere la veridicità di quanto si scrive e pubblica.
Si ringrazia per la doverosa presa di coscienza e presa di immediata attenzione alla presente istanza, certi che il nostro atteggiamento e modus operandi sia quello più consono per poter ridare oggettività anche alla vostra stessa testata.
Distinti saluti. Torino, 5 gennaio 2015
IL PRESIDENTE NAZIONALE
(Piergiorgio Baldracco)