Un cumulo di macerie dopo il crollo del L.M. Torelli
Distrutto. Qualche colpo di maglio e il crollo. Così se ne è andato dopo decenni di onorato servizio – da molti anni era però già stato pensionato, tappate tutte le aperture – l'edificio adibito a casello ferroviario che un tempo presiedeva l'attiguo passaggio a livello allora via d'accesso alla polveriera sita quasi alla confluenza del Mallero in Adda.
Una lunga storia con tanti treni visti passare. Adesso che non aveva più niente da fare poteva divertirsi a contarli. Tra il primo, in arrivo dalla stazione di Sondrio intorno alle 4.35 e l'ultimo in arrivo da Milano intorno alle 22.20 ne passavano circa una sessantina al giorno. fra i regionali per e da Milano, i locali per e da Lecco, i merci con l'acqua della Levissima. Qualche modifica nei festivi e poi ogni tanto – fremito nostalgico – quelli storici della Ale 883, benemerita associazione valtellinese con il Paruscio alla guida che un fischio di saluto lo mandava. Veneranda l'età, certamente, ma non sappiamo se la sua costruzione sia stata contestuale a quella delle ferrovia. Il libro dello Scheffer non riporta cartoline della ferrovia per cui c'è da sperare che scartabellando le loro collezioni risolvano il quesito l'Antonio Del Felice ('Tunin dì Fèles') o la Maria Grazia Vigo. Fosse stato contestuale avrebbe avuto un primato che da Lecco fino all'estremo sud, ad est fino a Trieste ma anche con l'Orient Express fino a Costantinopoli e a ovest fino a Parigi e Berlino, e Barcellona, ed oltre, nessuno dei suoi confratelli e delle stazioni, avrebbe potuto, o può, vantare. Primi al mondo - grazie all'ingegner Kálmán Kandó e alla società costruttrice, la Ganz $C, ungherese – ad avere treni a trazione elettrica, corrente alternata trifase. Primi anche per il treno di gran lunga più lussuoso nella prima classe vero salotto, meglio ancora del citato Orient Express. Tutto questo oltre un secolo fa, per l'esattezza dal 1 settembre 1902. Un primato che nel 2014, ad un anno dall'Expo, chissà perchè non si vuol rivendicare con il richiamo che potrebbe avere per appassionati di ferrovie che si contano a decine di milioni.
Nei giorni scorsi i viaggiatori in transito hanno visto il forsennato sbattimento del grande martello demolitore e, colpo dopo colpo, alzarsi il cumulo di macerie. Hanno salutato l'agonia del casello la sessantina di treni al loro passaggio quotidiano.
Oltre un milione di treni
Una sessantina al giorno, quasi 2000 al mese, 24.000 all'anno. Più di un milione nel corso della sua vita, un numero che potrebbe anche salire quasi ai due milioni se la sua costruzione fosse stata contestuale al sottopasso di Via Ventina, al PL della Castellina (nei pressi del 'Ristorante La Fermata'), a quelli del Lungomallero Diaz (ruota pedonale), del Lungomallero Cadorna, appena chiuso, per l'Agneda (oggi tra le Vie Parolo e Maffei), di Via Adda (passaggio pedonale), di Via Bonfadini.
Sic transit gloria mundi? Beh utilizzare l'ammonimento che viene rivolto al Pontefice subito dopo la sua elezione è decisamente troppo. Per qualcuno, forse tanti, troppo è lo spazio che abbiamo dedicato a quella per per loro è semplicemente un'intrapresa edilizia. Non è così. Il casello è una parte di quel mondo nel quale siamo cresciuti e che vorremmo conservare pur sapendo che la ruota gira, che il tempo non si può fermare, che innovazioni incombono, che le generazioni nuove crescono. Si deve dunque guardare avanti. Certo, sennò si sbaglia, ma anche guardando avanti resti uno spazio non diciamo di malinconia ma almeno di abbandono ai ricordi che poi, capita a tutti, sono sempre i migliori a prevalere sulle spine.
Addio casello. Se tu avessi una mente e un cuore apprezzeresti questo modesto saluto con un virtuale alzabandiera e, a drappello schierato, l'onore delle armi.