100 anni, un terzo in Consiglio Comunale. Auguroni 'Umin'!
Ferdinando Dioli nacque il 6 marzo, un venerdì, di un anno tragico (il primo agosto 1914 scoppiava infatti la prima guerra mondiale) in una casa colonica, in mezzo alle vigne della Sassella, da Luigi Dioli e Maria De Bernardi. Il padre lavorava le vigne come mezzadro dei Polatti, la madre era casalinga. Luigi partecipò alla Grande Guerra e fu promosso, sul campo, Maresciallo aiutante di battaglia, per un’incredibile azione valorosa. Da civile, data la sua esperienza di viticoltura, il padre era diventato “maestro di potatura” della Cattedra ambulante.
Da bambino, Ferdinando ha sempre mostrato un carattere indipendente, “da grande”, per questo fu chiamato “l’Umin”, e cioè il piccolo che era già un uomo. Primo di cinque figli (lui e quattro sorelle) è sempre stato un punto di riferimento per la famiglia. Dopo la sesta elementare, una innovazione del Ministro valtellinese alla Pubblica Istruzione Credaro, si iscrive alle tre classi complementari e, a 15 anni, inizia a lavorare come “copista” per trascrivere gli atti in bella calligrafia presso la Conservatoria delle Ipoteche diretta dal Cav. Robustelli.
Pochi anni più tardi, dopo aver saputo che all’Inps s’era liberato un posto, chiede al Conservatore reggente di presentarlo al Direttore e così viene assunto presso l’Istituto di Previdenza Sociale. Vi rimarrà ininterrottamente (tranne la parentesi della Seconda guerra mondiale) sino alla messa a riposo.
Durante la leva militare entra nella Banda del 67° fanteria come suonatore di clarinetto, essendo stato membro della Banda di Sondrio diretta dal M° Brancaccio. Nel 1939 viene richiamato in fanteria e viene mandato a combattere in Albania sul fronte della Voiussa dove si salva sotto i bombardamenti degli inglesi e dei greci grazie alla sua agilità e al suo innato spirito di adattamento. Rientrato dai Balcani viene spedito sul fronte francese, nelle Alpi Marittime, dove la fanteria italiana mantiene le postazioni mentre i tedeschi sono nel Nord dell’Europa. Mandato quindi in Italia Meridionale per fronteggiare gli sbarchi degli anglo-americani, si trova di nuovo in mezzo al conflitto mentre viene firmato l’Armistizio, l’8 settembre 1943. Da quel momento combatterà con l’Esercito italiano a fianco degli Alleati nella Guerra di Liberazione, risalendo la Penisola. Partecipa ad una delle battaglie cruciali quando, al secondo assalto dopo aver lasciato sul terreno 30 morti, le truppe italiane conquistarono la postazione di Montelungo che domina la piana di Cassino. Da quel giorno il caporal maggiore Ferdinando Dioli, con tutti i suoi commilitoni, riceve il titolo di “cittadino onorario” di Montelungo, Sede comunale. A Piedimonte d’Alife, si iscrive quindi alla cellula del Partito comunista italiano. Dopo aver percorso tutta l’Italia con la divisa degli inglesi del Generale Montgomery, viene congedato a Brescia e raggiunge Sondrio nei giorni della Liberazione assieme ad altri valtellinesi.
Ritornato alla vita civile e al lavoro, nel 1949 sposa Giuseppina Facetti, insegnante elementare che lavora all’Inps come impiegata. Nel 1965 viene promosso, per meriti, “Ispettore di vigilanza” dell’Istituto, grazie anche alla sua conoscenza del dialetto locale in un momento in cui l’accento meridionale suscitava ancora diffidenza nella gente, riuscendo così a stabilire profondi rapporti umani colle persone che incontrava e che ancor oggi si ricordano di lui, da Madesimo a Livigno dove si recava a controllare i libri-paga delle imprese.
Nelle file del Partito comunista partecipa alle prime campagne elettorali comunali diventando consigliere negli anni ’50 e proseguendo quindi l’attività amministrativa con il Partito Socialista Italiano, insofferente per i metodi “stalinisti” della Federazione PCI di Sondrio. Stringe infatti una profonda amicizia coll’avv. Zappa, con Bassola e altri consiglieri “frazionisti” del PSI conducendo una battaglia serrata a favore di Triasso, Sant’Anna e della zona Ovest della città, durante il governo dei sindaci Schena, Venosta, Frizziero e Buzzetti. Tranne un mandato come consigliere provinciale, è stato il consigliere comunale con più presenze di tutta la storia del Comune di Sondrio. Ritiratosi a vita privata, non ha mai smesso di dedicarsi a lavori manuali che richiedono anche notevole forza fisica, nell’orto, nel giardino e nella baita di montagna, mantenendosi ancor oggi super-attivo in ogni momento della giornata. E’ il suo “elisir” di lunga vita. Socio dell’Associazione Amici degli Anziani, quasi ogni domenica raggiunge la Sede in automobile, senza problemi. L.d.P.
Nostra nota
Al testo di cui sopra desidero aggiungere qualcosa. Intanto per la verità non solo in auto ma lo si vede in giro anche in bicicletta o, passando da quelle parti, è capitato, persino su una pianta.
In Consiglio Comunale aveva un ruolo preciso, che si era dato pensando alla gente e ai suoi problemi, una sorta di loro 'sindacalista'. In primo piano i problemi di Triasso sui quali insisteva. E aveva ragione al punto che l'Amministrazione da me guidata non fece come spesso in presenza di più problemi capitava. Scelto il più serio, o il più facile da finanziare si diceva poi gli altri. Dopo un sopralluogo di Sindaco e assessore nello stesso pomeriggio la Giunta decideva di fare interventi sulla strada, per l'acquedotto e per la fognatura. Non c'era seduta consiliare nella quale non intervenisse su questo o quel problema, sempre documentato e mai polemico. Al di là delle appartenenze politiche il suo ruolo, come per altri colleghi, era quello di lavorare sui problemi, di discutere sui problemi, di portare a realizzazione nel modo migliore i problemi, Il più longevo “padre coscritto” - fino a non molto tempo fa questo era l'appellativo dei consiglieri che venivano chiamati a Palazzo Pretorio con i ritocchi delle campane – è riuscito finalmente ad essere maggioranza quando, 1982, i socialisti sono entrati in Giunta con DC, PSDI e PRI. Non è cambiato nulla perchè i problemi non hanno colore. Era all'opposizione ma aveva il rispetto, la stima, la considerazione per le tematiche che portava avanti. E lui, a sua volta, non indulgeva alla polemica quando gli si dimostrava che magari quel tal problema che lui portava avanti non era realizzabile, quantomeno in quel momento. Ne prendeva atto ma si faceva metaforicamente il nodo al fazzoletto e lo faceva al Sindaco o all'assessore.
100 anni, di cui circa un terzo al servizio della collettività.
Che dire? Auguroni 'Umin'!