Sondrio a teatro : 'Una Cena armena' e 'Alice undergroud'
Una cena armena
Teatro Don Vittorio Chiari delle grandi occasioni per l’ultima pièce teatrale di Paola Ponti per la regia di Danilo Nigrelli, “Una cena Armena”, presentata in un momento particolare dedicato al mondo del dolore collettivo di un popolo privato di qualsiasi diritto e dignità umana.Due grandi protagonisti come lo stesso Danilo Nigrelli e la deliziosa Rosa Diletta Rossi. Da una parte il cinquantenne Aram, figlio della diaspora del popolo armeno annientato dal popolo turco, burbero, austero, incattivito dalla vita, ossessionato però dalle tradizioni millenarie di una cucina per troppo tempo dimenticata, come le sue tradizioni, la sua storia. Dall’altra, la dolce Nina, una ragazzina sbarazzina e sognatrice, in cerca di se stessa. Essenziale la scenografia, vergata da coriandoli di luce e di sangue, rosso cupo come il muro su cui si staglia il protagonista maschile nel finale in una rituale danza popolare. E la narrazione va a scatti come un coltello serramanico che penetra nelle viscere con accanimento silenzioso, ma irrefrenabile, come la certezza di riscoprire infine le proprie origini proprio attorno al focolare. Attorno alla lievitazione subliminale di sapori e profumi di un’epoca dimenticata o messa sotto silenzio, chiusa ermeticamente nella stanza più buia della nostra coscienza. E il pubblico presente in sala ha mostrato di apprezzare a fondo lo sforzo narrativo di due personaggi che si cozzano con violenza, si scontrano con rabbia, si scrutano e si studiano con circospezione, eppure infondo, disperatamente si cercano aggrappandosi all’unico amaro fardello di antiche storie che rievocano un terribile genocidio di cui tutti sapevano, ma nessuno ha osato intervenire. Presente in sala la straordinaria testimone della cultura armena come la scrittrice Sonya Orfalian, anche lei figlia della diaspora del suo popolo che l’ha condotta prima in Libia e poi a Roma. Orfalian che rivendica il suo nome ispirato ad una vecchia città ormai sepolta nella polvere, l’armena Ulfa, ha ritrovato la sua storia, attraverso i mille racconti dei pochi sopravvissuti, ma soprattutto con il ritorno disperato ai sapori e agli odori della sua prima infanzia. Encomiabile la sua composta pacatezza con cui ha raccontato con un’altra grande esponente del popolo armeno, Antonia Arslan, le efferatezza e la brutalità di un annientamento sistematico della propria gente. Il testo teatrale di Danilo Nigrelli, infatti, prende molto dalle note bibliografiche della stessa Orfalian, consulente di rango in una pièce che ha fatto riflettere.
'Alice undergroud'
Un caleidosopico gioco di colori e di emozioni “Alice undergroud”, l’ultima fortunata pièce del Sondrio Teatro, liberamente ispirata al capolavoro di Lewis Carrol “Alice nel paese delle meraviglie”, da due maghi della tessitura scenica come Ferdinando Bruni e Francesco Frongia. Una meravigliosa macchina tridimensionale, proiezione onirica del mondo adolescenziale che si colora di splendidi acquerelli ispirati a Matisse e Van Gogh, che si animano scivolando oltre le quinte in un gioco di luci e sfumature in cui lo stesso spettatore è proiettato suo malgrado. E allora eccolo il libro aperto di “Alice nel paese delle meraviglie”, dove bazzicano il Bianconiglio in guanti bianchi, panciotto e tanto d’orologio e la perfida regina di cuori, il bruco e la lepre marzolina, il magico unicorno e il cappellaio più matto più d’un cavallo imbizzarrito, in un gioco di dimensioni gulliveriane dilatate o immicronite da pozioni e morsi di allucenogene muscarie che catapultano nell’immaginario di uno specchio distorto, in un mondo “underground”, sotterraneo come il sottobosco di una mente voltata a una follia immaginativa senza briglie. In scena lo smarrimento tipico dell’adolescenza di una straordinaria Elena Russo, innocente bambina incantata, mai incatramata da un labirinto infinito di proiezioni magiche in tutto si materializza con le nostre ansie, le nostre paure, ma anche i nostri più inconsci desideri. Di grande livello gli altri polintepreti, Ida Marinelli e Matteo de Mojana con lo stesso Ferdinando Bruni, che si sono divertiti da matti a occhieggiare da improbabili quinte a mezz’aria, stiracchiati tra le pieghe dei quadri animati. Ferdinando Bruni e Francesco Frongia si sono sbizzarriti alla grande a ricreare in una sorta di cartoon olografico il bisogno visionario di entrare nel cinemascope anamorfico dei grandi colossal holliwoodiani. Un tuffo tra meravigliosi acquerelli vivi, con piccole finestre aperte sull’infinito della nostra mente che si aprono e chiudono immergendoci in un mondo evanescente di forme e colori, proiezione di un inconscio mai stato così consapevole della propria difformità in uno spazio senza tempo. Un lunghissimo applauso del folto uditorio ha confermato il felice successo dello spettacolo. Lunedì prossimo 27 gennaio, alla stessa ora, al Don Vittorio Chiari “Una cena armena”, di Danilo Nigrelli che cade nel giorno della Memoria, che farà riflettere su un dramma sottaciuto o dimenticato del genocidio del popolo armeno.