La crisi insiste. La politica langue
Diversi studiosi, premi Nobel per l'economia, ed esperti di materie finanziarie, si stanno ormai apertamente dichiarando contro le misure di austerity adottate dall'Europa, quindi anche per l'Italia, imposte soprattutto dalla Germania.
Anche il nostro quotato e apprezzato accademico di casa, il professor Alberto Quadrio Curzio, non ha avuto tentennamenti nel sottolineare i rischi che una continuata politica di austerità può generare nel nostro sistema economico e produttivo.
Dice il professore: "Il rigore dei conti pubblici è giusto, ma quando è sul lungo periodo crea dei contraccolpi, aggravando la recessione. La domanda cade, continua l'economista, di contro aumenta la disoccupazione e quest'ultima si accompagna ad un crollo dei consumi. Si deve quindi spezzare questo circolo vizioso. Per la ripresa, ha auspicato il professore, necessita un atteggiamento più flessibile da parte dell'Europa. E l'Italia da parte sua deve prendere rilevanti decisioni tese alla riduzione del "cuneo fiscale e contributivo."
Un altro economista di pregio, Jean Paul Fitoussì, accademico di Francia e professore alla Università Luiss di Roma, in merito alla crisi in atto scrive:" Viviamo un'epoca nella quale l'etica sembra avere invaso tutto. La finanza è etica,le imprese adottano codici etici, il commercio è etico. Eppure il capitalismo sembra essere finito nel pallone. L'amore per il denaro, avrebbe detto Keines, lo ha condotto agli eccessi che conosciamo: retribuzioni stravaganti, rendimenti da sogno, esplosione dell'ineguaglianza e della miseria, degrado dell'ambiente. L'emergenza etica, forse è una reazione allo spettacolo desolante delle conseguenze di una economia che si è preoccupata di tutt'altro fuorché dell'etica."
Non c'è bisogno di scomodare Adamo Smith per affermare che l'autonomia dell'economia è una illusione, come la sua capacità di autoregolarsi. E se siamo arrivati al disastro di oggi è proprio perché si è creduto eccessivamente a questa illusione. Per restituire l'etica al capitalismo bisogna rompere con la dottrina del passato che ci ha portato alle turbolenze finanziarie di questi ultimi tempi.
Pure il Cardinale Bagnasco, presidente della CEI, è intervenuto recentemente sul tema dell'economia e della disoccupazione giovanile: "la lotta all'emergenza occupazionale è il criterio per giudicare qualunque urgenza e qualunque intervento efficace. E aggiunge il Cardinale: è il lavoro che deve presiedere in qualunque riflessione politica ad ogni livello, per dare risposte al disagio sociale diffuso, alla moltitudine di giovani che cercano e non trovano lavoro, a quanti l'hanno perduto. Una riflessione e un impegno viene richiesto, non solo al mondo politico, ma ognuno secondo i ruoli che ricopre nella società deve assumersi le proprie responsabilità: dal mondo imprenditoriale, alle banche , alle organizzazioni sociali." Quelle del Cardinale sono parole inequivocabili: c'è bisogno di cambiare rotta, bisogna mettere l'uomo al centro di ogni decisione.
Un altro guru delle scienze economiche, il professor Joseph Stiglitz (un economista inserito nelle istituzioni finanziarie internazionali) afferma che il Fondo Monetario Internazionale (FMI), non protegge le economie più deboli, nemmeno garantisce la stabilità del sistema economico globale, ma fa gli interessi del suo "maggiore azionista" (gli USA), a discapito di quelli delle Nazioni più povere. A loro volta i leader europei non hanno capito che il sistema adottato dall'Europa, ovvero quello di prestare denaro alle banche per salvare gli Stati e agli Stati per salvare le banche, non funziona. Stiglitz sostiene pure che la borsa ama spartire le perdite e privatizzare i guadagni creando non poche difficoltà ai leader politici. L'Europa ha punti di forza importanti sostiene l'economista, le sue debolezze odierne sono frutto principalmente di politiche e assetti istituzionali sbagliati. Cambiarli è possibile, ma solo se ci si renderà conto delle loro debolezze di fondo. I temporeggiamenti europei non potranno funzionare all'infinito. Il rischio, conclude Stiglitz, è quello di pregiudicare l'esistenza stessa dell'euro.
Infine un Premio Nobel per l'economia 2008, Paul Krugman, che ha approfondito i suoi studi e analisi sulle ragioni dell'accentuazione del divario tra le classi sociali, auspica l'attuazione di un altro New Deal da parte degli stati colpiti dalla crisi, partendo dagli Stati Uniti ed Europa compresa. Anche Krugman come Quadrio Curzio e altri, non condivide la politica di austerità praticata dall'Europa (e dall'Italia), ma propende e invita a fare una politica di riforme e di investimenti per rilanciare la crescita, non solo economica, ma sociale e morale, con uno sguardo lungo sul futuro.
La crisi ha messo in evidenza la responsabilità della cultura del riduzionismo economicista, che puntava sulla crescita dei Paesi avanzati solo attraverso l'ingegneria finanziaria e l'innovazione tecnologica. Occorre, invece, dare vita ad un nuovo modello di sviluppo economico. Nel senso che d'ora in poi dovremo muoverci dall'Homo aeconomicus come misura del successo (il reddito pro capite), a una visione multidimensionale, in cui contano anche altre componenti come la stabilità, la fraternità, la sostenibilità ambientale, la uguaglianza, il benessere, la felicità.
Una prima iniziativa in questa nuova direzione è la costruzione di indici di benessere, già avviate in diversi Paesi nel mondo (L'Italia in questo campo è all'avanguardia con l'indice Bes - Benessere equo e sostenibile) e da organizzazioni internazionali come l'OCSE. La seconda iniziativa richiede azioni di politica economica indirizzate a facilitare il raggiungimento di obiettivi multidimensionali. Tutto questo però, come hanno ricordato i nostri esperti, ha bisogno di istituzioni forti: Una amministrazione pubblica efficiente, una giustizia amministrativa che faccia rispettare i contratti, una efficace lotta alla corruzione e alla evasione fiscale e un'Europa più unitaria.
Valerio Dalle Grave