EDIFICI A "ENERGIA ZERO" ENTRO IL 2020 GRAZIE ALLE POMPE DI CALORE 2013aprile10.44
Una nuova generazione di impianti per la climatizzazione consentirà di contenere la fame di energia degli edifici entro il 2020, come richiesto dall'Europa. Si tratta delle pompe di calore, apparecchi ancora poco diffusi in Italia, che riscaldano d'inverno e rinfrescano d'estate usando fonti rinnovabili e riducendo consumi ed emissioni inquinanti. A fare il punto su questa tecnologia è una monografia presentata dagli esperti di Rse - Ricerca sul sistema energetico - al palazzo Lombardia di Milano alla presenza del neo assessore regionale all'Ambiente, energia e sviluppo sostenibile Claudia Terzi.
"Questi apparecchi prelevano il calore da una sorgente a bassa temperatura, lo rigenerano e lo riversano in un pozzo a temperatura maggiore", spiega Walter Grattieri, vice direttore del dipartimento Sviluppo sistemi energetici di Rse. In inverno, per esempio, la macchina può prelevare calore a bassa temperatura dall'aria esterna e, con un piccolo input energetico dato dall'elettricità o dal gas, trasformarlo in energia a temperatura più alta che viene immessa nella casa per riscaldare. D'estate avviene il contrario: la pompa preleva il calore dall'interno dell'edificio, lo rigenera a una temperatura più alta, e lo riversa all'esterno.
"Bisogna però saper scegliere la pompa di calore più adatta per massimizzare l'efficienza e risparmiare davvero - avverte Stefano Besseghini, ad di Rse. - Per questo lanciamo una guida, rivolta non solo ai tecnici, che vuole essere un supporto all'uso corretto della tecnologia".
Una recente direttiva europea ha fissato per il 2020 l'obiettivo "energia quasi zero" per tutti gli edifici ristrutturati o di nuova costruzione. Secondo le stime di Rse, in quell'anno l'Italia consumerà 130 mtep di energia. In uno scenario di sviluppo efficiente, gli edifici richiederanno il 32% di quella quota, di cui il 19% per la climatizzazione. Per riscaldare e raffrescare le nostre case serviranno mille megawatt in più ogni anno da qui al 2030.
L'impegno che il nostro paese ha preso in sede europea prevede l'utilizzo del 13% di energie rinnovabili da pompe di calore, su 22.600 ktep, entro il 2020.
"Conosco l'utilità di questa tecnologia grazie all'attività di sindaco del comune di Dalmine, in provincia di Bergamo", afferma l'assessore Terzi. "Nel processo di riqualificazione degli immobili comunali in ottica smart abbiamo utilizzato le pompe di calore - conferma. - Mi impegno a sostenere la tecnologia verde anche in questa mia nuova veste".
Secondo gli esperti di Rse, gli ostacoli da rimuovere per una diffusione più ampia delle pompe di calore rimangono le tariffe elettriche non favorevoli e gli alti costi iniziali d'installazione. "Barriere che abitualmente scendono nel momento in cui la tecnologia diventa d'uso comune", assicura Grattieri.
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BANCA D'ITALIA, I DANNI INDIRETTI DEI RISCHI IDROGEOLOGICI COSTANO 2,7 MILIARDI L'ANNO
Mentre si celebra la Giornata dell'acqua e "l'oro blu" diventa una chiave di volta delle economie, anche la cattiva gestione delle aree a vulnerabilità idrogeologica diventa un fattore che pesa sui conti del paese. Ogni anno sull'economia italiana "i danni diretti legati al rischio idrogeologico pesano in media per oltre 2,7 miliardi di euro". Cifra che "potrebbe raddoppiare" se si calcolassero anche "i danni indiretti" derivati da frane e alluvioni in territori con scarsa manutenzione dei corsi d'acqua, senza presidi o soggetti ad un eccesso consumo di suolo da parte dell'uomo.
Sono queste le prime valutazioni di uno studio della Banca d'Italia, presentato nei giorni scorsi al brain storm "Calamità idrogeologiche: aspetti economici", promosso a Roma dall'Accademia dei Lincei, in occasione della Giornata Mondiale dell'Acqua. "Il danno economico di calamità idrogeologiche nel nostro Paese è pari a 2,75 miliardi di euro l'anno (valori 2009), di cui 1,6 miliardi di euro l'anno in media per danni al patrimonio immobiliare, 1 miliardo per danni a infrastrutture come strade, scuole, ponti o caserme", ha spiegato all'Adnkronos il ricercatore della Banca d'Italia Ivan Faiella, del Servizio Studi di struttura economica e finanziaria.
Va poi tenuto presente anche l'incalcolabile perdita di una vita umana, che pure ha suo "valore economico". "I rimanenti 150 milioni di euro sono infatti - spiega ancora Faiella - il cosiddetto valore statistico della perdita di 50 vite umane, un valore che tiene conto anche, ma non solo, della produttività di una persona". "La cifra complessiva di 2,75 miliardi è un dato sicuramente sottostimato - avverte Faiella - perché nel nostro studio, ancora in corso, abbiamo considerato per ora solo i danni diretti e non quelli indiretti che colpiscono le famiglie o le imprese in termini di perdita di produttività".
"In base a questi calcoli - prosegue l'esperto di Bankitalia - si valuta quindi che le risorse destinate alla prevenzione, in media 400 milioni l'anno negli ultimi venti anni, sono insufficienti e comunque inferiori a quanto investito per il ripristino delle aree colpite da queste calamità". Il centro studi di Bankitalia valuta quindi urgente un'analisi più di dettaglio tra costi e benefici della prevenzione.
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