Difendo Saddam, ecco perché

Riceviamo e pubblichiamo non senza una
nota introduttiva.


Ci vuole un bel fegato a scrivere un articolo dal titolo
“Difendo Saddam” ma forse ce ne vuole di più a pubblicarlo
finendo sul libro nero, visto che, come ha detto il Vescovo
Maggiolini, “se vinceranno gli americani saranno tutti
filo-americani”.

Noi però non siamo ondivaghi perché il tempo è galantuomo:
censura chi si piega all’opportunità e al tornaconto a scapito
della coerenza e premia chi antepone a tutto la legge della
coscienza.

Ci verrà sicuramente revocato l’invito a presentare negli Stati
Uniti “La Gazzetta di Sondrio”. Se poi questo venisse mantenuto,
per una indubbia forza che hanno le Istituzioni culturali negli
USA, ci verrà sicuramente negato il visto (saremo in buona
compagnia: è stata annullata la visita del futuro re dello Stato
alleato, Carlo d’Inghilterra, in quanto contrario alla guerra…).
Ci spiace dopo tale invito, arrivato a sorpresa e corredato di
lauto “rimborso-spese”, dover rinunciare, ma dispiacerebbe di
più, per mantenerlo rinunciare a quello che è sempre stato il
principio-base in tutti i giornali che abbiamo diretto: avere
una linea precisa, ma dare spazio al confronto di tutte le
opinioni. Liberamente, al più, come stiamo facendo, con una nota
esplicativa delle ragioni per cui si pubblica.

Non siamo ondivaghi, dicevamo. Al tempo della Guerra del Golfo
abbiamo pubblicato nella prima pagina del giornale più
stradiffuso in provincia di Sondrio le foto dei tre grandi
criminali della storia: Hitler, Stalin, Saddam
e le foto,
crude ma indispensabili in quel momento, di madri e bimbi curdi
vittime dei gas del Rais. Non abbiamo cambiato opinione.

Abbiamo recentemente tacciato di “democraticamente abominevole”,
il minimo che si potesse dire, l’affermazione del sign. Epifani
“né con Saddam né con Bush”. Non abbiamo cambiato opinione
rispetto a quando abbiamo scritto al sign. Alberto Moravia che
aveva proclamato “né con lo Stato né con le Brigate Rosse” che
si trattava di una affermazione e di una posizione “da relitto
senile di un tempo che fu”.

Non siamo ondivaghi. Abbiamo scritto che nonostante il
fortissimo dissenso per questa guerra “d’invasione” e non “di
liberazione” eravamo e siamo amici degli americani. Gli amici ci
sono per dire, anzi per dover dire, anche le cose più
spiacevoli. Se le dice un avversario, o anche un indifferente,
possono essere strumentali.

Ed ecco perché pubblichiamo anche questa voce, dichiaratamente
provocatoria ma certo eccessivamente tale e, sia consentito, con
una conclusione, seppure anche questa provocatoria, impossibile
ad accettarsi proprio per le stesse, giuste, ragioni enunciate
all'inizio dell'articolo.. Chi dissente, magari anche chi si
scandalizza, prenda carta e penna – metaforicamente – e scriva.
Pubblicheremo.

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Mi fanno ridere, i cosiddetti “oppositori alla guerra in Iraq”
che, allo stesso tempo, in pubblico o in privato, per non
sporcare il perbenismo delle loro “candide coscienze”, si
riempiono la bocca di “se”, di “ma” e di “però”… nonché dei
soliti, monotoni, ipocriti e contorsionistici “distinguo”!

Provocazioni. Difendo Saddam, ecco perché, di Alberto B.
Mariantoni


Chi difende l’Iraq di Saddam Hussein, oggi, non difende affatto
un uomo, una fazione o un regime…


Non difende assolutamente le brutture o le storture di una
dittatura politico-militare che dai suoi esordi al 1990 – non
dimentichiamolo – è stata successivamente voluta, favorita,
installata e mantenuta al potere a Baghdad (nonché,
esponenzialmente armata, tecnologicamente potenziata e
politicamente e diplomaticamente “coccolata”…), dalle stesse
“immacolate concezioni” che pretendono, oggi, di combatterla e
cancellarla dalla faccia della Terra, in nome del “diritto”, dei
“principi” e della “morale” (traducete: gli abituali interessi
monopolistici e mercantilistici di Washington e di Londra!).


Non difende in nessuna maniera un sistema poliziesco che per più
di 25 anni – “tecnicamente” consigliato e puntualmente istruito,
sostenuto e coadiuvato dagli “esperti” delle suddette capitali –
ha sparso il terrore a piene mani tra la sua stessa popolazione
e tenuto il proprio paese con l’inflessibile ed implacabile
“mano di ferro” che tutti gli conosciamo.

Non difende in nessun modo la ‘takritiana’ e nepotistica cosca
di “figli di buona donna” che si è sproporzionatamente
“incrostata” al potere in quel Paese e che ha assunto, nel tempo
- grazie pure al “disinteressato” concorso delle suddette “facce
di bronzo” che pretendono oggi di accusarla, aborrirla e
criminalizzarla – la notorietà pubblica e la credibilità
politica che attualmente tutti gli attribuiscono.


Chi difende l’Iraq di Saddam Hussein, oggi, difende
semplicemente l’inalienabile e sacrosanto diritto dei
popoli-nazione del mondo a disporre di loro stessi, della loro
terra, delle loro ricchezze e del loro destino.


Non dimentichiamo, inoltre, che chi difende attualmente l’Iraq
di Saddam Hussein, contribuisce soprattutto a smascherare
definitivamente i peggiori “pendagli da forca” che mai siano
esistiti nella corso della storia umana: quelli, in particolare,
che – nel loro recente e, fino ad ora, opportunamente taciuto
passato – non hanno affatto esitato, per dare sfogo al loro
personale o collettivo egoismo e/o appagare le loro indicibili
avidità ed spregevoli bramosie, a sterminare qualcosa come 85
Nazioni Pellerossa in America del Nord, la quasi totalità degli
Aborigeni dell’Australia e della Nuova Zelanda (che venivano
“sportivamente” inseguiti, braccati a cavallo e sparati a vista
dai coloni britannici, semplicemente per svago o passatempo, o
per alimentare la loro irrefrenabile passione per l’hobby della
“caccia alla volpe”, animale, in quell’epoca, praticamente
inesistente in quelle regioni!), nonché (fino ad ora…) qualche
milione… d’Afgani, d’Indiani, d’Africani, d’Asiatici, e di
Latino Americani!


Se qualcuno, infatti, lo avesse dimenticato, gli attuali
aspiranti “liberatori” dell’Iraq, discendono in linea diretta da
coloro che, nei secoli scorsi, rimisero in voga ed alimentarono
a più non posso la “pirateria marittima” e favorirono e
svilupparono largamente la “razzia” dei popoli del continente
africano e la “tratta degli schiavi”; che scatenarono diverse
“guerre dell’oppio” in Cina (tra il 1833 ed il 1860); che
imposero, all’allora Terzo mondo, l’abominevole politica dei
famosi “Trattati ineguali” e delle altrettanto ignobilmente
celebri “Capitolazioni”; che frazionarono e divisero ad usum
delphini il Vicino-Oriente, l’Africa e l’Asia (senza per niente
tenere conto delle realtà etniche, culturali, religiose e
storiche di quelle regioni); che inventarono il “colonialismo”
(oppressore, sfruttatore e rapinatore!) moderno, i primi “campi
di concentramento” del mondo e la “pulizia etnica”; che
decretarono e diffusero la “segregazione razziale” (negli Usa, è
rimasta in vigore fino al 1964!) e l’apartheid (in Sud Africa, è
stata legale fino a qualche anno fa!).


Questo, naturalmente, senza contare che tra i suddetti aspiranti
“liberatori” di oggi, ci sono senz’altro i figli, i nipoti o i
pronipoti dei “liberatori” di ieri: di coloro, cioè, che hanno
impunemente aizzato due Guerre mondiali, direttamente o
indirettamente provocato all’incirca 54 milioni di morti ed
impiegato militarmente (gli unici, fino ad ora, nella storia
dell’umanità!) ben due bombe atomiche, nonché milioni di ordigni
al fosforo, al napalm, alla diossina ed all’uranio (impoverito?)
sui centri abitati e le popolazioni civili; oppure, di coloro
che hanno ipotizzato la sterilizzazione terapeutica di intere
nazioni, fatto morire di fame e di stenti milioni di prigionieri
di guerra, elevato la menzogna di Stato, la produzione e lo
spaccio della droga, il traffico delle armi, la corruzione, il
ricatto, l’estorsione, il taglieggiamento e l’assassinio
politico, al rango di usuali ed accettabili procedure di
politica estera! Et, j’en passe…


Questi “illustri signori” di nobile schiatta, dunque, sarebbero
coloro che, in questo momento, in Iraq, starebbero ufficialmente
sacrificando le loro vite (sic!) e sciupando il loro denaro
(ari-sic!), per salvare il mondo dal terrorismo? Sarebbero
quelli che vorrebbero regalare la “libertà” e la “democrazia”
(come se la libertà e la democrazia fossero dei “prêt-à-porter”,
oppure dei semplici “pacchi dono” o delle volgari “strenne
natalizie”!) a quelle stesse popolazioni (Curdi e Shi‘ti
inclusi!) a cui ieri, non solo hanno largamente contribuito a
sottrargliele e a confiscagliele (tanto per tenere bene a mente
gli altri “regali” che i suddetti “gentleman” hanno già fatto
all’Iraq, ricordiamo: gli “Accordi Sykes-Picot” del 1916;
l’Armistizio di Mudros imposto alla Turchia nel 1918 ed il
tradimento delle speranze Curde a proposito di un loro possibile
Stato nazionale; il Mandato britannico del 1920 e
l’intronizzazione di Feysal I°, nel 1923; l’invasione inglese
dell’Iraq, per spodestare il governo nazionalista di Rashid ‘Ali
al-Ghaylâni, nel 1941 e l’imposizione a questo paese, fino al
1956, di due servi fedeli del colonialismo inglese, il famoso
Reggente ‘Abdallah - zio dell’ancora giovane Feysal II° - ed il
suo Primo Ministro Nuri es-Sa‘id; il protettorato militare di
Londra su quelle regioni, tra il 1941 ed il 1956; il “Patto di
Baghdad” imposto all’Iraq, dagli Usa, nel 1955; la “man bassa”
sulle ricchezze petrolifere del paese da parte delle Compagnie
anglo-americane; ecc.) ma addirittura, attivamente trescato ed
operato nel tempo (come nel caso dei successivi tradimenti
statunitensi nei confronti dei Curdi, nel 1966, nel 1970, nel
1979, nel 1985, nel 1991; e degli Shi‘ti, nel 1991) affinché
fossero loro, ogni volta, sistematicamente negate e
misconosciute? (Situazione, d’altronde, che per i poveri stolti
Curdi ed i sempre calpestati Shi‘ti dell’Iraq, si ripeterà
senz’altro immancabilmente, per l’ennesima volta, anche alla
fine di questa guerra…).


Ecco, allora, il motivo essenziale dell’appoggio incondizionato
all’Iraq ed ai suoi attuali dirigenti, da parte di coloro che
continuano ad affermare (solo a parole?) o pretendono
concretamente opporsi all’espansionismo militare, al
neo-colonialismo ed alla prepotenza ed all’arroganza
dell’imperialismo mercantile di Washington e di Londra nel
mondo.


Fosse pure il peggiore dei regimi della Terra, oggi più che mai,
infatti, è necessario prendere posizione e schierarsi - senza
“se”… “ma”… o “però”… - a fianco di Saddam Hussein e del suo
regime, nonché appoggiare e sostenere l’eroica lotta del suo
esercito e del suo popolo contro gli aggressori/invasori
americano-britannici, per il semplice motivo che, in Iraq, in
questo momento, sono i principî stessi della libertà,
dell’indipendenza, dell’autodeterminazione e della sovranità
politica, economica, culturale e militare dell’insieme dei
Popoli e delle Nazioni del mondo che sono in gioco!


Bisogna rendersi conto, infatti, che se oggi si accetta
supinamente di permettere agli Usa ed all’UK di continuare
impunemente ad aggredire e ad occupare il suolo iracheno e,
contemporaneamente, si tollera che l’attuale governo di quel
paese sia spodestato manu militari e sostituito ad hoc con un
altro (debitamente formato e composto da “bene accetti” ed
“addomesticati bambocci” al servizio degli indicibili interessi
anglo-americani), domani nessun altro popolo e nessun’altra
nazione del mondo potranno più considerarsi effettivamente
liberi, indipendenti e sovrani.


Non lo potranno più, in quanto, le loro stesse libertà,
indipendenza, autodeterminazione e sovranità politica,
economica, culturale e militare, oltre a diventare praticamente
ipotetiche e provvisorie, dipenderanno fatalmente dagli
interessi del momento e, quindi, dal placet strumentale o
dall’agreement circostanziale degli sceriffi di Washington e di
Londra che – come sappiamo - sono costantemente al soldo delle
alterne e variabili vicende economiche delle compagnie
petrolifere e del complesso militare-industriale del loro paese
e della finanza cosmopolita internazionale.

(mercoledì 26 marzo 2003)
Alberto B. Mariantoni




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Alberto B. Mariantoni
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