L'INTEGRAZIONE DI LÀ DA VENIRE… MA VERRÀ.(PADIGLIONE ALBANESE, BIENNALE DI ARTI VISIVE 2011). DIBATTITO CON ANILA RUBIKU 11 6 20 43-

Alcuni giorni fa a Roma è stato pubblicato il Rapporto Italiani nel mondo della Cei/Migrantes. Il Capo dello Stato ha invitato tutti - con calorose e caldi parole - ad essere accoglienti e solidali con quanti vengono da altre patrie e di non "dimenticare" di rafforzare quell'antica attitudine all'accoglienza, all'asilo e alla solidarietà che appartiene ai valori autentici del nostro popolo, perché l'abbandono della propria terra è sempre una scelta aspra e dolorosa". Ma non si tratta di solo accoglienza. Qui si parla di "integrazione", cioè di quella capacità di interagire tra persone di diversa provenienza geografica che vogliono vivere in pace assieme, lavorando e sudando- giorno dopo giorno- magari scambiandosi confidenze, sorrisi, arti e mestieri che arricchiscono e fanno più bello il nostro cammino su questo pianeta straordinario, seppure malmesso. Potremmo citare mille e mille iniziative che si svolgono dal Nord al Sud dell'Italia che dialogano- dati alla mano - come il problema dell'integrazione non sia, ad esempio, né una questione di "educazione alla legalità" né di "importazione di manodopera", ma prima di tutto il rispettare l'umanità dei nostri simili, cominciando dai figli di immigrati nati in Italia, i quali vivono come una sofferenza grandissima il dover seguire procedure complicate per avere una cittadinanza che già sentono propria, ed in secondo luogo di concepire l'Italia come fortezza assediata o come popolo di mare, aperto ed accogliente. Facilitare l'integrazione solo con la legge non basta: necessita - prima di tutto - uno sguardo d'amore e non di paura. Le visioni per le quali l'immigrato è buono perché lo paghiamo poco o perché fa quel che non ci piace fare, sono semplicemente insufficienti a motivare all'integrazione i nostri concittadini. È necessario riconoscere e proporre il diniego delle proprie pulsioni naturali verso la paura del diverso come un atto di dolcezza verso gli altri e non come un obbligo da rispettare controvoglia per fini economici. Uno dei passaggi fondamentali è diffondere ed impiegare sempre di più l'espressione "nuovi italiani" motiva i nostri concittadini al rispetto, ma anche far sentire a casa quei 900mila figli di immigrati che dovranno scegliere se costruire in Italia la loro felicità integrandosi e prendendo cittadinanza, fenomeno che deve essere incoraggiato, o costruire focolai di rivolte e criminalità ghettizzandosi. È proprio sulle dinamiche psicologiche, dunque, che si gioca la partita del futuro delle nostre periferie e il nostro tentativo di non ripetere i fallimenti che altri Paesi europei hanno sperimentato nel tentativo di integrare. Non possono essere tuttavia solo il cambio di mentalità, il mutamento di linguaggio e l'agevolazione all'ottenimento della cittadinanza a risolvere il problema dell'integrazione al meglio. Occorrono tante piccole azioni per cambiare le cose. Noi ve ne proponiamo una.

54.a Biennale delle Arti Visive di Venezia - Padiglione Albania.

In occasione della 54.a Biennale dell'Arte di Venezia, quest'anno anche l'Albania ha avuto un suo Padiglione curato dal professor Riccardo Caldura.

Questo si trova all'isola della Giudecca dove sono messi a disposizione del pubblico le opere di 5 artisti albanesi che hanno collaborato assieme e hanno fatto sì che anche quest'anno questo piccolo Paese venisse rappresentato.

Gli artisti invitati sono: Anila Rubiku, Orion Shima, Gentian Shkurti, Eltjon Valle e Driant Zeneli. Essi vivono sia in Italia che all'estero (soprattutto in Italia) mantenendo però stretti contatti con il Paese di origine.

La mostra è chiamata Geopatie, parola composta da due parole greche: GÈA (terra) e PÀTHOS (passione, affetto) .

Il titolo evidenzia la stretta relazione tra l'opera d'arte e il contesto geografico, sociale e storico mostrando la diversità e la condizione di chi è alla ricerca di una nuova identità.

L'artista della quale si parla in modo particolare è Anila Rubiku, conosciuta a livello internazionale per le sue opere a temi contemporanei che comprendono disegni ed installazioni.

Anila Rubiku ha una sua sala nel Padiglione dell'Albania dove presenta una installazione divisa in 2 parti che affronta un tema attuale e molto interessante, quello del complicato processo dell'integrazione culturale.

Il nome dell'opera è "Hats Protect Ideas" che è composta da 60 cappelli in feltro da uomo ricamati a mano da donne di diverse nazioni, immigrate in Italia e che vivono qui da moltissimo tempo. I ricami consistono in frasi emblematiche e disegni attraverso le quali le donne straniere raccontano le difficoltà che hanno incontrato durante l'inserimento in una nuova società e l'ottenimento di una nuova cittadinanza.

Ogni cappello di questa installazione racconta la storia di queste donne straniere e anche quella dell'artista che hanno abbandonato il proprio Paese in cerca di una vita migliore e hanno dovuto affrontare ostacoli lungo il loro cammino. I cappelli sono quelli da usare in pubblico e non portato per proteggere la testa quanto per esibire la testa. Il cappello è la superficie dove affiorano i pensieri e le immaginazioni della persona che lo indossa.

Nonostante siano 60 storie diverse, insieme diventano voci di un racconto corale in tema di identità.

Sopra i cappelli sono appesi 90 appendi abiti. Ogni appendiabito contiene una lettera e compone una frase. Essi sono l'esplicito richiamo all'abito, a quello che indossiamo per essere parte della società nella quale viviamo. Appendere l'abito indica il gesto molto concreto e quotidiano dello spogliarsi dell'identità che indossiamo nell'ambito pubblico della nostra relazione con gli altri. Tutti noi indossiamo una maschera come dice Pirandello, in questo caso Anila ci propone lo stesso concetto. Chi ha lasciato la propria patria e si trova in un altro paese, è forzato ad indossare un altro abito, cioè a conformarsi ad una nuova condizione, in qualche modo ad uniformarsi, o vivere spesso un deludente processo di trasformazione per integrarsi. Gli appendiabiti sono fatti apposta per i pantaloni da uomo e sembra che cadono da un lato. Ogni lettera sopra è stata incisa a mano.

La frase che viene composta da questi appendi abiti è:

"The person who disowns his own language in order to adopt a different one changes identity and disillusions".

Questo è un messaggio legato al tema dell'identità, alle persone che lasciano il proprio Paese per motivi volontari o non volontari. Significa "Amare le differenze, non solo quelle economiche ma anche quelle culturali".

Domande & Risposte all'artista Anila Rubiku

Ma prima vi presento l'antefatto.

Gentile Anila,

sono una giornalista di varie testate in Internet: www.gazzettadisondrio.it; www.Lideale.Info.it ; www.rivistadipedagogiareligiosa.org e mi piacerebbe che rispondesse ad alcune domande sul perché e per quali motivi, ha portato al Padiglione albanese (Giudecca - Venezia) i suoi originali lavori.

Le sue risposte faranno parte di una "tesina" sull'arte albanese di una ragazza - anch'essa albanese che vive con la sua famiglia poco lontano da casa mia che dovrà iniziare gli esami di maturità il prossimo 22 giugno. Fjorda è integrata perfettamente nel tessuto culturale dell'Italia. La sua famiglia é splendida e - penso - che se tutti gli albanesi fossero stati come loro, non avremmo mai e poi mai avuto dei "sospetti" sul loro comportamento. Mi auguro che voglia aiutare questa sua connazionale e già rispettosa italiana per darle la maniera di presentare alla Commissione esaminatrice un lavoro che offra anche a loro, una visione diversa della vostra Albania. Voglio augurarle tanto successo (le sue risposte faranno parte del servizio che scriverò per i miei giornali e che poi le invierò) e che sia felice di essere in Italia, senza dimenticare le sue radici.

Con viva cordialità, aspettando prestissimo le sue risposte che girerò a Fjorda,

Maria de Falco Marotta

DOMANDE E RISPOSTE:

Maria de Falco Marotta: Per una strana combinazione, la Biennale d'arti visive 2011 ha il titolo ILLUMI nazioni, volendo significare che la luce artistica, quella che ispira uomini e donne ovunque risiedono, é qualcosa che ci accomuna tutti?

- Anila Rubiku: Questo è solo un titolo. Un bellissimo titolo per una biennale.

L'arte ha sempre avuto la possibilità di vedere il mondo e la vita in modo libero e creativo- da un altro punto di vista.

L'arte prende spunti dalla vita e interpreta essa con una luce tutta sua.

Maria de Falco Marotta: Anche la Mostra di Palazzo Grassi ha un titolo bellissimo: "Il mondo vi appartiene". Pensa che sia proprio così? Quali- invece- le difficoltà che ancora dobbiamo superare per integrarci davvero?

- Anila Rubiku: Se capiamo e accettiamo le differenze - forse - possiamo vivere meglio e questo è un passo verso l'integrazione. "Il mondo vi appartiene" è un altro titolo molto bello.

Maria de Falco Marotta: Lei ha esposto 60 cappelli di feltro, dipinti, ricamati, da altrettante donne straniere che vivono in Italia, per far conoscere quanto sia dura la vita di chi cerca di superare le barriere che ancora dividono popoli da altri popoli. Quali difficoltà ha dovuto superare Lei come albanese, donna ed artista?

- Anila Rubiku: Molte difficoltà come donna & come artista donna, moltissime come donna albanese che vive in Italia.

In uno dei miei capelli è ricamato una frase che accompagna un disegno:

"Everybody I met in those years asked me if I came with a boat like all the Albanians arrived in Italy.

My only fault was being in Italy. It was OK for me to become a prostitute but not an Artist."

Maria de Falco Marotta: Che cosa direbbe ad una ragazza albanese per cercare di non soffermarsi alle diffidenze che- purtroppo- ancora esistono tra gli italiani verso la sua terra?

- Anila Rubiku: Il mondo è molto grande. Il tempo passa velocemente e le cose cambiano con essa. I difetti di oggi sono dei grandissimi pregi domani. E' importante credere in se stessi.

Maria de Falco Marotta: Oltre all'arte, cosa pensa che possa integrare le genti, affinché si ricordino di appartenere alla stessa umanità?

- Anila Rubiku: Amare le differenze.


Chi é.

- Anila Rubiku è nata a Durazzo nel 1970.

Nel 1994 si è diplomata presso l'Accademia di Belle Arti di Tirana e subito dopo si è trasferita in Italia per studiare presso l'Accademia di Brera a Milano dove si laurea nel 2000.

Nel 1998 ha frequentato il Corso Superiore di Arti Visive alla Fondazione Ratti a Como.

Negli ultimi 10 anni ha vissuto per lunghi periodi in diverse città all'estero (New York, Los Angeles, Londra e Praga).

Nel 2000 ha vinto la borsa di studio "Artists in Residence" della Leube Art Program, che la portò a Vienna a frequentare corsi di master.

Nel 2005 ha vinto il 2° Premio della categoria "Light Sculptures" di Targetti Light Art ed ora il suo lavoro è parte della Targetti Art Collection e della London Deutsche Bank Collection.

Nel 2007 è stata invitata dal Jerusalem Center per le Arti Visive come Artist in Residence. Ha vinto il CEC ArtsLink Residency ottobre - novembre 2008 a New York e Residence International Aux Recollets a Parigi nel 2010.

I suoi lavori comprendono disegni ed installazioni ed implicano un nuovo approccio alla tradizionale arte del ricamo. L'artista ha sviluppato un modo unico di incorporare attivamente la popolazione locale in progetti comunitari che uniscono tradizione, arte e storia. Nei suoi ultimi progetti si occupa di memoria, tempo e architettura.

Attualmente vive e lavora a Milano e a Tirana.

Maria & Elisa Marotta

Maria & Elisa Marotta
Società