AI GIOVANI PADANI
 Ai giovani Padani
 Carissimo sig. Maurizio Piasini,
 Ho letto con molto piacere la Sua risposta (alla mia “lettera 
 Aperta”) pubblicata su Centro Valle del 14 febbraio 2004. 
 Proprio perché apprezzo il fatto, ho alcune precisazioni e 
 osservazioni da muovere in merito e lo desidero fare 
 pubblicamente.
 Vengo alla Sua lettera.
 • Lei ricorda che ciascuno di noi, “oltre che a rivendicare 
 diritti, ha da assolvere anche ai doveri verso la Nostra 
 società”. Sacrosanta affermazione.
 • Afferma anche che, come Giovani Padani, prendete le distanze 
 da “quei gruppi di giovani che come metodo di manifestazione 
 politica usano la violenza”. 
 A questo proposito, vorrei soffermarmi un poco sul concetto di 
 violenza, perché l’inciso che segue la Sua frase e che riguarda 
 la mia (eventuale) simpatia per la violenza o per i gruppi che 
 la praticano, lo considero una provocazione quantomeno 
 indelicata. Ci ritornerò più avanti.
 • Lei sostiene che tra i Vostri principali impegni c’é quello di 
 voler “difendere (non il dialetto) ma la lingua lombarda”. 
 Intenzione lodevole ma inutile per il semplice motivo che non 
 esiste nessuna lingua lombarda ma solo un’insieme di dialetti 
 assomiglianti tra loro e presenti ampiamente anche fuori dai 
 confini lombardi. Quindi......................
 • Si chiede “cosa la nostra civiltà possa guadagnare col 
 concedere l’apertura di un centro culturale a Sondrio”. La 
 risposta se l’é data da solo: ci serve per capire, per 
 comprendere, gli usi, i costumi, le tradizioni e le religioni 
 altrui, anche se non si chiede il perché?. 
 • Infine, Lei mi ricorda qual’é la linea politica della Lega: 
 “non volete che alcuni fanatici vengano nel nostro Paese ad 
 imporci le loro idee; per quanto concerne il problema 
 dell’immigrazione siete per aiutarli a casa loro perché se 
 vengono da noi non fanno altro che alimentare la criminalità 
 organizzata e il lavoro nero”.
 I Suoi (i Vostri), potrebbero essere nobili sentimenti se non 
 fossero farciti da forti pregiudizi verso tutto ciò che é 
 diverso. A tal fine vorrei far notare che dalla Sua lettera, al 
 di la delle contraddizioni che contiene, traspare chiaramente 
 una idea molto angusta e impaurita di vivere in un mondo 
 globalizzato come quello che ci ritroviamo. Vi sfugge il fatto 
 che la globalizzazione, per antonomasia, richiede il massimo di 
 apertura mentale verso l’uso delle lingue, verso la conoscenza 
 di altre culture; per migliorare i rapporti tra persone e tra 
 Stati, per allargare i nostri e i loro orizzonti di saperi e di 
 conoscenze, eccetera. L’alternativa a queste aperture, che non 
 significa autocastrazione, é la guerra! Ed é bene saperlo.
 La paura di entrare in contatto con persone di altre culture, 
 sembra condizionarVi al punto da farVi esprimere con un 
 linguaggio esclusivista e (il Vostro si) violento che rasenta il 
 fanatismo. Sostenete di aborrire il fanatismo e non vi accorgete 
 che i fanatici, alla fine, siete proprio Voi mentre affermate il 
 contrario.
 Vorrei tranquillizzarla sul fatto che non esistono progetti, da 
 parte di nessuno, di volerci imporre le loro idee, ne di voler 
 abolire i dialetti di uso popolare comune. Se i dialetti si 
 dimenticano o saranno dimenticati, la responsabilità é e sarà 
 solo di coloro che li usano, e se i giovani padani hanno tra i 
 loro obiettivi quello di volerli difendere e conservare per il 
 futuro, fanno bene. A condizione però che la difesa e la pratica 
 del dialetto non significhi isolamento, sarebbe veramente da 
 stupidi. 
 Apprezzo infine il Suo invito a “volervi conoscere meglio”. 
 Accetto volentieri il Suo invito, lieto di poter partecipare ad 
 un Suo/Vostro incontro dove e quando meglio lo ritiene. 
 Cordialità
Valerio Delle Grave
vdalleg@tin.it
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