TROPPI SUICIDI IN PROVINCIA. MA SE NE PARLA TROPPO
Il quotidiano La Provincia di Sondrio pubblica, a nostro
giornale già chiuso redazionalmente e pronto per essere immesso
in rete, un pertinente trafiletto a pagina 12 del numero di
martedì 29 ottobre. Il titolo: "I casi recenti - tre suicidi in
quattro giorni". A un certo punto é scritto: "Secondo una regola
non scritta, ma purtroppo convalidata dalla ciclicità di questi
tristi eventi, ai due suicidi dei giorni scorsi se ne é aggiunto
un terzo, avvenuto domenica pomeriggio".
Il trafiletto é a margine di un ampio articolo dedicato
all'Associazione Asis, che opera per la prevenzione del
suicidio, associazione fondata dallo psichiatra Mario Ballantini
che ivi é intervistato, in particolare sul denominatore comune
di moltissimi casi, la depressione.
In realtà c'é anche un altro aspetto che non va dimenticato:
l'emulazione. Venne prepotentemente alla ribalta dopo il
suicidio di due giovani a Prato dello Stelvio. Avevano collegato
il tubo di scarico all'abitacolo dell'auto e si erano lasciati
morire. Grande risalto sui media e nel giro di poco tempo ci
furono diversi imitatori in tutta Italia.
Una volta regola non scritta ma correntemente praticata dai
giornalisti era quella che del suicidio non si dava notizia, sia
in relazione all'aspetto citato, sia alle conseguenze per i
familiari del suicida. Si può commentare come si vuole la cosa
ma ancor oggi la famiglia che ha registrato un caso se da un
lato trova solidarietà convinta da parte degli uni trova
riscontra anche sentimenti ben diversi da parte di altri (ci fu
un caso anni fa abbastanza triste: la rottura di un fidanzamento
alla vigilia delle nozze per effetto dei timori della famiglia
di uno dei due nubendi che nell'altra famiglia ci fosse una
tara).
Nei casi in cui proprio non si poteva tacere la notizia veniva
usato un linguaggio "coperto" del tipo "tragica scomparsa" o
simili. In ogni caso i titoli erano generalmente a una colonna,
il corpo tipografico ridotto, la collocazione in pagine interne,
quasi una mimetizzazione.
Poi le cose sono cambiate. Sono saliti al top due miti moderni:
lo "scoop" a tutti i costi e un malinteso "diritto di cronaca".
Nessuno ha più insegnato a quanti si accostavano alla pratica
giornalistica quella regola, probabilmente ritenuta "vecchia",
dimenticando che ci sono regole, leggi, consuetudini che non
hanno età e tempo. Nessuno ha insegnato che accanto al diritto
c'é un dovere. Nessuno ha insegnato che il pericolo più grave
che si possa correre non é neppure l'immoralità (che é un dato
del sistema) ma l'amoralità (che vuol dire neppure porsi il
problema).
E così hanno cominciato i quotidiani nazionali a sbattere il
mostro in prima pagina, a esaltare gli avvisi di garanzia e le
condanne ma a minimizzare le archiviazioni e le assoluzioni
("non fanno notizia" disse un redattore di un autorevole
giornale diretto da uno dei più autorevoli giornalisti italiani
alla corrispondente da Sondrio Antonia Marsetti che insisteva
essendosi in precedenza dato un risalto spropositato a un avviso
di garanzia per un valtellinese emerito e galantuomo, avviso
sciolto poi come neve al sole).
Il sistema é arrivato anche in provincia, anche se
fortunatamente non generalizzato, ma ripetutamente applicato nel
tempo.
Il titolone a tutta prima pagina di Centro Valle domenica scorsa
"Mainetti suicida in carcere" ha sfavorevolmente colpito tanta
gente. Noi non critichiamo, proprio perché una cosa del genere,
lontana mille miglia dalla regola citata in apertura, é figlia
del contesto generale che abbiamo descritto e di un altro male
del giornalismo italiano e non solo provinciale: la
non-considerazione del target, dei destinatari. Non lo si
insegna più.
Non una critica ma un richiamo alla riflessione, stimolato dal
trafiletto de La Provincia, giornale peraltro in alcune passate
occasioni tutt'altro che immune da impostazioni enfatiche non
sempre rispettose della persona umana, valore che dovrebbe
invece essere nella coscienza come dato deontologico e non solo
nelle declamazioni dei giornalisti italiani.
Del resto l'indagine riportata da Tabloid e che in questo numero
de "La Gazzetta" viene commentata la dice lunga su cosa si
aspetta la gente dai giornali. Meglio, cosa si aspetterebbe,
visto che non pensando al target sono in tanti a prendere strade
diverse (E poi ci si lamenta se in Italia si legge molto meno
che in altri Paesi...).
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Gds - 28 X 2002 -
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