09 10 30 "VIZI PRIVATI E PUBBLICHE VIRTÙ" ( MA C'E' ANCHE UN FILM DEL 1975…)

Fino a che punto si possono separare i vizi privati dalle virtù pubbliche?

Mai come in questo momento il "privato", inteso come salvaguardia della privacy, e il pubblico, capito come ruolo che si riveste nel panorama politico nel paese, è di grande attualità. C'è un gran dibattere sui limiti della sfera privata e quella pubblica. Il tormentone attuale sui "vizi" privati, o presunti tali, prima del Presidente del Consiglio e poi dopo quelli del governatore del Lazio Piero Marrazzo, è il test di come tali vicende, da qualunque parte le si voglia leggere, dimostrino il poco senso dello Stato da parte di molti personaggi, non solo quelli citati. Si potrebbe obiettare che poco c'entrano il senso dello Stato con i fatti privati di Marrazzo e Berlusconi. Invece, c'entrano, eccome. Se si ha il senso dello Stato, si sa distinguere e separare il privato dal pubblico (ricordarsi di Catilina paladino di alcuni valori fondanti dell'antica Roma, nella vita privata era un libertino che sosteneva che, ottemperati con lealtà gli obblighi pubblici, ognuno della sua vita può fare ciò che vuole). Ma cos'è lo Stato e perché necessita che ciascuno ne rispetti le regole del vivere insieme? "…lo Stato è superiore ad ogni altro soggetto" per cercare di fissare dei paletti che superino le chiacchiere del momento. Il "concetto" sul ruolo principale dello Stato, definisce, come un qualsiasi soggetto, debba porsi nella vita sociale e politica del paese, con scelte di comportamento che prescindono dalla sua "volontà" personale. Chi ha ben chiaro il concetto dello Stato, si rapporta con il proprio pensiero politico, i propri comportamenti, sapendo che esiste una gerarchia istituzionale e delle "regole" di cui nessuno può disinteressarsi. Coloro che rappresentano lo Stato devono dare per primi, a tutti i livelli istituzionali, nazionali e locali, l'esempio ai cittadini della loro rettitudine morale e politica. Devono essere trasparenti, fare sì che la cosa pubblica sia una casa di vetro. Per operare in modo che questo avvenga, c'è bisogno che qualcuno li controlli e li giudichi. E chi, se non il popolo sovrano, spesso evocato da molti politici, può, anzi deve svolgere questo ruolo? Il popolo come controllore e giudicante. Come la storia del nostro paese insegna, questo però, non sempre avviene, anzi, spesso il cosiddetto "popolo" si riconosce nel furbetto del momento e lo giustifica, se non addirittura, ne esalta i suoi comportamenti, anche se non adeguati al ruolo che riveste. Chi ha il senso dello Stato, non fa diventare "pubblici" i propri vizi. Chi ha il senso dello Stato, ha il senso dell'etica e della morale. Se questo non avviene, sarebbe bene tornare a far parte di quei club privati, dove ognuno fa ciò che vuole, salvo rapportarsi a quanto previsto dai codici, civile e penale. Teniamo bene in mente, che le regole ancora valgano, o dovrebbero valere, per tutti. Destra, sinistra, centro. Anche se per qualcuno ormai ha poco senso parlare di destra e sinistra, oggi definite come indicazioni di segnali stradali, se il terzo polo (quello degli ex democristiani ) non è solo geograficamente impossibile, ma fuori da ogni logica politica , il senso dello Stato prescinde dall'appartenenza politica. Come per il coraggio o la moralità. Non è di destra, né di sinistra. O c'è l'hai, o non c'è l'hai. E non deve essere solo un obbligo di donne e uomini perbene. Mai come in questo momento, si avrebbe bisogno che tutti avessero il senso dello Stato. Mai come in questo momento, la presenza dello Stato nella vita di ogni cittadino è fondamentale. La sicurezza e la giustizia, la sanità e l'assistenza, non possono che essere gestiti principalmente dallo Stato. Ciò significa riconoscergli una funzione primaria cui, nessuno, tanto meno i privati, possono dispensarsi. Necessita,successivamente che il popolo concorra a far sì che lo Stato sia salvaguardato, per le prerogative per le quali ogni cittadino è eguale all'altro. Bisogna concorrere a ridare dignità a cariche istituzionali, ruoli politici, nazionali e locali. Bisogna che il cittadino sia responsabile dei suoi doveri, ma anche che reclami i suoi diritti, richiamandosi alla Costituzione che all'art 3 cosi recita: "Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti la legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali". Per quanto possa essere criticata, rivista e modificata, la Costituzione della Repubblica Italiana, rimane ancora la polizza assicurativa di ogni singolo cittadino. Riguardo al ruolo dello Stato e dei suoi maggiori rappresentanti istituzionali, nazionali e locali, ciascuno potrà avere opinioni differenti. Ad ogni modo, ognuno abbia i suoi "vizi" privati. Ma per discrezione, non ne faccia una pubblica virtù.

Il film

"Vizi privati, pubbliche virtù" è un film del 1975, diretto da Miklós Jancsó, che mutua il suo titolo dall'opera principale di Bernard de Mandeville. Fu presentato al Festival di Cannes del 1976 per l'Italia; non ottenne premi, ma fu l'argomento di numerose polemiche. In Italia il film fu sequestrato per ben due volte, mentre il regista e Giovanna Gagliardo, sceneggiatrice, furono processati e condannati in primo grado per oscenità e poi assolti nei gradi successivi di giudizio. Fra le ragioni dell'ira censoria, oltre alla ripresa esplicita di una masturbazione e ad una solo allusiva fellatio entrambe eseguite da Laura Betti (attrice principale del film), anche il ruolo da ermafrodita di Thérèse-Ann Savoy(altra protagonista del film) ed il clima da orgia sfrenata, con abbondanza di nudità sia femminile che maschile, che copre praticamente l'intera durata del film con ampiezza di sensibili dettagli.Vizi privati, pubbliche virtù fu girato in circa due mesi in un castello del settecento a Vinica (Croazia) (circa cento chilometri a nord di Zagabria), che col regime di Tito era passato sotto la proprietà della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia assieme al parco circostante. Gli attori e le comparse, di varie nazionalità, recitarono ciascuno nella propria lingua e poi furono doppiati. Le canzoni rimasero invece in lingua originale.

Maria de Falco Marotta

Maria de Falco Marotta
Società