09 09 30 LA SCOMPARSA DI MONS. UGO PEDRINI, SACERDOTE AMATISSIMO

Pubblichiamo, per gradita concessione dell'autrice, l'articolo di Irene Tucci pubblicato sul quotidiano 'Il Giorno'

DON UGO PEDRINI ha celebrato l'ultima messa l'altra sera, poi il malore, il ricovero in ospedale a Sondrio, l'ultimo viaggio terreno di una vita vissuta intensamente all'insegna dell'impegno pastorale e dai mille interessi. Monsignore, «ma sono sempre un parroco», personaggio eclettico, giornalista - inventò la prima radio parrocchiale in Italia - storico, studioso, ottimo cuoco e amante della buona tavola, fino all'ultimo è stato sulla breccia col sorriso. Brillante e potente protagonista della vita provinciale e non solo, don Ugo Pedrini era nato a Chiavenna il 16 aprile del 1924 «lo stesso giorno di papa Ratzinger» sottolineava ridendo. La «chiamata» alla vita religiosa arrivò presto e Ugo a 11 anni entrò in seminario. A 23 era già prete. Parroco a Tirano e Poggiridenti mise poi radici in quello che divenne e ha sempre sentito il suo paese, l'adorata Berbenno. L'aver dovuto lasciare forzatamente per raggiunti limiti di età, dopo 40 anni di onorato servizio per imposizione ecclesiastiche superiori quello che era il suo nido, l'aveva fatto soffrire molto. Ce lo confessò anche in un'intervista: «Se devo essere diplomatico dico che adesso mi manca meno, ma se devo essere sincero il cuore l'ho lasciato là. Certe volte mi sembra di rivedere il lungometraggio della mia esperienza pastorale come arciprete di Berbenno proiettata sullo schermo. Quando cominciò a circolare la voce che dovevo andarmene, ho deciso di anticipare i tempi del "licenziamento" e interrompere così quella lunga agonia. Non lo nascondo, ho sofferto molto». E' vero, gli chiedemmo, che i vertici della chiesa le avevano proposto la Casa di riposo, magari Villa Sorriso a Bormio? «Sì, ma non so giocare a tresette. Mi avevano detto vai lì, in Alta Valle vive tuo fratello (Francesco, allora assessore alla cultura di Bormio, ndr) con la sua famiglia. No,no. Un parroco quando lascia la sua parrocchia è un po' come spogliarsi di se stesso». Amarezza, poi piano piano si era ambientato a Sondrio, nella casa parrocchiale dove per raggiungere la sua abitazione, lui acciaccato per l'età, doveva salire 5 rampe di ripidi scalini in attesa del promesso ascensore. Parlava di «esilio dorato», ma poi quegli occhietti che si velavano di tristezza quando ricordava la sua amata comunità di Berbenno, tornavano vispi nel raccontare i suoi impegni.

TRE ANNI FA, a 82 anni aveva fatto il corso di computer, era cappellano degli Alpini, ha sempre scritto per i giornali, sulla tivù locale Teleunica curava una rubrica di successo, «La quiete del Vespro». Quando arrivò a Berbenno raccontava che per l'illuminazione pubblica c'erano solo 2 lampadine: «Ho svolto servizio pastorale, ma ho anche e soprattutto vissuto la vita del paese con cui avevo raggiunto un bel dialogo - ci diceva - cercando anche di valorizzare i beni architettonici confidando nella Divina Provvidenza». Negli anni Settanta don Ugo inventò a Berbenno la prima radio parrocchiale: «Bellissima esperienza. Era il '75-76, sentivo che la parrocchia stava cedendo, e volevo dare alla missione forza e vitalità. Acquistai dal giornalista Jim Mambretti un trasmettitore che il tecnico Bruno Piasini piazzò in parrocchia e grazie alla buona postazione il segnale entrò in tutte le case». Ma via etere non solo messaggi evangelici, don Ugo divenne anche dj, faceva un po' di tutto, notiziari nazionali e locali compresi, e la radio si rivelò un toccasana «per l'esito della missione». I funerali saranno celebrati dal vescovo Diego Coletti martedì alle 14.30 in Collegiata a Sondrio. La salma in arcipretura, rosario domani alle 20.30 in collegiata.

Irene Tucci

Le esequie, presente il Vescovo Mons. Coletti, l'arciprete di Sondrio don Modenesi, moltissimi sacerdoti e una folla strabocchevole, si sono svolte martedì scorso. Ai familiari rinnoviamo il nostro cordoglio. Mancherà quel faccione tondo, tondo e sempre sorridente. Quando ci si vedeva il sorriso partiva da un orecchio per finire all'altro mentre gli occhi, da soli, esprimevano la gioia dell'incontro, contagiosissima. Quella gente che, finita la cerimonia religiosa, uscita sul sagrato continuava a restare lì, e c'è rimasta forse un'ora, era significativa, manifestava la volontà di sentirsi ancora vicino Don Ugo per quest'ultima volta. Il fratello Francesco, abbracciandoci, ha detto "Anche le rocce…". La risposta è stata sintetica: "Però…". Per tutti la ruota del tempo più d'un giro non può fare, e per Don Ugo - che recentemente aveva detto che il Principale gli stava mandando segnali di imminente incontro - l'aveva compiuto. Però dipende come. Tutta quella gente era la dimostrazione di quel "però…", di una esistenza cioè spesa molto, molto bene.

a.f.

Irene Tucci / a.f.
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