AFFARI E POTERE: MIOPIA IN MOVIMENTO

Nel saggio "ENTROPIA" pubblicato nel lontano 1982, l'autore Jeremy Rifkin cosi profetizzava: "Tutte le bombe fabbricate dall'uomo per distruggere altri uomini e cose (atomiche, all'idrogeno, chimiche e biologiche) hanno proprietà terrificanti, ma volendo possono essere disinnescate e rese inoffensive da chi le ha costruite, attraverso antidoti e soluzioni tecniche frutto di precedenti test sperimentali. La peggiore delle bombe però, inconsapevolmente (?) costruita dall'uomo è la bomba sociale, della quale nessuno ne conosce la capacità di distruzione ne gli effetti dirompenti collaterali, perché fin'ora non è stato possibile fare nessun test sperimentale."

Quello che gli Stati Uniti, l'Europa e l'Italia in particolare stanno vivendo con difficoltà in questo momento, a mio parere sono i sintomi rivelatori di questa nuova arma chiamata appunto "bomba sociale". Nessuno degli stati occidentali, cosiddetti opulenti, se ne è seriamente occupato più di tanto. Anzi, spesso e volentieri, questi medesimi stati hanno concorso con politiche miopi e sciagurate ad innescare la sopra richiamata bomba.

La genesi di questo fenomeno è contenuta in alcuni dati che ho tratto da un rapporto dell'OIL (Organizzazione Internazionale del Lavoro) 2008.

Su una popolazione di 6,5 miliardi di persone, l'OIL stima che tre miliardi abbiano un lavoro. Ma di questi, 1,5 miliardi sono privi dei diritti e delle sicurezze del normale lavoro salariato. Inoltre 1,3 miliardi di lavoratori, compresa una quota rilevante inclusa nell'economia regolare, non guadagna abbastanza per sollevare se stessi e i loro familiari al di sopra della linea della povertà fissata in 2 dollari al giorno di reddito, per un totale di circa tre miliardi di persone.

La stessa OIL calcola che ogni anno muoiano nel mondo per cause correlate al lavoro 2,2 milioni di persone. Sono 160 milioni le persone che si ammalano ogni anno a causa del lavoro che svolgono. Sul totale dei decessi annui, oltre 350.000 sono dovuti a incidenti; i rimanenti 1,75 milioni sono invece causati da malattie contratte per via dell'esposizione a sostanze nocive, inalate o assorbite attraverso la pelle o a radiazioni. La cifra totale dei morti correlate al lavoro è in aumento da anni in forza dell'industrializzazione dei Paesi emergenti (Cina, India), dove le misure a favore della sicurezza e della salute sono carenti o addirittura assenti.

Se si guarda a quel fondamentale elemento della qualità della vita che è la qualità della abitazione, si constata che oltre un miliardo di persone vive negli slums; quei luoghi che per definizione sono privi di servizi di base come acqua, elettricità, fognature, vengono chiamati anche favelas, baraccopoli, bidonvilles, tugurios. Ammontano a 2,6 miliardi le persone le cui abitazioni sono prive di servizi igienico-sanitari di base; un numero stimato, si noti, utilizzando una definizione che si riferisce ai gradini più bassi della qualità di tali servizi (se il riferimento fosse lo standard dell'occidente sviluppato, il loro numero salirebbe a 4 miliardi). Poco più di un miliardo di persone, secondo i rapporti dell'OIL, vivono a più di un chilometro da una qualsiasi fonte d'acqua, e dato che trasportare acqua pesa, l'impiego idrico giornaliero pro capite si aggira per loro sui 5 litri di acqua non sicura. Per contro gli abitanti dell'Europa occidentale consumano in media 300 litri di acqua potabile pro capite al giorno. Gli americani 575 litri.

A circa 1 miliardo si stima arrivino le persone che soffrono la fame. Il loro numero è aumentato di un centinaio di milioni solo tra il 2007 e il 2008, a causa dell'enorme aumento del prezzo di alimenti di base come mais (+72%), grano (+ 68%), riso (+ 80%), soia (+80%). Tra le conseguenze della fame nel mondo vanno inclusi anche i 25.000 bambini che muoiono ogni giorno per malattie che sono innocue per i bimbi ben nutriti.

Lo stato precario di tre quarti della popolazione mondiale è correlato alle immense disuguaglianze di reddito e di ricchezza che si osservano a livello internazionale e nazionale. Si stima che la disuguaglianza di reddito tra il 20% più benestante e il 20% più povero della popolazione mondiale sia di 90 a 1. Se invece degli strati di popolazione si considerano i 20 paesi più ricchi e i 20 più poveri, la disuguaglianza sale a 120 a 1.

Dopo avere pazientemente letto le cifre di cui sopra e averci fatto qualche riflessione spicciola; sapendo che questo rapporto, considerato il livello di diffusione planetaria dei media (stampa, radio, televisione, internet) può essere potenzialmente letto, mettiamo da due/tre miliardi di persone?, come si fa a non immaginare che a lungo andare i due terzi dell'umanità del mondo possa ribellarsi e scatenarsi con inaudite violenze, contro i soprusi commessi a loro danno dalla minoranza che risiede nei Paesi ricchi? Come si fa a non preoccuparsi e ad intervenire con urgenza per correggere il sistema che ha prodotto quelle disuguaglianze? Come si fa a persistere nel percorrere una strada senza uscita (ingannando la propria gente) come quella praticata da diversi governi dei paesi ricchi, tra cui l'Italia, che pensano di affrontare il problema come fosse una questione di ordine pubblico e non anche di diritti umani, di diritto ad una vita dignitosa uguale per tutti?

Dal lessico storico abbiamo appreso termini che descrivono i reati commessi dall'uomo contro i suoi simili nel corso dei secoli: eccidi, stragi di innocenti, pulizia etnica, genocidi. Come possiamo chiamare questi nuovi reati che comprendono la sottrazione di alimenti e di risorse vitali e indispensabili alla sopravvivenza per qualche miliardo di esseri umani? Che nome possiamo dare al reato di distruzione sistematica a scopo di lucro di ingenti risorse naturali e territoriali? Come possiamo chiamare chi continua impunemente ad inquinare l'aria e l'acqua?

Quelle che ho formulate sembrano domande senza senso; e forse lo sono se guardate da un punto di vista grettamente utilitaristico e fondamentalmente venale. Mi pare che in questo momento, almeno da noi in Italia, tale visione è quella che va per la maggiore, lo dimostra il fatto che sia a livello nazionale che regionale e locale la maggioranza dell'elettorato ha scelto di collocare al potere uomini culturalmente inclini a concludere affari. Uomini che avendo dimestichezza con le tecnologie informatiche, con la padronanza dei media e con granitiche tendenze al profitto, usano le risorse di tutti pensando di governare il Paese e i territori come se questi fossero di loro proprietà, disdegnando chi ci abita perché considerato solo un problema residuale da affrontare con il minor dispendio possibile di attenzioni, di risorse e di tempo. Chi con atto democratico li ha mandati al potere, può ravvedersi e correggere la propria scelta; le occasioni per farlo non mancheranno nel prossimo futuro. Coloro invece che ritengono con convinzione che questa scelta sia la migliore, perseverino pure assumendosene fino in fondo tutta la responsabilità, e non cerchino giustificazioni morali, ne politiche ne economiche se le avversità provocate dagli scossoni della "bomba sociale" si scateneranno in tutta la loro virulente e disastrosa potenza. Mi pare che questo sia anche il senso e il monito contenuto della recente Enciclica papale "Caritas in Veritate".

Valerio Dalle Grave

Valerio Dalle Grave
Società