OH, WOODSTOCK! QUARANT'ANNI DOPO
Sono passati quarant'anni. Ma nessun li celebrerà. Il mancato concertone di Woodstock - non ci sono gli sponsor- segna la fine di un Mito Rock. Come ognuno ben sa, dal 15 al 18 agosto del 1969, in una località chiamata Bethel, nello Stato di New York, si tenne un raduno musicale che generò un film, e grandi star, come Hendrix che suonò a Festival finito, la mattina di lunedì 18. E fu per lui un vero trionfo.
In quei giorni avevo i capelli dritti in testa per la fatica immane che mi davano i miei cinque figli, da otto a zero anni.. Vedevo la TV di traverso , mentre cascavo dal sonno e dalla fatica, però quei ragazzi là che avevano la mia età e si divertivano così tanto, mi riempivano il cuore di tenerezza. Mai di invidia.
Certamente, la mia generazione era giovane in quell'agosto 1969 e si convinse che sarebbe rimasta giovane per sempre e con il diritto divino di stressare l'anima a chi sarebbe stato giovane dopo, spacciando il proprio mito generazionale per Mito Generazionale assoluto, buono per ogni generazione a venire (ma non per me che dovevo curare cinque piccoli e sapevo già quanto fossero diversi tra loro).
Quella generazione (non tutta), dopo aver sognato Pace, Amore & Musica per pochi mesi, ha praticato Potere, Profitto & Inamovibilità per infiniti anni: e - come ogni altra Classe Dirigente della Storia, dai Caldei ad oggi - ha celebrato, forte di una superba prevalenza economica e culturale, il proprio Mito fondativo. Dal che concerti, rievocazioni, film, libri, articoli e altre banali ignominie in memoriam, imposte a nuove generazioni sempre più distratte, sempre più indifferenti al Mito istituito a mezzo mass-media. Poi, finalmente, è arrivata la generazione capace di gridare il liberatorio «Di Woodstock non me ne frega una mazza!», se solo sapesse che cos'è Woodstock. Ma per i quattordicenni di oggi - per quelli più acculturati Woodstock è l'uccellino amico di Snoopy. E basta. Non sanno chi siano «gli eroi di Woodstock», non più di quanto non sappiano chi siano gli eroi dei Mille, del Piave, della Guerra d'Etiopia e della Resistenza.
Nell'iPod non hanno Joan Baez, né Joe Cocker, né gli Who: qualcuno ha sentito parlare - dai padri - di Hendrix, ma nulla di più. Hanno altri miti, senza la maiuscola (Cfr. La Stampa, 7 agosto 2009). Però un po' ovunque la manifestazione sarà ricordata. A cominciare da Bologna che con Enzo Gentile e Mauro Pagani hanno organizzato un incontro"WOODSTOCK 1969-2009" con proiezione di filmati. Essi tra aneddoti e immagini originali, tracceranno la storia di quei leggendari "3 days of peace and music" . Un fatto che, oltre ad aver radunato più di quattrocentomila giovani e consacrato alcuni grandi nomi della storia del rock come Joe Coker e Carlos Santana (tra i partecipanti anche i già affermati Joan Baez, Janis Joplin, The Who, CSN&Y, Jimi Hendrix, Grateful Dead, Jefferson Airplane e molti altri), è diventata una vera e propria icona generazionale, specchio della cultura e dei valori di un'epoca. L'incontro sarà inoltre l'occasione per parlare dell'evoluzione storica del fenomeno ancora attuale dei rockfestival confrontandolo con quel periodo musicale di impareggiabile ricerca e creatività.
Cosa c'è che ci riporta a quegli anni?
- Il film di Ang Lee: Taking Woodstock. Il concerto più famoso della storia del rock è raccontato attraverso lo sguardo duttile di Elliot (Demetri Martin), il ragazzo che nel 1969 ebbe l'idea di mettere a disposizione degli organizzatori dell'evento il piccolo motel dei genitori e il terreno circostante. Così una sconosciuta comunità americana, attraversata dalle tensioni legate ai tempi che stavano cambiando, divenne l'ombelico del mondo. E l'evento, quei tre giorni di pace- amore- musica, inevitabilmente cambiò tutti quelli che ne furono anche solo sfiorati. Con Taking Woodstock il regista di Brokeback Mountain Ang Lee mostra ancora una volta la capacità straordinaria di usare i più diversi linguaggi del cinema. Stavolta la chiave è nella leggerezza liberatoria della cultura hippie, ma c'è anche l'America dei reduci del Vietnam incapaci di riadattarsi alla vita normale, incarnata dal personaggio di Emile Hirsch (protagonista di Into the wild), e lo scontro generazionale genitori-figli, con la figura della madre del protagonista, interpretata da una straordinaria Imelda Staunton.
Il concerto cui presero parte Jimi Hendrix, Bob Dylan e gli altri grandi dell'epoca, non si vede mai, tutto accade intorno e dietro il palcoscenico illuminato. La musica, lontana, e mai protagonista, accompagna il cambiamento di ognuno, a iniziare da Elliot, trascinato da una coppia di hippie nel primo viaggio psichedelico a base di Lsd, ma anche spinto, nell'enfasi liberatoria generale, a vivere alla luce del sole l'amore omosessuale per uno dei suoi compaesani. Intorno a lui, nelle carovane e negli accampamenti dei ragazzi arrivati per il grande appuntamento, scorrono tutti i simboli, le mode, le fissazioni del tempo. Nell'attesa si consumano gli spogliarelli di gruppo, le sedute di meditazione, gli spinelli collettivi, le capriole nel fango. Taking Woodstock è una storia di liberazione, di onestà, di tolleranza e di innocenza, una qualità che dobbiamo assolutamente evitare di perdere. Si, è una parola!
Il libro "Il tempo di Woodstock"
Oggi, a quarant'anni di distanza, Ernesto Assante e Gino Castaldo (critici musicali e giornalisti di Repubblica) celebrano con un libro, "Il tempo di Woodstock" (edizioni Laterza, euro 15,00), quei tre giorni di pace, amore e musica che immortalano una generazione, un modo di fare e di vivere l'arte, ma anche un pezzo di storia, società e politica americana forse troppo oscurato dal mito del rock che esplose sul palco e da chi ha voluto vedere nella controcultura degli anni '60 solo una massa di ragazzi pigri e viziati che predicavano la libertà per sfuggire alle responsabilità dell'età adulta. Il tempo di Woodstock è una riflessione. Il racconto di una generazione che, affermano gli autori, forse con troppa ingenuità, ma piena di sogni e di buoni propositi, voleva cambiare il mondo e renderlo bello, più equo e più solidale. Il racconto di come quattro 25enni con poca esperienza ma tanto entusiasmo (e una buona dose di incoscienza) riuscirono a mettere in piedi quello che è diventato il concerto più famoso nella storia della musica. E non solo della musica. Perché, spiegano Assante e Castaldo, Woodstock non è stato solo il palco calpestato da alcuni tra i più grandi artisti di questo mondo. Woodstock è stato il culmine di un movimento giovanile che invocava la pace mentre le bombe cadevano sul Vietnam, che ripudiava la proprietà privata e il lusso mentre il capitalismo più feroce prendeva piede, che condivideva ogni cosa mentre gli afroamericani venivano ancora emarginati e combattevano per fondamentali diritti civili. Un'epoca in cui la musica non era solo arte e divertimento, ma era lo strumento che univa i giovani e lo strumento con cui i giovani parlavano al mondo. "Woodstock - scrivono gli autori - era il futuro". Era il mondo che i ragazzi immaginavano di poter creare. Era un sogno collettivo che li univa mentalmente e fisicamente, nel tentativo di farlo diventare realtà. Insieme, fianco a fianco. Oggi "l'immaginazione di massa è stata sostituita dalla televisione, da internet, da mass media". Non c'è futuro, c'è il "qui e ora". Tutto è individuale. Persino in campo musicale. La musica non si ascolta ai concerti, ma per lo più in cuffia, isolati ed estraniati dal resto del mondo. E la musica stessa si è ripiegata su se stessa. Secondo Assante e Castaldo, "oggi la musica non ha futuro perché non lo immagina". Perché esiste per essere consumata in una stagione, perché è legata all'oggi e non al domani. Perché a Woodstock "il rock acquistava senso e forza nello spazio corale del concerto, quando artisti e pubblico erano una cosa sola. Ora il futuro di un divo non è il futuro dei loro giovani fan, è un miraggio. Il rock stesso ha smesso di immaginarsi proiettato nel futuro". Oggi siamo più liberi per quanto riguarda l'esercizio dei diritti civili, più liberi per quantità di informazione a disposizione, più liberi di comunicare in senso orizzontale, ma siamo anche più soli e meno liberi di sognare. Così, con la chitarra di Jimi Hendrix che, in un'alba livida e devasta, suonava una "furiosa, dissacrante e al tempo stesso solenne" versione dell'inno americano. E mentre leggete Il tempo di Woodstock, cercate di immaginare il passato. E poi di sognare il futuro. E di ricordare che tantissimi giovani sognatori di quel tempo, sono oggi i più feroci manager delloa nostra amata società.
L'intervista a MICHAEL WADLEIGH, regista DI 'WOODSTOCK', IL CONCERTO CHE HA CAMBIATO LA
STORIA DELLA MUSICA E DEL CINEMA.
In occasione del Quarantennale del Festival di Woodstock il Biografilm Festival celebra l'evento che ha cambiato la storia della Musica, con l'eccezionale film-concerto diretto nel 1969 da Michael Wadleigh che due anni più tardi si aggiudicò il premio Oscar come miglior documentario. All'epoca esordiente, Michael Wadleigh non poteva prevedere che la sua opera sarebbe restata nel tempo una delle più significative fotografie di un periodo storico che stava per
giungere a termine. E mentre dal palco risuonava la musica dei grandi immortali (Crosby Stills & Nash, Joan Baez, The Who, Jefferson Airplane, Santana, Sly and the Family Stone e ancora Jimi Hendrix, Joe Cocker e Janis Joplin per un totale di trentadue tra artisti e band), dietro le quinte una troupe straordinaria, composta tra gli altri da un giovanissimo Martin Scorsese , dava vita a quello che sarebbe stato ricordato come il più leggendario dei concerti rock. In attesa che esca la versione blu-ray della Director's Cut del film (il 23 giugno per la Warner Home Video), ecco cosa dice MICHAEL WADLEIGH.
Dopo 40 anni Woodstock rimane uno degli eventi più importanti della storia della musica, e non solo. Cosa si prova a essere il regista di un tale successo?
È vero, 'Woodstock' ha incassato più di qualsiasi altro documentario che sia mai stato realizzato, ha ottenuto diversi
premi tra i quali l'Oscar ed è considerato il migliore film-concerto di tutti i tempi. Allora, facevo parte della cultura country e credevo realmente che l'America, l'Europa e il resto del mondo sarebbe cambiato ma la verità è che non è cambiato niente da allora. Per esempio, il movimento ecologico è nato negli Stati Uniti nel 1962 e la ragione per cui 'Woodstock' è stata allestita in una tenuta è perché all'epoca i concerti si tenevano negli stadi, nei pressi di autostrade, in luoghi chiusi o circoscritti da recinzioni, mentre gli organizzatori volevano che la gente tornasse alla natura.
Inizialmente i promoter volevano che si tenesse a Woodstock, che era la "casa" del comunismo, ma non avevano trovato nessun campo che fosse grande abbastanza. Pur optando per la vicina Bethel non cambiarono il nome proprio per mantenere il collegamento con il movimento pacifista. Un movimento e un'idea rappresentati dalla colomba del marchio di Woodstock. Quella colomba ha un triplice significato. In primo luogo rappresenta la natura e dunque il
movimento ecologista; era inoltre un simbolo anti-guerra, significativo per quegli anni macchiati dal conflitto in Vietnam; e infine rappresentava i diritti umani. Eppure, nulla è cambiato da allora, perché non abbiamo ancora la pace, non abbiamo l'uguaglianza dei diritti e neanche l'ecologia.
Cosa presenta di nuovo rispetto al dvd uscito per il 25° anniversario di Woodstock questa nuova riedizione per il Quarantennale?
Oggi ho i capelli più grigi di allora e di recente mi sono fatto male a una gamba facendo arrampicata libera! A parte gli scherzi, non cambia molto se non il fatto che il Director's cut, rispetto
all'edizione uscita nel 1994, è stato migliorato dal blu-ray e da altri accorgimenti tecnici. In più la nuova versione ha dei contenuti inediti come la performance dei Grateful Dead e altre esibizioni che mi premeva includere per assecondare il mio personale gusto musicale. Ho scelto tuttavia di non rieditare nulla, di non toccare il montaggio, ma di aggiungerli come contenuti extra.
Qual è stata la reazione del pubblico del Biografilm Festival alla visione di Woodstock su grande schermo?
A parte qualche scontento, alla proiezione si è presentato il doppio delle persone rispetto al numero dei posti e la metà è dovuta rimanere fuori per questioni di sicurezza, è stata una festa per chi è riuscito a entrare. La reazione è stata fantastica perché vedere un film-concerto del genere su un mega schermo e con il volume altissimo è tutta un'altra esperienza. C'erano persone di tutte le età, persino ragazzi giovanissimi; la gente cantava, ballava, batteva le mani. Vederla divertire ed esaltare guardando un film di quarant'anni fa mi ha riempito il cuore. Certo, se si fosse
proiettato in Olanda ci sarebbero state anche le colonne di fumo di marijuana, ma un paio di ragazzi che fumavano li ho visti anche a Bologna. Ai bei vecchi tempi, quando proiettavano il 'Woodstock' originale, ti parlo degli anni '70, non c'era neanche bisogno di portarsi gli spinelli, bastava respirare quella spessa coltre di fumo per sballare! (Cfr.: 2009 MYmovies.it® - redazione@mymovies.it)
Cosa aggiungere, oltre alla nostalgia per quei tempi giovani di cui molti si sono impadroniti per usarli per il proprio interesse?
Sicuramente, sulla scena culturale Woodstock ha avuto un grande impatto sui giovani di quel periodo, perchè il periodo di cambiamento era nell'aria. Sia per gli Stati Uniti che per il mondo intero. Le persone hanno preso una posizione contrapposta dalla situazione sociale e politica rispetto al mondo. E' questa l'essenza di Woodstock, una fotografia che ferma il passato e fornisce nell'espressione della musica con un enorme concerto, la possibilità di un cambiamento ideologico, sociale e non per moda...forse, ma che sicuramente ha segnato la storia del Rock ! E non solo.
Maria de Falco Marotta