VIOLENZA SUI BAMBINI: NO A ROSI BINDI, HA RAGIONE IL MINISTRO RONCHI

E' ora di finirla con atteggiamenti in teoria nobili ma che poi in pratica risultano controproducenti

Ronchi: stupratori dei bambini "bestie"

Rosy Bindi ha contrapposto "la funzione educativa del carcere"

Nella trasmissione di Porta a Porta di qualche giorno fa il Ministro Andrea Ronchi ha definito gli stupratori dei bambini "bestie". Breve violentissimo scontro con Rosy Bindi che ha contrapposto "la funzione educativa del carcere". Anzi, finita la trasmissione quando il Ministro proponeva il bacio della pace la motivazione del rifiuto della Bindi fu che "è un'aberrazione dire che chi stupra è una bestia".

In teoria sappiano tutti che il carcere dovrebbe essere espiazione e redenzione insieme, e lo può essere, e in qualche caso lo è anche. Ma complessivamente la realtà non è affatto quella che vorremmo che fosse.

E' ora di finirla con atteggiamenti in teoria nobili ma in pratica controproducenti.

Fini nobili, risultati negativi

Le agevolazioni ai carcerati previste dalla legge sono entrate nell'ordinamento con nobili fini. I risultati sono invece pesantemente negativi e ci riferiamo alla serie di reati gravi. In questi tempi in rapida successione abbiamo avuto tre dolorosissimi casi di violenza sui bambini. Si è addirittura scoperto che l'ultimo stupratore, il dipendente del Comune di Napoli, dopo tre anni dal fatto ha ancora con sé la bambina che aveva stuprato. Un caso che grida vendetta e che richiederebbe la ricerca delle responsabilità perseguendole in maniera inflessibile, chiunque avesse sbagliato anche solo per omissione.

L'esempio del 41-bis

Per quanto riguarda "la funzione rieducativa del carcere" di cui parla Rosy Bindi, essa vale certo per chi è condannato. Tenga conto però anche della "funzione educativa" indiretta, quella nei confronti della comunità. E lo vediamo con un esempio.

Stando sempre nell'ambito dei reati molto gravi sono tutti, o quasi, concordi sull'utilità del cosiddetto 41-bis, quell'articolo della legge 354/1975, ripetutamente poi modificato e prorogato, che consente al Guardasigilli di sospendere il normale trattamento dei carcerati, quindi con una serie di pesanti restrizioni compresa, in base ad altro articolo della stessa legge, l'impossibilità per i circa 700 del 41-bis, di avere i benefici (permessi premio, lavoro all'esterno, affidamento ai servizi sociali, semi-libertà, detenzione domiciliare) salvo che non collaborino con la Giustizia. Tutti, o quasi, concordi dunque sull'utilità do tale cosiddetto 41-bis che però, on. Bindi, non ha assolutamente nulla di "rieducativo" per il condannato ma è invece meritoriamente assai educativo per tutti gli altri. Ha spinto molti a collaborare, e quindi rendere un servizio alla Giustizia, è servito a prevenire crimini gravi, a costituire un disincentivo, ed è da notare che il 41-bis vale persino per chi è ancora in attesa di giudizio.

Violenza sui bambini, peggio del peggio

Se quanto sopra vale per reati sostanzialmente da criminalità organizzata, con il grado di gravità connesso, sta comunque il fatto che la violenza sui bambini rappresenta il peggio del peggio. Si segna spaventosamente una persona per tutta la vita con contraccolpi psicologici, consci e inconsci (noi peraltro riteniamo che sia così anche per la violenza sulle donne, ma in ogni caso stiamo al caso considerato, quello dell'infanzia). Il colpevole, chi compie questi atti per i quali non è fuori luogo usare il termine immondi, è anche per noi UNA BESTIA.

Siamo con il Ministro Ronchi e con la sua definizione. Ma non noi soli. In una rapida improvvisata piccola indagine abbiamo visto che in questo modo la pensano un po' tutti, di destra o di sinistra, con laurea o con licenza elementare, uomini e donne.

E la gente vuole giustizia. Ce ne sono due, quella formale e quella sommaria. Se viene meno la prima si diffonde la voglia della seconda, come abbiamo visto dalle immagini in TV che documentavano l'arresto dei responsabili. 'Rieduchiamo' quasi tutti gli italiani?

Un caso emblematico: Bozano

Era il 1971 e precisamente il 20 maggio. Passando in auto a Genova mi fermai chiedendo cosa fosse quel folto assembramento urlante davanti alla Questura. Eterogeneo, gente di tutte le età, di tutte le condizioni sociali. Cosa c'è? "Hanno preso l'assassino della ragazza". Era Lorenzo Bozano, in primo grado assolto per insufficienza di prove ma poi inchiodato all'ergastolo nell'appello e in Cassazione. Era l'assassino della undicenne Milena Sutter, un caso che aveva commosso Genova e l'Italia appassionando la pubblica opinione, fanciulla sparita il 6 maggio e poi trovata in mare davanti a Priaruggia, zona di Genova, riaffiorante dopo esser stata tenuta a fondo dalla cintura piombata da sub usata per appesantire il cadavere. Quando lui uscì fra un nugolo di poliziotti impressionante la reazione popolare. Era più forte di ciascuno di noi, la voglia di pestarlo, di prenderlo a calci e pugni, di sputargli addosso. E se non ci fosse stato un esercito di poliziotti sarebbe finito male. Due considerazioni:

E UNA. Di qui una prima considerazione relativa al fatto che ci sono troppi casi negativi di benefici, di indulgenze e via dicendo. Attenzione a quanto detto prima: la gente vuole giustizia (i più: giustizia, non vendetta). Ce ne sono due, quella formale e quella sommaria. Se viene meno la prima si diffonde la voglia della seconda, come abbiamo visto.

E DUE. La seconda, tornando alla Bindi. Dopo la condanna definitiva del 1976 Bozano fuggì in Francia dove fu rintracciato nel 1979 dalla nostra Polizia. Negataci l'estradizione la Francia però non se lo tenne e lo consegnò alla Svizzera. Da lì in Italia finendo a Porto Azzurro. Rieducazione: detenuto modello. Studiò. prese la maturità classica e lavorò come redattore nella "Grande promessa", il giornale del carcere.

Dopo 12 anni nonostante l'ergastolo già in regime di semilibertà. Si scoperse questo incredibile fatto solo quando, qualche tempo dopo, alla faccia della rieducazione, si prese un'altra condanna a due anni dal Tribunale di Livorno per aver usato violenza sessuale, - sia pur non completa, solo in linguaggio giuridico "una perquisizione" corporale ma probabilmente solo questa perché dovette fuggire - su una ragazza di 16 anni, spacciandosi per poliziotto. Ma intanto aveva trovato anche altro modo di manifestare la sua rieducazione: multa da sei miliardi comminatagli dalla Guardia di Finanza per aver dimenticato di pagare le tasse su un utile di mezzo miliardo derivante dalla sua attività extracarceraria di commerciante all'ingrosso di uova; percosse alla sua ex compagna Marzia Casiraghi, 47 anni; tentativo di insidiare una minorenne interpretato come «leggerezza» dal magistrato di sorveglianza di Firenze; un paio di avvisi di garanzia per altre «bravate» perpetrate durante i suoi soggiorni all'esterno del penitenziario.

Era stato 'rieducato'. Aveva studiato, si era dato da fare, aveva indossato l'abito di detenuto modello redento. Il carcere, on. Bindi, aveva svolto la sua 'funzione di rieducazione'.

Rieducazione? No, disastri

Sono ahimé troppi i casi in cui "la rieducazione" ha portato alla libertà e, con essa, a nuovi disastri. Un caso fra tanti, quello del massacratore del Circeo. Angelo Izzo, condannato all'ergastolo per il delitto del Circeo - quando fecero il giro del mondo le foto della ragazza morta e dell'altra insanguinata nel baule dell'auto salvatasi perché si finse morta - in semilibertà quasi a documentare che il lupo perde il pelo e non il vizio, nuovamente bi-assassino con nuovo ergastolo.

Ha ragione Ronchi.

A scanso di equivoci sono certo pochi i carcerati ai quali il termine caro a Rosy Bindi, "essere umano", non si addice per nulla, e invece si addice, a cominciare proprio dagli stupratori di bambini, quello di "bestie". Anzi, andremo oltre fornendo una integrazione all'incompleta definizione del Ministro. Va cioè chiesto scusa alle bestie per l'accostamento visto e considerato che questi delinquenti sono molto peggio delle bestie che anche quando uccidono lo fanno solo per una ragione di sopravvivenza, "mors tua vita mea" e che in genere hanno, loto, molto rispetto dei cuccioli.

Affidando la soluzione dei problemi solo a esortazioni e auspici, pure muovendo da nobili sentimenti, non si fa altro che aggravarli aumentando la sfiducia dei cittadini.

La piaga dei benefici facili

Ultima considerazione quella della piaga dei benefici a chi dimostra poi di non averli meritati. Gozzini e soci, per risalire all'inizio, hanno concepito un quadro di provvedimenti tali da associare concretamente all'espiazione la redenzione. Finalità meritevole posto però che l'intero meccanismo funzioni come un orologio e nella totale obiettività.

Facciamo una nostra ricostruzione reale in un carcere virtuale per un detenuto virtuale, il sign. Scarpasacchi. Questi, secondo il suggerimento del suo legale che la legge conosce presenta istanza per uno o più dei benefici previsti. C'è da istruire questa pratica. Ci sarà una virtuale assistente sociale che deve cominciare a mettere nero su bianco. Immedesimiamoci in questa s.a Scarpabuchi. Fatta esclusione per il caso del sign. Straredento che, una volta in carcere, si è convertito a tutto, al rispetto delle leggi, delle norme, dei regolamenti, dell'etica, della religione e di quanto ancora volete metterci voi, e per il quale diventa facile scrivere una relazione, il compito non è dei più facili. Come si fa ad esempio a scrivere che forse è meglio aspettare ancora un po', che il sign. Scarpasacchi non sarebbe proprio da considerare pronto eccetera eccetera? Se lo scrive poi dato che in carcere le mura hanno orecchie come la prenderebbero gli altri detenuti? Male ovviamente. Un po' combattuta, magari con qualche frase per salvare la coscienza del tipo "sarebbe forse da esaminare.." e via qualche aspetto di dettaglio, se la veda poi il dr. Scarpapane psicologo virtuale. Stessa solfa. Anche nel raro caso che l'assistente sociale virtuale incoscientemente avesse dato parere negativo, come si fa ad esempio a scrivere che forse è meglio aspettare ancora un po', che il sign. Scarpasacchi non sarebbe proprio da considerare pronto eccetera eccetera? Se lo scrive poi dato che in carcere le mura hanno orecchie come la prenderebbero gli altri detenuti? Male ovviamente. E allora, sia pure con qualche inciso tipo quello della s.a Scarabuchi, il dr. Scarpapane dà il suo OK, lievissimamente condizionato passando la relazione al direttore virtuale del nostro carcere virtuale, dr. Scarpavino. Questi esamina e poi persino nel caso rarissimo di un parere negativo, forse in vista di un trasferimento prossimo, come si fa ad esempio a scrivere che forse è meglio aspettare ancora un po', che il sign. Scarpasacchi non sarebbe proprio da considerare pronto eccetera eccetera? Se lo scrive poi dato che in carcere le mura hanno orecchie come la prenderebbero gli altri detenuti? Male ovviamente. Guai in vista cioè, e indirettamente anche per la propria carriera. E poi in fin dei conti tocca al magistrato di sorveglianza decidere. Ecco quindi che l'incartamento arriva al magistrato virtuale dr. Scarpadolce il quale legge la relazione del direttore virtuale del carcere che certifica "su conforme parere dell'assistente sociale virtuale, dello psicologo virtuale ed anche su incoraggiamento del cappellano virtuale". Che fare a questo punto? Comprensibilmente virtuale, pardon concreta e reale, concessione dei benefici.

Ineluttabile? No. Concessi i benefici a chi ne approfitta per tornare a delinquere, dimostrata l'impossibilità della redenzione, per il detenuto l'espiazione, a livello di 41-bis. Contestualmente però anche indagine amministrativa a carico dei siggn. Scarabuchi, Scarpapane, Scarpavino per verificare quanto scritto nelle loro rispettive relazioni, nonché valutazione delle motivazioni addotte dal dr. Scarpadolce nel suo conclusivo provvedimento.

La cultura della legalità richiede certezza della pena, quella che oggi manca.

Frizziero

Frizziero
Giustizia