Giustizia, la pena di morte

GIUSTIZIA: LA PENA DI MORTE

Il caso Bernabei ha appassionato in particolare gli italiani, sino alla esecuzione. Poi, di colpo, l'attenzione di tutti, in primis dei mass-media, si è volta verso altre cose. Certo, c'era un problema umano legato a Bernabei, la cui vita si voleva salva, ma non c'era solo quello. C'era, e resta, il problema della persistenza della pena di morte in molti Stati. Se, sepolto Bernabei, non c'è stato più nulla da fare, tutto invece resta da fare per fare scomparire dagli ordinamenti statuali questa pena che ricorda, ahimé, l'antica legge del taglione.
Alle ragioni etiche che i sostenitori dell'abolizione della pena di morte negli Stati che ancora oggi la prevedono nei loro ordinamenti, si aggiunge qui un richiamo storico.
Nel 1507 in Venezia Pietro Tascal, detto il Fornareto, in quanto garzone di fornaio, fu accusato di assassinio, condannato e impiccato. Emerse poi la sua innocenza. Il Consiglio dei Dieci, potentissimo organismo della Serenissima Repubblica, ne decise pubblicamente la riabilitazione, ordinando che da allora in poi, a conclusione di un giudizio e prima che i giudici si ritirassero in camera di consiglio, il cancelliere recitasse la formula "Recordève del pòvaro Fornareto" ("Ricordatevi del povero fornaretto"), monito per una estrema attenzione a non commettere errori giudiziari che, se la condanna è la morte, possono portare alla riabilitazione ma non alla resurrezione.
Da notare che, nella revisione del giudizio, scoperte le responsabilità di un potente questi non venne condannato a morte, ma ad una pena ancor più pesante: confisca dei beni ed esilio, pena che potrebbe essere definita perfida - in realtà giusta - per chi, abituato agli agi e agli onori, avrebbe dovuto passare il resto dei giorni a mendicare avanzi di cibo e una stalla o una porcilaia per dormire.
D'accordo che la privazione della vita non ha rimedio, ma se chi si macchia di delitti efferati ha davanti a sé la prospettiva di finire i suoi giorni in un carcere, e inizialmente nell'isolamento (con visita dei familiari a Natale (e una visita all'anno è già una in più rispetto ai familiari di chi è rimasto vittima!), giorno dopo giorno deve ragionare su quello che ha fatto. E chi è sulla stessa strada deve sapere che non può contare sugli sconti di pena, sui regimi speciali, sull'uscita dal carcere, sulle licenze d'uscita e quant'altro una legislazione e magari anche una sua applicazione troppo permissive hanno messo sul piatto.

La Gazzetta di Sondrio, 1 marzo 2006

Il caso Bernabe appassionò la pubblica opinione avendo il condannato a morte sempre sostenuto la sua innocenza, gli assassini essendo i tre che vivevano con lui. Non gli credettero. Lo ritiriamo fuori dall'archivio per sottolineare come il tema sia ancora attuale visto che pochi giorni fa il boia, non con la scure, il cappio o la lama della ghigliottina ma sempre boia ha avuto da fare dominuendo la popolazione mondiale di una unità.

 

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