DA ATTILIO PANDINI per "A las cinco de la tarde" (e nostra nota)
Caro Frizziero, complimenti per la tua "Gazzetta" e in particolare per "A las cinco de la tarde". L'articolo ti fa grande onore. L'hai scritto proprio nel momento in cui sono risuonati più cupi gli hallalis della chasse à courre, annuncianti che la bestia inseguita è allo stremo, alla mercé dei suoi inseguitori. Dopo il Cinghialone, ora tocca al Caimano di essere travolto senza pietà dalla casta sinistra delle toghe. Fra gli avversari di B., soltanto Casini e pochi altri hanno visto i segni pesanti della persecuzione nel comportamento di quei giudici. Dai quali non si è levata finora una sola voce non dico di resipiscenza, ma anche soltanto di parziale critica sugli eccessi e le storture dei tribunali. Spero che ti giungano da molte parti parole di consenso e di stima per la tua chiara presa di posizione. Vorrebbe dire, se giungessero, che forse per il nosro amato Paese non tutto è perduto.
Ciao, una stretta di mano dal tuo
Attilio Pandini
(Attilio Pandini é una perla del giornalismo valtellinese, Premio 'Ciavenasc 2004'. Giovanissimo diresse, lanciandolo con modernità, L'Eco delle Valli. Poi in RAI, fra l'altro corrispondente dalla Svizzera. Fu anche redattore capo de L'Avanti e autore di numerose pubblicazioni. ndr)
Nel tempo di tangentopoli ho scritto, anzi riscritto visto che l'ho pensato ed esternato da sempre, che per chi ruba nella o alla pubblica amministrazione la legge italiana non basta. Ci vorrebbe quella araba del taglio, cominciando con una mano e proseguendo in caso di recidiva.
Ho, per altro verso, ripetutamente citato il caso di Pietro Tascal, garzone di fornaio passato alla storia come "Il fornareto di Venezia", personaggio rappresentato e filmato con le licenze poetiche del caso. In calce (xx) uno stralcio da miei articoli su questo tema, pubblicati anche da oltre una decina d'anni fa, con, in calce, anche un testo documentale.
In altri termini ho sempre espresso l'esigenza di una posizione di equilibrio, sintetizzata dall'usata e riusata locuzione latina "est modus in rebus".
Siamo al braccio di ferro, ossia all'esatto opposto, dal quale nessuno risulterà vincitore. Qualcuno vince subito ma in realtà crede di aver vinto perché, chi subito e chi dopo, perdono tutti. E il conto non lo pagano solo loro ma l'intera comunità.
Vado al tempo di tangentopoli. Iniziata la bufera con l'arresto il 17 gennaio del 1992 del "mariuolo", come disse Craxi, provocandone le reazioni, Chiesa, il PSI si trovò nel mirino. Qualche democristiano che non condivideva la politica delle due sponde (al centro DC e PSI erano insieme, in periferia il PSI giocava sui due tavoli, DC e PCI) si era per così dire rallegrato. Il direttore dell'Avanti, Ugo Intini, persona capace e stimata da tutti, ebbe ad ammonire quei dc "state attenti perché dopo il PSI toccherà alla DC". Non toccò a tutta la DC ma al cosiddetto CAF (Craxi, Andreotti, Forlani) e il perché lo lasciamo alla valutazione dei lettori. Le patrie galere si aprirono per molti, e oggi lo possiamo dire visto come sono andate le cose, con molta superficialità se é vero come vero che una parte notevole di quelli finiti dietro le sbarre ebbe a subire un vero e proprio torto perché poi riconosciuti innocenti. Esemplare il caso del consigliere lombardo DC Adamoli. Stimato da tutti era stato designato per la Presidenza della Regione. Due o tre giorni prima del voto in galera. Niente Presidenza per lui ma anche per la DC visto che poi fu nominata Fiorella Ghilardotti del PCI, niente Consiglio perché correttamente si era dimesso, per essere poi riconosciuto innocente su tutta la linea. E' vero che poi quelli che venivano riconosciuti innocenti prendevano un risarcimento dallo Stato ma a questo proposito vale quanto dichiarato dall'ex assessore Serafino Generoso. Definitivamente assolto, e su tutta la linea, in due processi avuti 50 milioni dallo Stato, disse: 50 milioni, ma sei anni di tormenti per l'inutile gridare alla propria innocenza perché per la gente "fan tutti così"! Sei annhi di vita persi e gli altri rovinati!
Quella stagione fu meritoria per questioni di pulizia, sebbene con un certo strabismo politico su cui comunque non vogliamo soffermarci. Non si può però far finta di niente di fronte a casi come quelli citati o come quelli minuziosamente descritti da Carlo Giovanardi nel suo libro "Storie di straordinaria ingiustizia", Koinè edizioni.
La dote fondamentale di un magistrato dovrebbe essere l'equilibrio, da cui ne viene l'imparzialità. Le frasi che si sentono "il magistrato applica la legge" sono una idiozia unica. Certo, se uno passa col rosso non c'é molto da discutere, ma magari anche lì in qualche caso ci potrebbe essere la situazione particolare, il guasto, un malore e così via.
Normalmente occorre interpretare le leggi. E' stato coniato persino un detto "Le leggi per gli amici si interpretano per gli altri si applicano" anche se ovviamente in genere non é così anche perché c'é poi anche l'altro versante, quello degli avvocati, dei rinvii, delle eccezioni formali, del contrasto di perizie e quant'altro.
Torniamo a noi. La discesa in campo di Ingroia, e l'allenza con Di Pietro sono illuminanti. Il risultato elettorale é addirittura inferiore a quello che potevano portare i personaggi della sinistra imbarcati nell'iniziativa. Gli italiani hanno detto un NO grande come una casa, quando ne hanno avuto occasione come nell'ultima consultazione elettorale, al giustizialismo. No ai bracci di ferro.
C'é però ancora. Napolitano é intervenuto sulla posizione di equilibrio dei poteri. Napoli ha risposto perché così si può interpretare la dichiarazione che il PM non chiederà nel processo l'arresto di Berlusconi. Milano ha risposto fissando un calendario di udienze giusto i giorni in cui Berlusconi dovrebbe essere impegnato nelle consultazioni e adempimenti vari conseguenti.
Braccio di ferro dunque persino con il Presidente della Repubblica che é il Presidente del CSM.
D'altronde noi ci avevamo fatto conto tanto da scriverne nell'articolo "SILVIO BERLUSCONI, A LAS CINCO DE LA TARDE pubblicato su questo stesso numero e leggibile all'indirizzo in calce (x).
Ma dopo?
Dopo sarà come, inizio di questo articolo, diceva Intini. Dopo Berlusconi toccherà ad altri, fino alla scomparsa di una generazione di classe dirigente. Potrebbe non essere così se invece intervenisse la sindrome francese. Se cioé non partisse, come fu per la rivoluzione francese, l'auto-cannibalismo con la crescente attività di madame Guillotin, nel nostro caso politicamente parlando naturalmente. Esempio degli esempi l'incorruttibile Maximilien-François-Marie-Isidore de Robespierre
E Berlusconi? Tutti lo dipingono come un guerriero. Non sappiamo se sia proprio questa la definizione da attribuirgli. Una cosa é comunque certa, che non é tipo di accettare sconfitte, come sarebbe la cacciata dal Parlamento, il che in altri termini sta a a significare che l'Italia rischia di averne due di Grillo. Tutt'affatto differenti, lontanissimi uno dall'altro, ma entrambi accomunati dal chiamarsi fuori.- Pericoloso.
Non serve vedere come si é arrivati ad oggi. Non serve in questo momento perché é il più drammatico con gli avvoltoi della finanza appollaiati in attesa. Dire, come é in realtà, che la decisione di Monti di rimangiarsi quanto solennemente detto e ripetuto all'inizio, che cioé non sarebbe sceso in politica é stata esiziale, serve per la cronaca. Lo stesso Napolitano era stato spiazzato perché senza questa improvvida decisione avrebbe comunque avuto una carta di riserva circa la successione al Quirinale, con un risultato elettorale che sarebbe stato comunque diverso.
Due dei fautori l'hanno pagata questa decisione, il terzo, quello che sembrava il Messia con le schiere della società civile da portare al professore della Bocconi, no.
Dai bracci di ferro ai vicoli ciechi non dimenticando però i grillini che troppi stanno pensando in via, prima o poi, di frammentazione, troppi che non hanno capito niente (magari, al contrario, siamo noi a non avere capito niente...).
Caro Attilio, sono partito per fare alcune brevi osservazioni e invece ho dilagato. Meglio così, gli spunti di riflessione sono così aumentatin e ciascuno può vederla come vuole traendo le conclusioni che vuole.
Alberto Frizziero
L'articolo su Berlusconi
(x) http://www.gazzettadisondrio.it/40343-silvio_berlusconi__a_las_cinco_de_...
(xx) Il fornareto (da articoli precedenti)
1) Nel 1507 in Venezia Pietro Tascal, detto il Fornareto, in quanto garzone di fornaio, fu accusato di assassinio, condannato e impiccato. Emerse poi la sua innocenza. Il Consiglio dei Dieci, potentissimo organismo della Serenissima Repubblica, ne decise pubblicamente la riabilitazione, ordinando che da allora in poi, a conclusione di un giudizio e prima che i giudici si ritirassero in camera di consiglio, il cancelliere recitasse la formula "Recordève del pòvaro Fornareto" ("Ricordatevi del povero fornaretto"), monito per una estrema attenzione a non commettere errori giudiziari che, se la condanna è la morte, possono portare alla riabilitazione ma non alla resurrezione.
Da notare che, nella revisione del giudizio, scoperte le responsabilità di un potente questi non venne condannato a morte, ma ad una pena ancor più pesante: confisca dei beni ed esilio, pena che potrebbe essere definita perfida - in realtà giusta - per chi, abituato agli agi e agli onori, avrebbe dovuto passare il resto dei giorni a mendicare avanzi di cibo e una stalla o una porcilaia per dormire.
2) Consiglio la lettura della vicenda di Pietro Tascal detto il Fornareto, condannato a morte nel 1507, e soprattutto cosa con la sua riabilitazione fu deciso a Venezia in relazione a come da allora in poi dovessero concludersi i processi".
In un'udienza del processo Cusani vi era stata una citazione al riguardo da parte del Presidente De Burghis, al quale avevamo, a fine udienza, fornito alcuni dettagli che aveva gradito. Ma quanti sono i magistrati che conoscono la vicenda?
La sintetizziamo in breve.
Si narra che una mattina presto Pietro Tascal, fornaio (fornareto), trovò un uomo morto pugnalato davanti ad un portone. Venne subito condannato di omicidio, torturato fino a fargli confessare il delitto non commesso, e giustiziato il 22 marzo 1507 tra le due colonne della piazzetta di S. Marco.
Emerse poi la sua innocenza, il caso fu riaperto e Piatro Tascal riabilitato.
Non solo fu deciso che, a monito, restassero sempre accese due lampade votive sul lato a Sud della basilica di S. Marco, tra i due archi del piano superiore, ma anche che il segretario del Consiglio dei Dieci, massimo organo giurisdizionale penale di Venezia, ammonisse i consiglieri prima che pronunciassero ogni sentenza, per guardarsi dai pericoli di un processo soltanto indiziario, quand'anche sussistesse la confessione dell'accusato, che di solito era ottenuta con la tortura. Questo il monito alla Corte: "Recordève del povero fornareto"
3) Il documento (da Luigi Grande "Gli sbagli di Vostro Onore")
«Fu ritrovato in tempo di notte da Ministri in Venezia un cadavere con un coltello trentino in petto, appresso di cui stava in piedi osservandolo un Pistore, che teneva una vagina al fianco. Estratto da' Ministri il coltello dalla ferita, e fatta osservazione che s'accomodava aggiustatamente alla vagina del Pistore, fu condotto nella forza della Giustizia; posto alla tortura, e a forza di tormenti confessò il non commesso delitto, e stante la confessione pagò la pena non meritata con l'ultimo supplicio. Di lì a pochi giorni fu un bandito ritenuto con l'alternativa della forca. Questo avanti di morire si confessò reo di quell'homicidio e dichiarò l'infelice Pistore innocente. Per la stravaganza di tal caso decretò l'Eccelso Consiglio dei Dieci che qualunque volta, che si trattasse di materia di indizi in detto Eccelso Tribunale, dovesse dal Secretario esser ad alta voce aricordato il caso del Pistore; formalità ch'anco di presente vive in viridi observantia».