CALCIOPOLI: DAL 18 GIUGNO NON CI SARANNO PIU' NOTIZIE
Tra circa 10 giorni sarà limitata la libertà di stampa nel nostro Paese: dal 18 giugno, saranno ridotte le "fonti" dei giornalisti. Il Procuratore della Repubblica diventerà una sorta di monarca assoluto in tema di diffusione delle notizie riguardanti il suo ufficio. E i Pubblici ministeri non potranno più intrattenere rapporti con i cronisti, anzi dovranno tenere la bocca cucita (altrimenti finiranno sotto processo disciplinare davanti al Csm).
Saranno queste le conseguenze di una norma passata quasi sotto silenzio e nascosta tra le pieghe della riforma varata dal governo Berlusconi su proposta dell'ex ministro leghista della Giustizia Castelli, che potrebbe avere un effetto devastante non solo per agenzie di stampa, giornali, radio, tv e siti internet, che saranno appiattiti sulle notizie come avveniva all'inizio del secolo scorso, ma soprattutto per l'opinione pubblica.
Ne faranno così le spese migliaia di processi penali in tutta Italia, a partire proprio dallo scandalo di "Calciopoli". In pratica, verrà di fatto imbavagliato il mondo dell'informazione in aperta violazione dell'articolo 21 della Costituzione, che garantisce il diritto dei cittadini ad essere correttamente e compiutamente informati.
Ecco le novità dell'art. 5 decreto legislativo n. 106 del 20 febbraio scorso, riguardante "Disposizioni in materia di riorganizzazione dell'ufficio del pubblico ministero" (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 66 del 20 Marzo 2006), che entreranno in vigore a partire dal 18 giugno prossimo:
1) i rapporti con la stampa saranno tenuti personalmente dal Procuratore della Repubblica o tramite un magistrato dell'ufficio appositamente delegato;
2) saranno vietati i comportamenti che determinano la divulgazione di atti del procedimento coperti dal segreto o di cui sia previsto il divieto di pubblicazione;
3) ogni informazione sulle attività della Procura della Repubblica dovrà essere fornita attribuendola in modo impersonale all'ufficio ed escludendo ogni riferimento ai magistrati "assegnatari" del procedimento, che non potranno rilasciare dichiarazioni o fornire notizie agli organi di informazione sull'attività giudiziaria fino a quando non passerà in giudicato la relativa sentenza;
4) i magistrati, che aggireranno tale divieto, saranno perseguiti disciplinarmente da parte del Consiglio Superiore della Magistratura. Infatti il Procuratore della Repubblica avrà l'obbligo di segnalare le eventuali trasgressioni al Consiglio giudiziario per l'esercizio del potere di vigilanza e di sollecitazione dell'azione disciplinare.
Secondo il Presidente dell'Ordine dei Giornalisti della Lombardia Franco Abruzzo si annunciano quindi per i giornalisti, perché . E viene così tradito il principio affermato 34 anni fa dalla Corte costituzionale nella sentenza 105 del 1972: .
Per il professor Abruzzo, la Costituzione disegna una professione giornalistica libera, non soggetta ad autorizzazioni e censure. Il ruolo "monopolista" ora assegnato dal decreto n. 106 ai Procuratori della Repubblica contrasta con i principi della Costituzione e non appare giustificato dall'evoluzione della giurisprudenza sul diritto di cronaca giudiziaria.
In particolare del generalissimo Luigi Cadorna, quando l'Italia era impegnata nella prima guerra mondiale: i giornali erano obbligati a pubblicare soltanto i bollettini del Comando supremo; potevano, però, scrivere articoli di colore sulla guerra. I giornali saranno costretti a pubblicare soltanto quel che dice il Procuratore capo della Repubblica novello Cadorna?>
In conclusione, si chiede Abruzzo: che accadrà se i giornali pubblicheranno notizie giudiziarie fuori dal canale ufficiale? Si apriranno inchieste a caccia del magistrato troppo loquace? Avremo un'informazione giudiziaria centralizzata e reticente? E che significa che tutte le informazioni sulle attività dell'ufficio del Pm dovranno essere attribuite impersonalmente allo stesso Ufficio? I giornali dovranno censurare i nomi dei magistrati, che si occupano delle singole inchieste? E se ciò non dovesse accadere?
Ecco perché è necessario che il nuovo Presidente del Consiglio Romano Prodi insieme al ministro della Giustizia e giornalista Clemente Mastella - d'intesa con il Consiglio nazionale dell'Ordine dei Giornalisti e la Fnsi (sindacato nazionale unitario della categoria) - affrontino al più presto la spinosa e delicata questione, affinché - venga al più presto rielaborato l'art. 5 del decreto 106 del 2006 nel pieno rispetto della libertà di stampa e dei principi costituzionali.
Pierluigi Franz. Consigliere nazionale FNSI
Nota del Direttore
La nota di Franz inviataci (CONSULTA www.odg.mi.it ) stimola un commento
Bisogna dire infatti, se si vuol usare onestà intellettuale, che chi è causa del suo mal pianga se stesso.
Se la persona, e la sua dignità, deve essere al centro non c’è fine che giustifichi i mezzi. Eppure il dio scoop in mille occasioni è stato il dominatore. Chi ha rispettato e rispetta l’art. 8 della legge 47? Il tizio, messo alla gogna ingiustamente, quando è fortunato si ritrova la sua rettifica ridotta a trafiletto in una pagina secondaria contro legge.
Questo per la categoria. Per quanto riguarda la Magistratura, le cosiddette “fughe di notizie2 quasi mai indagate, fanno sì che gli interessati debbano sapere le cose dai giornali, oltre a tutto senza avere la contestuale possibilità di esprimere il loro punto di vista.
Se si tira troppo la corda…
Dal provvedimento di cui sopra i giornalisti seri non hanno nulla da temere. Lo hanno quelli “ammanicati”, quelli che riescono ad avere fonti privilegiate, chissà, magari anche la donna delle pulizie che ha accesso agli uffici…! (ndr)