La vicenda di Dubino: parte civile gli altri 77 Sindaci contro l'ex collega, ora dimissionario. E parliamo di urbanistica onesta

Il Sindaco di Dubino, arrestato l'altro giorno perché colto in flagranza di reato avendo appena intascato la somma di 5000 €uro, in precedenza fotocopiati e segnati dalla Polizia Giudiziaria, in cambio di una variazione di destinazione d'uso nel Piano di Governo del Territorio di Dubino ormai in fase finale, ha avuto ieri qualcosa da fare mentre era al fresco. Non quello meteorologico che fa sembrare di essere a novembre, ma un fresco particolare, quello del linguaggio figurato.

L'Amministrazione Penitenziaria gli ha fornito carta e penna e così Stefano Barri con quello che ha scritto, e sottoscritto, da Sindaco di Dubino é diventato ex Sindaco di Dubino. Al di là delle motivazioni formali in questi casi i presupposti per la detenzione dietro le sbarre sono tre: il pericolo di fuga, il rischio di inquinamento delle prove e il rischio di reiterazione del reato. Se non c'é pericolo di fuga la reiterazione del reato, da ex, non é possibile e l'inquinamento delle prove pure per come é stata condotta l'indagine con acquisizione di elementi che lasciano poco spazio ai dubbi, possono essere chiesti domiciliari (fermo restando sempre il principio che si é colpevoli solo a sentenza definitiva).

Se quel che é apparso viene confermato dovrebbe esserci la costituzione di parte civile degli altri 77 Sindaci, o di uno ma in rappresentanza dei 77, con la richiesta di risarcimento morale per l'ombra gettata sui primi cittadini: un €uro per ogni Sindaco, pochissimo in valore venale, tanto in valore morale.

L'urbanistica onesta

La triste vicenda di Dubino fornisce l'occasione di fare il punto sull'urbanistica.

Il problema é il solito. Nel definire lo sviluppo delle città e dei paesi, l'edificabilità di certe zone, la destinazione a standard (le aree per i vari servizi pubblici come scuole, verde, parcheggi ecc. ecc.) é richiesta la massima attenzione a cominciare dagli amministratori del Comune ma non solo. Semplicemente usando un colore o un altro su un terreno si può rendere milionario un poveraccio o poveraccio un milionario secondo che il colore indichi l'edificabilità oppure che indichi l'indicazione a standard.

L'urbanistica é la disciplina che si occupa dello sviluppo delle città e dei paesi. Il modo corretto di praticarla é quello di delineare una strategia e poi tradurla in concreto. La strategia presuppone avere l'idea di cosa si vuole nei prossimi, diciamo,10 anni almeno, individuando poi il da farsi lungo tre direttrici: recupero, riassetto, sviluppo. Lo strumento principale, non il solo, é il Piano di Governo del Territorio che deve essere coerente con il piano di larga maglia, oggi Piano Territoriale provinciale. Poi va calato nella realtà cittadina individuando modi e tempi di intervento, regole e vincoli. E' chiaro a questo punto che qualsiasi scelta si faccia, comprese - importanti - quelle della mobilità che orientano i flussi, si condiziano i valori fondiari. E' mera assurdità ritenere che esista la possibilità di intervenire in modo neutro, magari sul piano tecnico. La strategia é compito esclusivo degli amministratori, le scelte conseguenti possono, e non sempre, vedere l'intervento anche dei tecnici onde valutare la fattibilità delle linee scelte dagli amministratori. A loro poi spetta la stesura delle proposte conclusive, da sottoporre poi al vaglio istituzionale, politico, anche economico.

Il quadro di cui avanti é soggetto, ovunque, a comprensibili pressioni. Chiunque vorrebbe edificabile il proprio terreno e lo standard sul suolo del vicino. Un criterio da seguire se si dà retta al diavoletto, o diavolone secondo i casi, é quello di tenere in debita considerazione, eufemismo, i terreni o propri o di familiari o di amici e poi scegliere quelli da vincolare fra le proprietà altrui. E' un criterio che, integralmente magari no ma parzialmente sì, tenta molti amministratori, come la stampa nazionale ha periodicamente riportato.

L'antidoto?

C'é ed é il parlare chiaro, senzac reticenze o di timori fin dall'inizio della elaborazione. C'é un esempio, il più difficile di tutti perché riguardava una parte della città pressoché interamente modificata: il piano particolareggfiato del Centro Storico, poi Piano di recupero ai sensi della legge 457/78 quando questa uscì introducendo il nuovo strumento urbanistico. Un giornale fatto apposta per spiegare innanzitutto ai residenti il problema, i vari passaggi, possibilità e vincoli. Poi quattro pubbliche riunioni aperte a tutti innun progressivo crescendo sino ad arrivare alla tavola finale, quella diceva cosa fare casa per casa.

Evidente che comunque resta chi é soddisfatto e chi no ma risulta evidente che chi é soddisfatto non lo é perché amico dei Sindaco o dell'assessore e chi é 'trattato male' non lo é perche ce l'hanno con lui ma perché applicando tutto quanto visto prima - le prime tre tavole nell'esempio precedente si perviene a quella soluzione.

Ogni scelta deve avere la sua ragione e soprattutto questa deve essere chiara e tale da essere, anche per iscritto, esibita a qualsiasi cittadino. E ogni passaggio deve essere collegiale. Da sfatare infine quello che qualcuno sostiene ovvero che sono i tecnici che fanno i piani. Le scelte di fondo le fanno gli amministratori che devono risponderne.

Alberto Frizziero

Alberto Frizziero
Giustizia