TERRORISMO. RIFORMA DELLA GIUSTIZIA.

di Alberto Frizziero




Dunque per il
terrorismo...


Abbiamo nel predente articolo visto che cosa bisognerebbe fare
di fronte al terrorismo, senza con questo voler insegnare a
nessuno alcunché. Con una eccezione: bisogna far capire alla
gente che il problema non é solo del Governo, dei Ministri,
delle Forze dell'Ordine, dei Servizi segreti.

Il terrorista può essere chiunque, anche il vicino della porta
accanto. Non si tratta di instaurare uno Stato di polizia o
investire tutto e tutti di sospetti, ma sollecitare l'attenzione
sì e fare ciascuno la propria parte. Ce n'é una che può fare
ciascuno di noi, senza timori e senza indulgenze: contrastare
con ogni mezzo quei predicatori della tolleranza che finiscono a
fare il gioco degli altri. Non ci riferiamo a quelli degli iman
che hanno trasformato qualche moschea italiana, senza colpa dei
frequentatori soggetti però a un negativo imbonimento, in
centrali propagandistiche e non solo.

Ci riferiamo ai canterini di casa nostra, politici o
intellettuali, che non hanno ancora capito che le guerre vanno
fatte non col fioretto o con le esortazioni e gli inviti, e
neppure con le politiche di lungo raggio che potranno dare i
loro effetti tra 20, 30 o forse più anni.

Impariamo dagli inglesi. Al n. 10 di Downing Street non c'é un
conservatore o un liberale ma un laburista. Il sindaco di
Londra, Ken Livingstone, di sinistra e tutt'altro che moderata,
é stato decisissimo dopo gli attentati e anche dopo l'uccisione
del pakistano in fuga, ritenuto bombarolo e poi rivelatosi
innocente. Scalpitano per l'etiope catturato a Roma, e in questi
giorni lo interrogheranno, perché giustamente vogliono correre
(l'egiziano rapito in Italia dalla CIA era sotto indagine per le
sue attività sovversive. Il fascicolo a Palazzo di Giustizia di
Milano era aperto non da due settimane o da due mesi ma da due
anni!).

Cerchiamo di imparare dagli inglesi. Anche nelle espulsioni,
come hanno appena fatto.

E si muovano, come hanno fatto a Roma i centro-africani, gli
extracomunitari presenti in Italia. Tranne molti albanesi, molti
slavi e qualche romeno - e, per alcuni aspetti, qualche cinese -
in genere hanno dimostrato di essere brave persone, onesti
lavoratori, persone rispettose e pressoché ovunque hanno trovato
una positiva accoglienza.

A loro il compito di isolare gli estremisti e, se qualcuno va
oltre trovare il sistema di fornire opportunamente le notizie
del caso, persino in forma anonima se appare opportuno.

Torniamo ora alla Giustizia e al "dopo-Riforma", proseguendo
nelle riflessioni del primo articolo, riflessioni a temi
specifici.


La Legge, per gli
amici...


Molto tempo fa é stato coniato il detto "La legge per gli amici
si interpreta, per gli altri si applica", lasciando intendere
quindi l'ampio margine di discrezionalità che comunque il
giudice viene ad avere, anche se il detto é malizioso. In realtà
la discrezionalità può sì venire "dall'amicizia" o, pare di moda
in questi ultimi anni, non da amicizie dirette personali ma da
posizioni para-ideologiche o anche para-politiche. Per
esemplificare, evitando casi simili, basta vedere le posizioni
ufficiali di Magistratura Democratica oppure le posizioni di
suoi esponenti di punta.

Prendiamo ad esempio le parole del segretario nazionale di M.D.
Ignazio J. Patrone: "L'impegno pubblico del magistrato, svolto
nel rispetto delle leggi vigenti, costituisce un valore positivo
per la vita politica ed istituzionale, nulla avendo a che fare
con favori a un amico o a 'un cugino'". In astratto va bene. In
concreto se su un tema caldo capito di fronte al magistrato che
il giorno prima ha esercitato il suo "impegno pubblico" con
testi esattamente opposte alle mie, posso avere il dubbio che,
pur in buona fede, il giudizio non sia equanime?


Giustizia e
Costituzione


Nel precedente articolo abbiamo evocato il dovuto rispetto dello
"Spirito delle leggi", dei sacri principi cioè del 1748 di Charles-Luis de Secondat, barone di
Montesquieu che vanno sì invocati da ciascuno dei tre, ma anche
parallelamente e specularmente rispettati.
"La Giustizia é amministrata in nome del popolo". Questa
norma esclude il giustizialismo.

"I giudice sono soggetti soltanto alla legge". Questa norma, in
re ipsa, esclude l'interpretazione stravagante della legge.

C'é però, seppure in altra parte della Carta Cpstituzionale,
l'altra norma, quella dell'inviolabilità della libertà
personale, salvo atti motivati dell'Autorità Giudiziaria e nei
soli casi previsti dalla legge.


Il principio di
responsabilità


Esiste, per tutti o quasi, il principio di responsabilità.

Ci riferiamo direttamente al CSM. Questa la posizione del
Consiglio Superiore della Magistratura: "l’ordinamento italiano
non prevede figure tipiche di illecito disciplinare, ma
contempla una ipotesi generica – condotta che renda il
magistrato immeritevole della fiducia di cui deve godere o che
comprometta il prestigio dell’ordine giudiziario – tale che è,
poi, il giudice disciplinare a dover valutare, di volta in
volta, se sia venuta meno la fiducia o se sia compromesso il
prestigio e individuare la sanzione (ammonimento, censura,
perdita dell’anzianità, rimozione, destituzione) adeguata alla
importanza dell’illecito accertato".

Non si può non ricordare il caso Tortora.


I Giudici di
Tortora


I due giudici del processo Tortora hanno fatto un carrierone.

Lucio di Pietro, nonostante il crack del processo a Tortora e
alla Nuova camorra organizzata con centinaia di arresti, ha
fatto una brillante carriera, scalando tutti i gradini della
nomenklatura inquirente sino ad arrivare, udite, udite, Vice
della Direzione Nazionale Antimafia. Non l'hanno fatto arrivare
lì i politici ma la Magistratura stessa...

Ancora più clamoroso il caso dell'altro giudice, Felice di
Persia, visto che é  persino stato eletto al CSM. Qualcuno
l'ha ben candidato. In tanti lo hanno ben votato...

Errare é umano. Si può sbagliare persino, oltre che in buona
fede, avendo cercato di fare al meglio il proprio lavoro.

Ma dopo la gigantesca cantonata premiarli, e no! Una cosa del
genere grida vendetta e fa imbestialire la gente oltre che
nuocere al prestigio stesso della Magistratura. Resistere,
resistere, resistere, lo diciamo noi, semplici cittadini di
fronte a queste cose abominevoli.


Il Referendum
sulla responsabilità dei giudici

e la Legge Vassalli


8-9 novembre 1987. Si vota su cinque referendum: per la
responsabilità civile dei giudici, per l'abolizione della
Commissione Inquirente, contro le centrali nucleari. Vincono i
"Sì", secondo la richiesta dei promotori. In merito alla
Responsabilità civile dei giudici: "sì", 80,2%; "no", 19,8%.

Si mette mano alla materia e ci mettono mano magistrati e
avvocati, parlamentari e no. Non ci vuol fantasia per
legiferare. La cosiddetta Legge Vassalli, la 117 del 13.4.1999
si fa sberleffi della volontà di quattro italiani su cinque.
Responsabilità nessuna. Si noti che il richiamo alla
responsabilità, che vige per tutti, medici, ingegneri e quant'altri,
sarebbe stato solo per dolo o colpa grave, e poi ovviamente
ancora da valutarsi internamente all'Ordine giudiziario...

Si vorrebbe poi sapere la ragione per cui certi Uffici
giudiziari - ogni riferimento al Palazzo di Giustizia di Milano
é puramente CAUSALE - sono diventati fonte privilegiata di
informazioni per qualche giornale. Quando si leggono sui
giornali addirittura verbali di interrogatori del giorno prima
evidentemente non possiamo pensare a qualche medium che, in
trance, riesce a leggere violando con la sua carica magnetica
anche le pareti dei cassetti o delle casseforti in cui i
documenti sono depositati. Se si indagasse sul serio sulle
violazioni del segreto istruttorio in casi come questo i
sospettabili potrebbero essere il paio di magistrati che si sono
occupati della vicenda, il cancelliere e, perché no?, la donna
delle pulizie.

Far sapere che a questi signori sono stati mandati gli avvisi di
garanzia sarebbe cosa giusta visto e considerato che per gli
altri, cittadini normali, capita spesso che si sappia prima
ancora degli interessati!


Carriera (in
parte) per merito. Era ora!


La Riforma, contestata da magistrati e avvocati
contemporaneamente, gli uni per certe ragioni e gli altri per
ragioni opposte, cosa che si pare non male, lascia una scia di
discussioni. Riprendiamo un punto che ci appare strategicamente
importante, quello della selezione.

Complicazioni burocratiche.

Questa é la sorprendente definizione venuta dall'Associazione
Nazionale Magistrati per le norme della Riforma della Giustizia
che fissano l'avanzamento di carriera per concorso o che
obbligano ad andare a scuola.

E' solo nella Magistratura che può capitare che un giovane,
magari neppure trentenne, si trovi a prendere provvedimenti che
hanno rilievo anche sull'intero territorio nazionale oppure che
condizionano l'intera vita di persone, o attività economiche, o
rappresentanti delle Istituzioni non parlamentari.

Leggendo la Riforma si può trovare, sul primo punto di cui
sopra, una interessante amenità, segno che evidentemente in
Parlamento é stato necessario ricorrere ad un compromesso per
salvare capra e cavoli.

Giusto mettere sullo stesso piano magistrati e chiunque operi
nella Pubblica Amministrazione in fatto di carriera. Per andare
avanti si studia, si fa l'esame (la Magistratura ha ordinamento
autonomo anche in questo, quindi le commissioni sono solo
interne) e se si é bravi si va avanti.

Nella Riforma resta però il becero sistema precedente per cui si
va avanti solo in ragione degli anni di lavoro alle spalle,
indipendentemente da come si sia lavorato. La differenza sta nel
fatto che chi supera il Concorso va avanti qualche anno prima.
Non é il massimo ma realismo vuole che si accettino i risultati
possibili. Perseguire i migliori spesso porta a non averne
nessuno.

Non sono, cari responsabili dell'ANM, "complicazioni
burocratiche" ma parziale uscita da un sistema
burocratico-corporativo.

Qualche altra riflessione.



C'era una volta il
pretore.

Meno giudici monocratici

C'era una volta il Pretore. Giudicava da solo su reati
minori. Solo raramente un provvedimento aveva rilevanti effetti
di vasto ambito. Si ricorda, ad esempio, forse 20 o 25 anni fa
quel pretore del nord-est che aveva disposto il sequestro in
tutta Italia di un olio da cucina.

Oggi sono tanti i giudici monocratici sia per giudizi
preliminari, che per altri successivi, che per ordinanza varie.
E così possono capitare i casi Forleo, quelli sulla finanza come
la vicenda delle OPA sulla BNL, i casi calcistici e via dicendo.
Astrattamente si dice che ci sono comunque i diversi gradi di
giudizio o, per provvedimenti temporanei, le possibilità di
ricorso.

Il fatto é che posso avere riconosciute mille ragioni in seconda
istanza ma intanto in prima istanza posso aver subito danni
irreparabili. Questo magari non per chiara applicazione di legge
ma per interpretazioni soggettive del singolo magistrato. E poi
per l'ignominioso comportamento dei nostri colleghi che sbattono
in prima pagina con titoloni la notizia ma la rettifica o la
notizia che il chiamato in causa non c'entrava nulla va, quando
va, in pagina interna, trafiletto con minuscolo titolino su una
colonna. E il guaio é fatto.

Il giudice monocratico, per cose di grande importanza o comunque
di vasto ambito non va bene, occorre un Collegio giudicante. Ed
anche ove vi sia il Collegio per una serie di cose particolari
occorre in seconda istanza una sorta di direttissima. Così come
occorre un iter breve se chiamati in causa sono amministratori
pubblici. Non si tratta di invocare un privilegio ma di chiarire
rapidamente come stanno le cose. Se c'é colpa, intanto a casa e
poi il resto. Se colpa non c'é restituzione rapida
dell'onorabilità a chi é stato chiamato in causa e ai cirradini
che lo hanno votato.


Studiare Venezia


Nelle scuole di cui alla Riforma la materia più importante non
dovrebbe essere il diritto costituzionale, né quello
amministrativo, né altri del genere, né il Codice Penale, né il
C.P.P. e così via. La materia più importante dovrebbe essere
"Venezia e la sua Giustizia". Venezia dove ai potenti non veniva
comminata, per lo stesso reato, la stessa pena che veniva
inflitta ai poveracci. Al contrario di tutti gli altri Stati là
il potente-reo pagava di più, persino il doppio, rispetto al
poveraccio-reo.

Lì certi incarichi non erano a vita, ma a rotazione di sei mesi.
Lì c'erano tutte le garanzie, e in particolare per i poveracci.
E se si sbagliava ci si comportava come la storia di Pietro
Tascal, il Fornareto di Venezia, ha tramandato.

Ma, secondo il Presidente dell'Associazione Magistrati, anche lo
studiare la Giustizia della Serenissima sarebbe una
"complicazione burocratica"...
Alberto Frizziero


2

FINE-


 - SEGUITO DAL 20.7.2005



GdS 10 VIII 2005 -
www.gazzettadisondrio.it

Alberto Frizziero
Giustizia