La proposta di divieto di candidature per i magistrati

di Mario Segni

Nella giornata sulla giustizia
indetta dalla Associazione Nazionale Magistrati il Patto per
l'Italia ha presentato una proposta di legge che vieta la
candidatura alle elezioni politiche e amministrative ai
candidati che non abbiano lasciato la attività da almeno
cinque anni. Non è una proposta provocatoria, come a prima
vista potrebbe sembrare. E' una proposta ispirata alla
concezione liberaldemocratica dello Stato, e che avrebbe il
risultato di rafforzare il prestigio e la autonomia della
magistratura.

L' uso strumentale della giustizia fa parte purtroppo della
storia italiana, ben prima delle vicende di questi anni, e
basta ricordare i "pretori d'assalto", e le cosiddette
"procure delle nebbie". Del resto "Mani Pulite", che
rappresentò un momento di grande moralizzazione della vita
pubblica, fu in varie occasioni inquinata da eccessi e
deviazioni, di cui i processi ad Andreotti furono l'episodio
più clamoroso.

Di fronte a questi fatti si sviluppa nella maggioranza la
tentazione di forme, più o meno velate, di controllo
politico sui magistrati. Tale è la insensata campagna di
criminalizzazione della magistratura. Tali sono spesso gli
interventi del Ministro Castelli con l'avvio di procedimento
disciplinari verso giudici che abbiano emesso sentenze
discutibili nel merito. Tale sarebbe la commissione di
inchiesta su "Mani Pulite", che consentirebbe un uso
politico e spregiudicato di vicende difficili e controverse.
E' chiaro che se l'uso strumentale della giustizia è un
vulnus gravissimo allo Stato di diritto, il controllo
politico sui giudici è di altrettanta gravità.

Il divieto di candidature dei magistrati, se non sia passato
un congruo periodo (cinque anni) dalla cessazione della
attività, è invece uno strumento forte di separazione dei
due poteri. Taglia alla radice il rischio di interferenze,
di lusinghe, di pressioni, che possono esse realizzate da un
partito in vista di una promessa di candidatura. Riafferma
potentemente la autonomia dei ruoli, e in una fase in cui
l'immagine della magistratura è stata spesso incrinata da
accuse di collusione politica giova fortemente al suo
prestigio. Del resto lo dimostra l'esperienza concreta. Sono
convinto che la azione di "Mani Pulite" apparirebbe
all'opinione pubblica più limpida se Antonio Di Pietro non
fosse entrato in politica. Sono convinto che la candidatura
di un giudice importante come Emiliano a sindaco di Bari, di
cui si parla insistentemente, indipendentemente da ogni
giudizio sulla persona (che non conosco personalmente ma
sulla cui professionalità e serietà ho raccolto solo giudizi
positivi) rappresenterebbe un fatto negativo per
l'inevitabile strascico di sospetti e di confusione di ruoli
che apporterebbe.

Spero che queste cose siano avvertite prima di tutto dai
giudici e dalle loro associazioni. E' prima di tutto nel
loro interesse, oltre che del Paese, la fine di un terribile
periodo di lotte tra i poteri dello Stato.
Mario Segni



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Mario Segni
Giustizia