Giustizia: condanne e assoluzioni. Previti, Andreotti, Berlusconi e… il sottoscritto
COMINCIAMO DA ANDREOTTI
Grande
clamore per la condanna del sen. Previti e, negli stessi
giorni, quasi inosservata l'assoluzione del sen. Andreotti
in un processo che ha cambiato la storia d'Italia. Sì,
perché se non ci fosse stata la chiamata in causa di
Ansreotti per associazione esterna alla mafia, con
l'aggiunta folkloristica del bacio a Riina che ha fatto il
giro del mondo, lui non sarebbe certo stato "espulso" dalle
vicende politiche del nostro Paese...
E meno male che la Provvidenza - come dice lui - gli ha
garantito una buona salute nonostante l'età non più fresca
consentendo la fine del processo, salvo sempre che la
Procura di Palermo non voglia ulteriormente insistere,
nonostante i due grossi smacchi, ricorrendo in Cassazione.
Diciamo "meno male" perché se fosse emersa la sua
colpevolezza sarebbe stata una pessima caduta di prestigio
per il nostro Paese, ma ci sarebbe stata anche la patente di
imbecilli per decine di milioni di italiani, anche gli
avversari politici, che lo hanno sempre giudicato forse il
più abile e il più intelligente dei politici di casa nostra
(e non di "cosa nostra"!).
Per anni ha dovuto pensare non tanto alle sedute
parlamentari - che pure non disertava - quanto alle udienze
di Palermo, acanti e indietro con i suoi legali, con un
costo di alcuni miliardi che lo ha anche costretto a vendere
la sua collezione di francobolli per rastrellare la somma
necessaria a fronteggiare il cumulo di spese che il processo
ha comportato.
Pazientemente, ma pervicacemente, passo dopo passo, appunti
dopo appunti, interviste dopo interviste ha sempre detto, e
dimostrato, di credere alla Giustizia e alla Magistratura
giudicante. Poco da dire: un esempio.
Ha ancora bisogno di una mano della Provvidenza perché resta
l'appello avverso la sentenza di Perugia che lo ha ritenuto
mandante dell'assassinio del giornalista Pecorelli,
paradossalmente ritenendolo mandante di quegli esecutori che
però lo stesso Tribunale ha assolto, un guazzabuglio
largamente ritenuto tale un po' da tutti e tale da essere
facilmente ribaltato in appello se non si tarda a farlo e se
la salute di Andreotti gli viene in aiuto.
RICORDIAMO IL G7 DI NAPOLI
Prima di passare alla condanna del sen. Previti torniamo
indietro di qualche anno, e precisamente al G7 di Napoli. In
un momento particolare, una grande occasione per il nostro
Paese e per Napoli stessa che da quell'incontro ha avuto
un'occasione di sviluppo irripetibile, con gli occhi del
mondo puntati sui potenti del mondo, sul nostro Paese, su
Napoli, una cosa allucinante: viene recapitata al Presidente
del Consiglio una comunicazione giudiziaria. Fosse arrivata
qualche ora dopo, quando l'ultimo aereo con il suo prezioso
carico di potenti aveva decollato da Capodichino, non
sarebbe cambiato nulla sotto il profilo giudiziario. Perché
quella consegna in quel momento, in quelle ore, in quelle
circostanze?
Sul giornale che allora dirigevo, a diffusione altissima,
con un titolo sovrastato da una bandiera italiana, che
scrive si espresse in modo durissimo, non per ragion
politica bensì per ragione di Patria.
Più o meno scrivemmo allora che il magistrato che aveva
disposto la consegna della comunicazione giudiziaria o
sapeva quali potevano essere le conseguenze e se ne é
fregato oppure non si é posto il problema.
In entrambi i casi un fatto molto grave perché se chi svolge
una funzione delicata come quella del magistrato, sapendo
benissimo che non sarebbe cambiato nulla dal punto di vista
giudiziario con la consegna qualche ora dopo, non si pone il
problema delle conseguenze negative per il prestigio del
Paese, altro che Carles de Secondat Barone di Montesquieu!
Siamo al detto latino: summum jus summa imiuria (nella
migliore delle ipoesi naturalmente). Commento durissimo
quello, commento che sottiscriamo ancora adesso, senza
neppure una virgola cambiata.
DA NAPOLI A MILANO
Abbiamo premesso quanto sopra prima di scrivere quanto segue
per sottolineare che le valutazioni che andremo a fare, così
come quelle svolte allora e ribadite oggi, sono tutte figlie
di una stessa e unica madre: l'obiettività di giudizio per
nulla influenzata da condizionamenti di tipo politico.
Il sen. Previti é stato condannato, e lui, come qualsiasi
imputato che ritiene di essere stato condannato
ingiustamente, ha tutto il diritto di contestare la
sentenza, di sentirsi "perseguitato" ecc. ecc.
La Giustizia italiana prevede però tre gradi di giudizio e
prevede altresì che chiunque abbia ad essere considerato
innocente fino a sentenza definitiva. Se a Milano ci sono
stati errori la difesa lo dimostrerà in appello e altri
magistrati, se riscontreranno che gli asseriti errori sono
errori reali, provvederà di conseguenza.
Prenda esempio dal suo collega di Palazzo Madama Andreotti.
Non é infatti che con lui la Procura palermitana fosse stata
molto tenera. Leggendo le cronache si aveva l'impressione,
per fare un esempio, che i pentiti che lo accusavano
meritavano attenzione perché riferivano cose reali mentre i
pentiti che risultavano nelle loro deposizioni favorevoli
all'imputato non venivano ritenuti affidabili...
Se dunque é lecito che il sen. Previti contesti, la reazione
dell'on. Berlusconi alla sentenza é andata, per usare un
eufemismo, molto fuori delle righe.
Lo ha del resto, diplomaticamente, fatto presente il
Presidente della Repubblica con la sua affermazione che "le
sentenze vanno rispettate", tanto, l'indomani, da provocare
l'ulteriore dichiarazione dell'on. Berlusconi di "non avere
criticato la sentenza". Formalmente no, ma nella sostanza le
sue dichiarazioni sulla "Magistratura politicizzata" e sul
resto rivelavano un evidentissimo messo causa-effetto con la
sentenza. E' venuto poi il resto. Lasciamo stare la polemica
politica, nella quale non entriamo e che poi ci interessa
meno. C'é stato però, fra l'altro, anche un documento,
unanime, del Consiglio Superiore della Magistratura, organo
che, ricordiamo, é presieduto dal Presidente della
Repubblica.
Che ci sia da rimettere ordine non vi é dubbio. Su tutto,
compreso magari il CSM sempre molto tenero nei provvedimenti
disciplinari, in certi casi per il cittadino qualunque
incomprensibilmente tenero, compresa magari la costante
impunità delle violazioni del segreto istruttorio, fonti di
sconquassi, complice la disinvoltura dei mass-media.
L'autogoverno della Magistratura, sancito dalla
Costituzione, va tutelato, ma occorre anche dimostrare di
saperlo bene usare.
NON SIAMO NELL'ARENA
Non siamo nell'arena dove per i gladiatori "mors tua vita
mea". E non é solo questione di equilibrio dei poteri
secondo l'aurea formula del citato Carles de Secondat Barone
di Montesquieu. Oltre al no alle invasioni di campo, da
qualsiasi parte perpetrate é anche questione di
comportamenti.
La polemica, qualsiasi sia la forma in cui si manifesta,
comporta una caduta di credibilità delle Istituzioni. Per
essere autorevole, come deve essere, la Magistratura deve
essere rispettata, persino, e non é un paradosso, quando
sbaglia. Deve anche ricordare che le leggi le fa il
Parlamento e se singolarmente queste leggi possono piacere o
non piacere, come Corpo dello Stato essa ha il dovere di
uniformemente applicarle, come recita la Costituzione. Deve
poi tenere conto che l'Esecutivo ha per sua natura il
compito di guidare il Paese e, se non si usa estrema
delicatezza, le interferenze giudiziarie possono nuocere
alla conduzione del Paese, indipendentemente da chi ci sia a
Palazzo Chigi.
Ferve il dibattito su immunità parlamentare o meno.
D'accordissimo che tutti devono essere uguali davanti alla
legge, senza eccezioni. Non si può però non tener conto
della differenza di impatto tra la notizia di una semplice
comunicazione giudiziaria - che poi dovrebbe essere a tutela
dell'indagato! - alle alte Autorità dello Stato, magari
anche a un Sindaco, e la non-notizia di una comunicazione
giudiziaria al sottoscritto o a chi sta leggendo
questa nota.
Non é stato positivo 10 anni fa passare da una immunità
parlamentare che in certi casi diventava una garanzia di
impunità al versante opposto con il risultato che talora la
contesa politica anziché restare nelle sue sedi naturali,
comprese le piazze delle città italiane, si trasferisce, di
fatto, nelle aule giudiziarie.
L'emotività della situazione in clima di Mani Pulite - non
immune da errori, il più grave dei quali é forse stato, e ne
parleremo, fare di tutt'erba un fascio, colpevoili sempre e
comunque i Partiti, in realtà probabilmente beneficiari di
parte, e parte ridotta, dei flussi illegittimi di denaro! -
aveva portato a quel risultato.
L'emotività di questo momento, cui un personale contributo
lo ha indubbiamente dato anche il Premier, non é il miglior
viatico per arrivare ad una equa correzione della scelta di
dieci anni or sono, che pure viene ritenuta necessaria da
parte di osservatori sereni appartenenti ad ogni
schieramento politico.
Alberto Frizziero
PS Ad articolo scritto si aggiunge l'affare Telecom Serbia,
l'arresto in Svizzera di Marini e l'incredibile fermo dei
due parlamentari italiani di Forza Italia e dei DS
(stranamente senza una reazione come si deve del Ministero
degli Esteri), la chiamata in causa di Prodi, Dini e Fassino.
E anche il PM di Milano, la s.a Boccassini, che propone di
fare le udienze anche di domenica (sollecitudine strana
visto che tanti imputati aspettano da lungo tempo i loro
processi, e magari in carcere, ma in questi casi l'udienza
domenicale nessuno la propone...).
Polverone al quadrato. Anzi al cubo.
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