Andreotti: e tre assoluzioni ! Ma intanto...

di Alberto Frizziero

La Cassazione ha posto fine a
undici anni di vicenda giudiziaria.

Andreotti non c'entra con la
mafia. Poi, prima del 1980, prescrizione (modo elegante per
uscirne). Qualche riflessione.

Pool di Palermo: la politica
per la via giudiziaria?

E’ evidente l’accanimento giudiziario del pool di Palermo,
così come apparso a tutti. Una serie di fatti, episodi,
racconti e quant’altro messi in fila dai PM di Palermo e uno
dopo l’altro saltati tutti. Un solo aspetto, peraltro
marginale citato parzialmente, molto parzialmente, a favore
di quei magistrati e cioè che l’assoluzione ampia piena di
Andreotti va indietro fino al 1980. Prima invece si invoca
la prescrizione. Sia consentito di pensare, on grandissima
probabilità di indovinare, a questa come una sorta di
soluzione “all’italiana”, quella cioè che ha evitato che il
flop da enorme diventasse gigantesco con una sorta di
squalifica globale dei PM e della loro azione.

Visto poi che l’azione giudiziaria contro Andreotti ha messo
fuori gioco in un momento delicatissimo per la vita politica
nazionale il più brillante e qualificato statista, la
conclusione abbastanza generalizzata è stata quella di una
azione politica per la via giudiziaria.

E su questo chi la pensa diversamente o è in mala fede o ha
le fette di salame sugli occhi.

I magistrati di laggiù dunque al servizio di una parte
politica o comunque di un disegno politico?

Non arriviamo a tanto anche se su un paio di personaggi è
lecito – siamo in democrazia e l’opinione non è reato –
farsi venire dei dubbi.

La politica attraverso la via giudiziaria potrebbe avere
altre motivazioni con altre fonti come vedremo, con una
premessa analogica però.

Premessa: Carnevale
ammazzasentenze di mafia. Ma poi…

Emblematico il caso dei Presidente della Prima Sezione della
Cassazione, Corrado Carnevale, considerato il giudice
“ammazzasentenze” per gli annullamenti in serie di sentenze
di mafia.

Allora l’opinione corrente a fronte di un annullamento dopo
l’altro era sintetizzabile nel famoso detto “Qui gatta ci
cova”. Per qualcuno c’era addirittura il teorema su
Andreotti che, ricevute le pressioni dalla Sicilia,
provvedeva attraverso Carnevale, a risolvere i problemi,
appunto annullando le condanne di Palermo. Un addetto ai
lavori in quel tempo permise di mettere meglio a fuoco la
situazione facendo presente questi aspetti:

1) come peraltro da tutti riconosciuto, Carnevale era uno
dei massimi studiosi del nostro Paese che annullava le
sentenze non perché glielo diceva Andreotti e neppure da
solo visto che in tal senso decideva il Collegio giudicante
che lui presiedeva;

2) Le sentenze venivano annullate per una ragione molto
semplice e cioè perché c’erano delle cose rilevanti che in
esse non andavano.

Il meccanismo era questo: a Palermo veniva letta la
sentenza: tot ergastoli, tot 30 anni e così via. Poi la
sentenza doveva essere stesa con tutte le motivazioni del
caso. Se la sentenza arrivava a Roma gravemente difettata
l’annullamento era inevitabile.

C’è da chiedersi come mai c’erano questi difetti. Si possono
fare, in teoria, tre ipotesi:

a) la complessità dei processi

b) l’errore umano involontario

c) l’errore umano volontario

Carnevale per i suoi annullamenti è finito addirittura alla
sbarra e on una condanna ma poi definitivamente assolto. Se
si era sospettato, a torto, di lui non appare irriguardoso
verso nessuno considerare, almeno in teoria, fra le ipotesi
possibili anche quello del dolo di qualcuno.

Pool di Palermo: anche i PM
strumentalizzati?

LO SPUNTO. Lo spunto viene da un passaggio della corposa
conferenza del Procuratore della Repubblica di Sondrio dr.
Gianfranco Avella, venerdì scorso ai Lions sul tema “La
figura del PM nell’ordinamento italiano”. Rispondendo a chi,
presentandolo, aveva elencato suoi diversi successi, sia
quelli nazionali a quelli qui in provincia, il dr. Avella ha
sostenuto che gran parte del merito deve andare alle Forze
dell’Ordine, a chi cioè procede con le investigazioni. Il PM
segue, controlla, in qualche caso stimola. In parte è vero,
in parte è, diciamo, professione di modestia in quanto c’è
PM e PM, metodo e metodo, linea e linea.

IL BACIO AL CAPO MAFIOSO. Il punto cruciale del
coinvolgimento processuale dell’on. Andreotti è
rappresentato da quello che sembra un fatto marginale, quasi
folkloristico, è invece è il momento cruciale della regia
politica dell’affaire. Processualmente una fesseria
clamorosa, sparita subito dal processo. Questa balla così
clamorosa oltre a tutto mal deponeva a favore
dell’intelligenza di tutti gli italiani. Amici od ostili al
sen. Andreotti, tutti convenivano su un punto: le sue grandi
doti di intelligenza. Improvvisamente, con la storia del
bacio, un karakiri spaventoso: così cretini tutti noi da
ritenere superintelligente uno così supercretino da andare a
baciare davanti a tutti un gran capo della mafia!

ELEMENTO FONDAMENTALE NEL MONDO. Il bacio, fesseria
processuale, come da acuta previsione della regia è divenuto
un elemento fondamentale della comunicazione perché è stato
il vero elemento – non l’imputazione – a far fare il giro
del mondo alla notizia e ad attirare l’attenzione di tutto
il mondo su quello che era stato uno dei Grandi della
politica mondiale.

IL REGISTA. Al regista è andata bene a metà. Politicamente
congelato Andreotti, anzi addirittura ibernato, ha incassato
il dividendo non avendo sul suo terreno un personaggio così
ingombrante.

Strategicamente è stato fregato, su tutta la linea. Il
processo, anzi i processi, di prevedibile lunga durata (si è
arrivati ad un milione di pagine!), tutto lasciava prevedere
che non si sarebbero conclusi in quanto ci si aspettava che
Andreotti, vista l’età, “togliesse il disturbo”, frase dello
stesso senatore.

Come si vede, stiamo spostando il tiro, avanzando il dubbio
che i PM siano stati, almeno in parte, strumentalizzati, in
altra parte certamente risentendo di qualche situazione
ambientale (Orlando, Padre Pintacuda e compagni non ci hanno
mai convinto del tutto nella loro veste di campioni della
giustizia, dato che questa, per avere la G maiuscola, deve
bandire la faziosità)..

In definitiva chi, come, perché?

Chi, come, perché?

COME. Dallo spunto di cui sopra viene una sorta di transfer,
da Palazzo di Giustizia di Palermo alle sedi delle indagini,
ricordando che di cose che non vanno in Sicilia ce n’è stata
più d’una, compreso il suicidio del brillante ufficiale dei
CC che operava in indagini non secondo copione. Se,
quantomeno per l’analisi politica e per la storia di un
periodo, si volesse tentare una ricerca della verità si
dovrebbe cominciare dal bacio, da chi indagava in questa
fase e da come il bacio è stato ricostruito. Questo,
parallelamente ad una seria analisi del complesso delle
dichiarazioni dei pentiti dei quali, a quanto si è letto più
d’una volta sui giornali, magari si teneva conto come oro
colato se dicevano certe cose, e si sorvolava se ne dicevano
altre di tenore opposto, in questo caso ritenute fregnacce.

COME. In definitiva dunque indagini da un lato e bandolo
della matassa, quindi della regia occulta, delle
dichiarazioni dei pentiti. Ma i PM? Ammesso, ma non proprio
del tutto scontato, che il loro comportamento sia stato
ineccepibile in scienza e coscienza, non c’è ombra di dubbio
che comunque essi erano saliti sul treno colpevolista che
viaggiava ad alta velocità. Umanamente certe indagini, certe
dichiarazioni di pentiti, erano combustibile pregiato per i
motori del treno.

PERCHE’. Ragione grosse come una casa, anzi un grattacielo,
visto che in qualche modo c’entra anche Manhattan.

La politica interna, ovviamente. Non occorrono molte parole.

Tesi nostra: la politica interna, certo, ma non solo questa.
Nei primi tempi della vicenda, quando – dichiarazione di
questi giorni – Andreotti credeva di non farcela di fronte
al peso di queste accuse nefande, ci fu una sua
dichiarazione in TV, apparentemente marginale, che passò del
tutto inosservata. Una sfumatura di 5 o 6 secondi, con un
richiamo all’America da cui in definitiva si aspettava
qualcosa che o non era venuto o attendeva ancora. Mi sono
chiesto più volte che cosa poteva voler dire quel messaggio
che non era rivolto ai telespettatori italiani ma a qualche
interlocutore preciso di oltre Oceano. E siccome di qualche
inedita idea sbagliata del terzo piano del Dipartimento di
Stato, Ufficio Italia, a suo tempo, primi anni ottanta –
quando si pensava di ripetere l’esperienza portoghese
eravamo venuti a conoscenza, abbiamo fatto due più due, per
concludere che la cabina di regia nel nostro Paese aveva
anche magari qualche apporto da fuori. Non fantapolitica, ma
real-politik in funzione di obiettivi strategici che il
tempo dimostra, una volta ancora, sbagliati per la cronica
carenza statunitense in fatto di politica estera concreta.


E adesso?

A un certo punto, visto che a Palermo le cose non andavano
come previsto, che Andreotti aveva una salute di ferro e
quindi rischiava di arrivare in fondo ai processi, era saltata
fuori anche la vicenda Pecorelli che qualche anno ha
richiesto anch'essa per finire come questa. Erano certo un bel viatico per il
senatore a vita. Diceva infatti: "Fin che ci sono processi come fa a
togliere il disturbo?”. Ma le conseguenze politiche ci sono
ben state con un personaggio simile "ibernato", anche se non
quelle che probabilmente qualcuno si proponeva.
Alberto Frizziero

AGGIUNTA: CASELLI COMMENTA
(!)
I
COMMENTI AL COMMENTO DI CASELLI

PS. L’ex Procuratore Capo di Palermo Caselli non ha atteso la
sentenza conclusiva nel capoluogo siciliano, come sarebbe
stato giusto. Se ne è andato prima andando a dirigere (!) la
polizia Penitenziaria. Dopo un po’ le valigie per Torino, alla
Procura. Come mai a Torino? Beh, qualche inchiesta di peso
c’è nel capoluogo piemontese. E qualche idea possiamo
essercela fatta.

Da Torino ha fatto sentire la sua voce scrivendo il suo
commento sul quotidiano "La Stampa". Inaudito, certamente,
ma, poveraccio, comprensibile. Sconfitto clamorosamente su
quasi tutta la linea, salvo quel discorso sulla prescrizione
che, in termini di real politik, ha salvato la faccia alla
Magistratura, o meglio, ai PM di Palermo, doveva fare
qualcosa. L’ha fatto scrivendo, beccandosi, ovviamente, un
mare di giuste critiche e persino un giudizio tiepido di Di
Pietro. A sua difesa solo Violante (che strano… proprio
Violante…. Ma guarda un po’…) e la responsabile Giustizia
dei DS Finocchiaro, nel silenzio assai più intelligente di molti altri DS. Significativo, molto significativo.


In sintesi qualche commento su questa "Casellata":

-   Andreotti: «Oggi voglio occuparmi di cose
serie».

- Giovanardi «Caselli persevera nel gettare fango su Giulio
Andreotti confermando come per alcuni dei pubblici ministeri
malati di ideologia, il loro imputato sia comunque colpevole
anche se assolto in tre gradi di giudizio».

- Paolo Cento, dei Verdi: «Inopportuno l’intervento di
Caselli perché il processo si è concluso con un'assoluzione
e bisogna rispettare la sentenza».

- Cossiga: «le parole di Caselli sono a metà tra
l'ignoranza, la rabbia e la prosopopea. Se non fosse la
persona modestissima che io conobbi direi che è proprio un
perfetto ..omissis..». (L’omissis riguarda un termine
pesantissimo che non pubblichiamo perché, nonostante esista
il diritto di cronaca, non vogliamo querele!).


In soccorso a Caselli:

-  Luciano Violante «Caselli si limita ad elencare i
fatti, non dà giudizi».

-  Anna Finocchiaro «Caselli ricostruisce un percorso
che dice di un periodo di vicinanza e rapporti con la mafia
fino al 1980 e poi di una presa di distanza e di
provvedimenti contro la mafia, presi da Andreotti come
Presidente del Consiglio».

Nota su questi due commenti: ma se Andreotti dopo il 1980 ha
preso duri provvedimenti contro la mafia, come mai i PM lo
volevano condannato anche per il dopo 1980? E come mai
Violante in Parlamento si era scagliato contro la proposta
del Presidente del Consiglio Andreotti di allungare i
termini della carcerazione preventiva per i mafiosi? E la
fesseria del bacio?


GdS 20 X 04  www.gazzettadisondrio.it

Alberto Frizziero
Giustizia