Ambra: la Cassazione conferma la condanna. Ma...

La Suprema Corte di Cassazione ha
confermato ad Ambra, l'assassina della suora di Chiavenna - anzi
"il Capo" del terzetto omicida - la condanna ad oltre 12 anni
inflittale nel processo di secondo grado.

Si chiude così la vicenda giudiziaria e, dobbiamo dirlo, in un
tempo insolitamente breve rispetto ai tempi abituali dei
processi.

La comunità di Chiavenna chiede, giustamente, che ora cali il
silenzio.

Nell'essere d'accordo formuliamo tuttavia un'ultima
osservazione.

Tutt'Italia si é indignata per la scarcerazione della ragazza
per decorrenza dei termini di carcerazione preventiva. La
condanna a pochi giorni di distanza ha fatto rientrare questa
indignazione e le richieste, nostre comprese, di un'indagine sui
motivi.

E' vero il contrario.

A maggior ragione si deve indagare, proprio perché il processo
si é tenuto a pochi giorni di distanza.

Se fossero passati mesi poteva essere plausibile che il ritardo
fosse dovuto da un carico di lavoro tale da rendere impossibile
il processo in tempi brevi. In questo modo invece sembra di
poter arguire che quando é stata fissata la data del processo
non ci si sia occupati di appurare quando fosse la scadenza
della carcerazione. Logica dice infatti che se lo si fosse fatto
non dovrebbero esserci stati problemi insormontabili ad
anticipare di una settimana il processo.

La cosa é grave.

Se per Ambra infatti non ci sono stati problemi in quanto dal
carcere é stata trasferita ad una comunità protetta, ed ora di
nuovo in carcere, per altri il passaggio avrebbe potuto essere e
potrebbe essere da dietro le sbarre a fuori del tutto, magari
con possibilità di fuga.

Per questo, e a maggior ragione, occorre l'indagine e, se
venissero appurate responsabilità, i provvedimenti conseguenti.
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GdS 28 I 03 -

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Giustizia