Marotta: Giornata internazionale contro la violenza sulle donne

Giornata internazionale contro la violenza sulle donne 2016.
Nel richiamare alla memoria questa piaga universale, che si celebra il 25 novembre di ogni anno, mi è venuto in mente un film” Viulentemente mia” di Diego Abatantuono, dove si ride e si scherza. Ma oggi, non è più così. La violenza maschile sulle donne attraversa i confini e le culture, può prendere varie forme, ma riguarda il mondo intero. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) siamo di fronte a “un problema di salute di proporzioni globali enormi” che colpisce un terzo delle donne nel mondo, come emerge dai dati dell’ultimo rapporto pubblicato dall’Oms, in collaborazione con la London School of hygiene&tropical medicine e il South African medical research council. Il 35% delle donne, ovvero 1 su 3, subisce nel corso della vita qualche forma di violenza. La più comune è quella domestica: quasi un terzo (30%) delle donne che sono state in un rapporto di coppia ha subito qualche forma di violenza fisica e/o sessuale da marito o compagno. A livello globale, ben il 38% dei femminicidi sono commessi dal partner. In Europa  oltre 25 donne su 100 sono abusate fisicamente o sessualmente dai partner. Tra le molteplici forme di violenza  vi sono le mutilazioni genitali femminili (Mgf) e i matrimoni forzati e/o precoci che coinvolgono milioni di giovanissime sul pianeta: 700 milioni di donne si sono sposate prima dei 18 anni, (1 su 3 prima dei 15 anni); circa 200 milioni le donne e le ragazze che convivono con le Mgf. Eppure, entrambi i fenomeni sono inclusi, definiti e condannati anche nella Convenzione di Istanbul, ratificata da numerosi Paesi, compresa l’Italia, Paese in cui la Convenzione è legge dal giugno 2013.
A ciò sono da sommare i dati relativi al fenomeno migratorio, infatti le donne che subiscono violenza durante lo spostamento sono moltissime. Oggi abbiamo il più alto numero di persone in movimento dalla Seconda guerra mondiale: secondo gli ultimi dati del Fondo delle Nazioni unite per la popolazione (Unfpa) del 2015 sono oltre 100 milioni le persone che hanno bisogno di assistenza umanitaria, tra le persone colpite da conflitti e disastri. Fra queste circa 26 milioni sono donne e adolescenti in età riproduttiva. Fondamentale ricordare che la violenza sulle donne tutto è tranne che un’emergenza, è un fenomeno strutturale e ben radicato che ha gettato le sue radici in tempi lontani e che è ben alimentato da una cultura del silenzio che le donne e i movimenti femministi hanno iniziato a svelare già da tempo. La violenza contro donne e ragazze è una delle più diffuse violazioni dei diritti umani. In altre parole, al genere maschile dà fastidio che l’altro genere ha conquistato la libertà e sa gestire la sua vita. In Italia? La rete Non una di meno, che ha organizzato la manifestazione nazionale contro la violenza maschile sulle donne, che si terrà a Roma sabato 26 novembre, spiega che “si parla di una donna uccisa ogni 3 giorni, ma in realtà non sappiamo cosa succeda veramente. Non abbiamo dati dei pronto soccorso, non abbiamo dati completi dalle forze dell’ordine, non abbiamo dati sui processi e sulle condanne, non abbiamo dati dai servizi territoriali, dalle assistenti sociali dei comuni, non abbiamo dati di quanto le/gli insegnanti vedono a scuola, abbiamo solo i dati (neanche tutti) dei centri antiviolenza e due ricerche Istat in 15 anni”. Non una di meno non ha solo lanciato ufficialmente la manifestazione, ma l’inizio di un percorso che ha come scopo la scrittura di un Piano antiviolenza nazionale femminista a cui si inizierà a lavorare già a partire dal giorno seguente, il 27 novembre, in un’assemblea plenaria che si terrà sempre nella Capitale e affronterà anche la mancanza di una rilevazione dei dati sistematica, integrata e omogenea, in materia di violenza sulle donne su tutto il territorio nazionale.( Dati desunti dalla Rete Non una di meno) .
A livello internazionale le associazioni della società civile e Un Women hanno, fin dal principio del processo di definizione degli Obiettivi di sviluppo sostenibile evidenziato la necessità di un approccio complesso alla parità di genere,  che si è concretizzato con l’Obiettivo 5: “Realizzare la parità di genere e l’empowerment di tutte le donne e le ragazze”.
Il target sulla realizzazione dei diritti sessuali e riproduttivi è stato frutto di una dura battaglia, ma c’è ed è un risultato importante. Tutto questo lavoro faticoso, complesso e articolato è portato avanti dai movimenti femministi e da associazioni che, come Aidos lavorano sui diritti di donne e ragazze da moltissimo tempo. Questi Obiettivi fanno parte di un’Agenda che non è rivolta solo ai cosiddetti Paesi del Sud del mondo, ma ha vocazione universale, in un’ottica di necessità di sviluppo sostenibile che riguarda ormai l’intero pianeta. Quindi anche l’Italia dovrà adeguarsi a quanto richiesto a livello internazionale. Nessuna vorrà perdere in alcuna parte del mondo alcuna donna, per mano di un uomo o a causa dell’obiezione di coscienza o per qualsiasi altra forma di violenza.
Non è che voglio esagerare, ma desidero ricordare che dovremmo farci venire in mente (ogni tanto) quel bellissimo termine ebraico Binah che significa ““Intelletto – Intelligenza” che Dio diede alla Matriarca Sara e a tutte le donne, per pareggiare i poteri degli uomini. Essa è una delle dieci Sefirot ed indica l’unione(non la guerra) dei principi maschili e femminili che generano eternamente l’Universo, insieme. Nello Zohar è scritto: “da lei discendono le Forze del Giudizio”. È lei che consente la concentrazione indispensabile per comprendere le Verità del Talmud. Ad essa è connesso il concetto delle Cinquanta Porte della Comprensione. È chiamata anche la “Madre”, nell’Albero della Vita, per la sua capacità di ordinare ed armonizzare le emozioni ed i sentimenti. E che cos’è la donna se non tutto questo???

Maria de falco Marotta
Fatti dello Spirito