Il Congresso mondiale delle famiglie, Verona, 29-31 marzo 2019
(Maria de falco Marotta) Ho aspettato qualche giorno, finché Verona non sparisse dai discorsi accesissimi, dagli scontri feroci, dai troppo incontri televisivi e cosa è l’unica cosa decente che si può dire? Questa: «Una cosa che hanno detto al Congresso è vera, l’Italia non fa nulla per sostenere la maternità, non ci sono leggi ad hoc». Non è che un fatto politico. Di fatto, si sono incontrati e scontrati il “meglio” della politica quasi internazionale, per ribadire la centralità della famiglia nel quadro politico e culturale di un Occidente che sembra aver smarrito la bussola dei valori familiari. Si è parlato di salute e dignità della donna, bellezza del matrimonio, diritti dei bambini, sviluppo umano integrale, difesa della vita, demografia, politiche familiari, donne nella storia e tanto altro ancora. Certo la strategia si fonda sulla necessità di salvaguardare l’identità cristiana dell’Europa e dell’occidente tutto, evidentemente minacciata da altre identità culturali o religiose, e di riaffermare al tempo stesso i valori capitalistici “laici”: ordine, gerarchia, sottomissione, competitività, individualismo, cominciando dalla cellula fondante della società: la famiglia, e nella fattispecie la famiglia “naturale”, in cui le donne siano rimesse al proprio posto una volta per tutte. La storia umana ha visto nel corso dei secoli e millenni una grande varietà di forme di famiglia, (termine che non deriva da mamma papà e bambini, ma da “famulus” che significa servo) e altrettante ne vedrà, si presume, in futuro. La famiglia monogamica ne è solo l’ultimo esempio, funzionale alle esigenze del capitalismo, e si basa sul presupposto (condiviso anche dalla gerarchia cattolica) della “differenza” tra i sessi determinata dall’anatomia, e della loro complementarietà come base del matrimonio, differenza che è inseparabile dai ruoli sociali e culturali maschile e femminile che devono conformare anche la vita sociale.
La famiglia tradizionale è in crisi
La crisi attraversa tutti gli aspetti del sistema sociale in cui viviamo, e dunque anche la famiglia “tradizionale” è in crisi.
Ad essa si sono via via affiancate le varie forme di famiglia reale, le varie forme di convivenza e di responsabilità genitoriale.
Donne sole con figli, coppie separate che realizzano nuove unioni, assumendosi le responsabilità genitoriali dei figli del compagno o della compagna, coppie omosessuali che aspirano a realizzare unioni stabili e alla responsabilità genitoriale, coppie che convivono e fanno figli prima di essere sposate, togliendo al matrimonio la sua funzione di autorizzazione alla convivenza e di legittimazione della filiazione: una pluralità di situazioni che si basa spesso sulla sincerità e gratuità dei rapporti piuttosto che sulla ratifica istituzionale degli stessi.
Un esercizio di responsabilità non “dovute” che nella prefigurazione di rapporti sociali liberati dal dominio del denaro e della merce si dovrebbe avvicinare sempre più alla responsabilità sociale, collettiva e condivisa, della crescita delle nuove generazioni. Tuttavia le varie “famiglie” si scontrano anch’esse con problemi reali, che l’attuale crisi economica acuisce sempre più. La metà delle 900.000 donne sole con figli che vivono in Italia sono a rischio di povertà, spesso di povertà assoluta. Gli orari e i ritmi di lavoro non prendono conto delle mille esigenze legate al lavoro di cura, (basti pensare alle difficoltà di conciliare gli orari di lavoro con quelli scolastici dei figli) e niente si prevede per rendere possibile la condivisione di questi compiti all’interno della coppia, salvo colpevolizzare la donna se non se li accolla. Una donna su cinque impegnata nel lavoro extradomestico è costretta a lasciarlo dopo la nascita del primo figlio. L’instabilità sociale e le accresciute aspettative che le donne hanno rispetto al loro destino incidono profondamente sulla decisione di fare figli, che spesso non arrivano, anche quando desiderati, per fattori ambientali, di inquinamento, di stress, di egoismo, cc.
Cosa ha previsto la bella gente riunita a celebrare la famiglia per far fronte a questi problemi?
Cosa faranno i 260.000 bambini sotto i 14 anni che lavorano, per il milione e trecentomila minorenni che vivono in povertà assoluta e per le loro famiglie, per i grandi anziani costretti a gestire in solitudine difficoltà economiche e malattie?
Prevede di accettare il lavoro a qualunque distanza da casa, con buona pace dell’unità della famiglia!
Prevede per le donne ulteriori sacrifici, aumento di lavoro, sottomissione al destino, perdita di autodeterminazione.
Prevede di scaricare sulle famiglie del Sud del mondo il prezzo della difesa delle “nostre” famiglie.
Prevede politiche sovraniste e nazionaliste che dividono il fronte degli sfruttati, indicando negli immigrati e nei loro “costi esorbitanti” la ragione dell’impoverimento e del degrado dei “nostri” quartieri popolari.
Da queste politiche locali e mondiali le donne nel mondo avranno solo da perdere.
Un progetto da respingere dalla A alla Z
L’ipocrita difesa della famiglia è tanto più povera in quanto è sbandierata dai principali distruttori e disgregatori di famiglie attualmente in azione.
Da un lato, i rappresentanti dei paesi occidentali che con le loro politiche di rapine e di guerre impoveriscono le popolazioni del Sud del mondo, negando alle famiglie e agli individui la possibilità di una vita dignitosa e la stessa sopravvivenza.
Un esempio su tutti è il destino riservato alle donne palestinesi, in lotta da decenni per la sopravvivenza propria e delle proprie famiglie, costantemente sotto la minaccia di sterminio.
Dall’altro, i campioni delle combriccole al governo nei paesi dell’est Europa, che collaborando attivamente all’attuazione delle riforme neoliberiste imposte da FMI e Banca mondiale, hanno creato milioni di disoccupati e hanno spinto milioni di donne a emigrare, per sopravvivere, lacerando in modo spesso irreversibile le loro vite e le loro famiglie. L’ordine gerarchico che deriva dalla forma di famiglia che viene propagandata è basato sull’assunto che “c’è sempre stato chi comanda e chi deve obbedire, perché inferiore”, quindi ci sono individui inferiori.
Allora, Cosa resta concretamente alle famiglie dopo i tre giorni del Congresso mondiale?
Uno sforzo organizzativo sicuramente importante, alcune migliaia di famiglie coinvolte, alcune buone proposte ribadite e rilanciate ma che, come detto, rischiano ora di essere parcheggiate nel vuoto dell’impossibile. Ma a Verona sono arrivati anche – ci sembra giusto ricordarlo - toni esagerati, tesi non sempre condivisibili, inutili contrapposizioni, scelte politiche internazionali che, come detto, non possono non indurre il sospetto di una regia superiore tutt’altro che trasparente, con una saldatura tra tradizionalisti americani e sovranisti dell’Est europeo che lascia disorientati e che non può non interrogare chi segue con passione e con speranza le sorti sociali e politiche della famiglia. Non parliamo delle circa 500 persone presenti ai lavoro dell’incontro veronese. E non ne mettiamo in discussione la buona fede e le corrette intenzioni. Ma dei milioni di nuclei familiari a cui, nelle varie città d’Italia, è giunta eco di questo evento, indotti a pensare che le questioni in campo a Verona fossero solo diatribe lontane, scontri ideologici, tradizionalisti contro progressisti. Ed è stato così, tanto che la famiglia, da scuola di fraternità, è diventata trincea di divisioni. E abbiamo perso tutti