LA NOVITA' PERENNE DELLA PASQUA Messaggio del Vescovo Mons. Alessandro Maggiolini I so

I so


Pubblichiamo qui di seguito il testo scritto da mons.
Alessandro Maggiolini per il giorno di Pasqua.


La novità perenne

della Pasqua

Como, domenica 31 marzo 2002


1) Sembra chiusa bruscamente la vicenda del Signore Gesù tra
noi: una delusione. Speravamo in un regno di potenza che egli,
invece, non era venuto a donarci. Speravamo in una vittoria
squillante esibita tra gente sazia che non coglie la novità del
mistero della vita nuova. Speravamo che ponesse resistenza alla
passione e al morire solitario e quasi disperato. Speravamo che
si mostrasse redivivo e non più morituro: principio universale
di salvezza. Speravamo che apparisse come una novità e aprisse i
cieli e colmasse la terra di esultanza. Speravamo che ci
portasse con sé nella risurrezione dai morti. Speravamo che si
squarciassero le tenebre pesanti della nostra disperazione: di
noi che lo abbiamo ucciso appendendolo a una croce. Speravamo.
Tutto concluso?

Ed ecco l’annuncio che reca un dono il quale si pone oltre ogni
attesa. Dapprima si mostra alle donne, poi a Pietro e Giovanni,
poi ai dodici spaventati, poi a più di cinquecento fratelli dei
quali alcuni vivono ancora tra noi.

2) Il Padre lo chiama alla vita gloriosa e il Signore Gesù dona
il suo Spirito per rinnovare la terra. Anzi, egli si desta dal
sonno della morte e inizia una nuova fase di esistenza: il
sepolcro è vuoto perché è lo stesso sepolcro a spalancare l’età
dell’alleanza nuova e definitiva.

Vogliamo scoprire l’essenza del cristianesimo? Ebbene, non è
soltanto un complesso di dogmi; non è soltanto un sistema di
imperativi morali; non è una sorta di fabulazione che ci incanta
e ci delude e ci irrita. Il cristianesimo è originariamente un
fatto, un avvenimento; anzi, una persona che si colloca tra noi
come motivo della nostra liberazione dal peccato e della nostra
nuova compagnia con Dio e con i fratelli. Uno che risorge perché
è il Verbo di Dio. Allora accolgo anche la dottrina e l’etica.
Uomo-Dio: nulla di meno. Non so che fare di profeti che parlano
a nome di e ci comunicano la loro disillusione.

Voglio vedere e toccare Cristo nella sua Chiesa. Scorgerlo nel
mistero di una Presenza che mi accompagna fino al termine della
vita e dopo il tempo terrestre. Questa esperienza realistica è
il cristianesimo spesso sognato come un’astrattezza lontana.
Chiamare per nome il Signore Gesù. Sentirmi da lui chiamare per
nome e iniziare a capire chi sono davvero in una vicenda di
dilezione a lui e ai fratelli.

3) Se uno ha vinto la morte perché è il Dio con noi, allora devo
concedermi soltanto a lui; posso avere soltanto il culto della
sua personalità. Vanno infranti tutti gli idoli. Rimane
unicamente questa adorazione che mi fa vincere il mondo con la
fede. Ma questa accoglienza mi coinvolge nel perdono dei
peccati, nella vita di grazia che prepara la gloria, nel dar
significato anche al dolore che rivela il modo in cui Dio fatto
uomo ama.

Inizia il canto di gioia. Si perde il diritto alla disperazione.
La proiezione missionaria nell’altrove e nel futuro diviene
obbligo e calda possibilità. Inizia una gioia senza tramonto.


GdS - 8 IV 2002

Fatti dello Spirito