«Non lasciarti vincere dal male, ma vinci con il bene il male»

diMario Pulimanti

«Non lasciarti vincere dal male, ma vinci con il bene il male» (Rm
12,21): era stato questo il messaggio di Giovanni Paolo II nella
trentottesima Giornata mondiale della pace che si era celebrata
il 1 gennaio 2005, un vero inno all'amore. ''L'amore è l'unica
forza capace di condurre alla perfezione personale e sociale,
l'unico dinamismo in grado di far avanzare la storia verso il
bene e la pace''. E' un inno all'amore questo messaggio di
Giovanni Paolo: non lasciarti vincere dal male, ma vinci con il
bene il male. Il male non si sconfigge con il male: su quella
strada, infatti, anziché vincere il male, ci si fa vincere dal
male, aveva affermato, per poi indicare che la pace è un bene da
promuovere con il bene, da custodire e coltivare mediante scelte
e opere di bene. Nella diffusa incertezza collettiva tra bene e
male, ci viene ricordato che il male non è una forza anonima che
opera nel mondo in virtù di meccanismi deterministici e
impersonali. Precisava infatti Papa Wojtyla: “Il male ha sempre
un volto e un nome: il volto e il nome di uomini e di donne che
liberamente lo scelgono”. In questa occasione il Papa Wojtyla
aveva del resto spiegato che ''nessun uomo, nessuna donna di
buona volontà puo' sottrarsi all'impegno di lottare per vincere
con il bene il male. E' una lotta -aveva ribadito Papa Wojtyla-
che si combatte validamente soltanto con le armi dell'amore.
Quando il bene vince il male, regna l'amore e dove regna l'amore
regna la pace”. Il Papa aveva quindi specificato che ''cio' è
vero anche in ambito sociale e politico. A questo proposito
-spiegava Wojtyla- Leone XIII scriveva che quanti hanno il
dovere di provvedere al bene della pace nelle relazioni tra i
popoli devono alimentare in se' e accendere negli altri la
carità, signora e regina di tutte le virtu'''. Giovanni Paolo II
aveva quindi aggiunto che ''è in virtu' della vita nuova di cui
Egli ci ha fatto dono che possiamo riconoscerci fratelli, a di
la' di ogni differenza di lingua, di nazionalità, di cultura''.
''Di fronte ai drammatici scenari di violenti scontri
fratricidi, in atto in varie parti del mondo, dinanzi alle
inenarrabili sofferenze ed ingiustizie che ne scaturiscono,
l'unica scelta veramente costruttiva è di fuggire il male con
orrore e di attaccarsi al bene, come suggerisce San Paolo''. Per
questo messaggio per la celebrazione della Giornata Mondiale
dellaPace 2005, Giovanni Paolo II aveva scelto come tema di
riflessione un versetto della Lettera ai Romani di San Paolo:
''Non lasciarti vincere dal male, ma vinci con il bene il male''.
Tutto questo messaggio papale sulla pace, viene collocato dentro
un'articolata e complessa riflessione sul bene e il male,
secondo la quale la pace viene definita come un “bene da
promuovere con il bene: essa è un bene per le persone, per le
famiglie, per le Nazioni e per l'intera umanità; è però un bene
da custodire e coltivare mediante scelte e opere di bene'''.
Papa Wojtyla aveva continuato così nella prima parte del suo
messaggio: ''Il male non è una forza anonima che opera nel mondo
in virtù di meccanismi deterministici e impersonali. Il male ha
sempre un volto ed un nome: il volto e il nome di uomini e donne
che liberamente lo scelgono''. ''A cercarne le componenti
profonde -osservava il Papa- il male è, in definitiva, un
tragico sottrarsi alle esigenze dell'amore''. Con questo
discorso del 1 gennaio 2005 Papa Wojtyla aveva poi fatto un
preciso riferimento ai mali che affliggono paesi come l'Africa e
la Palestina e, non ultimo, alla piaga del terrorismo. E, più in
particolare, aveva detto: ''Come non constatare con amarezza che
il dramma iracheno si prolunga, purtroppo, in situazioni di
incertezza e di insicurezza per tutti?'' Altra questione che era
stata affrontata dal Papa nel suo messaggio per la pace era la
lotta alla poverta', obiettivo principale dell'azione della
comunita' internazionale. Nel trattare il problema della
poverta' Giovanni Paolo II si soffermava sul debito estero dei
Paesi poveri. Cio' nonostante il Papa osservava che ''i Paesi
poveri restano prigionieri di un circolo vizioso: i bassi
redditi e la crescita lenta limitano il risparmio e, a loro
volta, gli investimenti deboli e l'uso inefficace del risparmio
non favoriscono la crescita''. Infine concludeva che ''Possano i
popoli africani -aggiunge il Papa- prendere in mano da
protagonisti il proprio destino e il proprio sviluppo culturale,
civile, sociale ed economico. L'Africa cessi di essere solo
oggetto di assistenza, per divenire responsabile soggetto di
condivisioni convinte e produttive. Un’eredità straordinaria
quella lasciata alla Chiesa da Giovanni Paolo II, il Papa che ha
toccato il cuore del mondo intero, per il quale hanno pregato
Ebrei e Musulmani. Un patrimonio che il suo successore dovrà
continuare e sviluppare.

Mario Pulimanti



GdS - 20 IV 2005 -
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Mario Pulimanti
Fatti dello Spirito