"E'

dia.f.

Interrogativo con l’iniziale maiuscola

Don Giussani, il carsmatico fondatore di Gioventù Studentesca e
poi di CL, Comunione e Liberazione, ottantaduenne, ha nei giorni
scorsi in TV rivolto un interrogativo, di quelli con l'iniziale
maiuscola: "E' l'umanità che si é allontanata dalla Chiesa o la
Chiesa ad essersi allontanata dall'umanità?".

L'umanità é andata avanti, e sempre più, per così dire,
vorticosamente. Lasciamo a sociologi, filosofi, intellettuali
veri e aspiranti, di discettare al riguardo se fu vero
avanzamento, se fu vero progresso. Noi stiamo a quel che vediamo
e constatiamo, a cominciare dal fatto che si vive molto, molto
di più, e assai meglio di un tempo, che quello che una volta era
se non privilegio comunque prerogativa di pochi oggi é alla
portata se non di tutti quantomeno di moltissimi, e potremmo
continuare.

La scristianizzazione della società

Vero che l'Occidente in genere registra una scristianizzazione
della società, in parte frenata dalla fantastica azione
apostolica del Pontefice che continua fino all'estremo limite
delle sue forze in una missione che sente in maniera terribile
proprio perché ha presente dimensioni e ragioni del declino.

Un declino diffuso, anche nella capacità di influenzare gli
eventi. L'insuccesso dell'azione del Vaticano sostenuta da
alcuni Paesi volta a far inserire nella Costituzione europea un
richiamo alle radici cristiane, che sono poi un fatto storico, a
partire dall'editto di Costantino del 313 dC per arrivare ai
nostri giorni, é al riguardo emblematico.

Si inserisce qui l'interrogativo, per certi versi drammatico, di
Don Giussani. E se é vero che la realtà non può essere
tratteggiata assumendo l'uno o l'altro dei due corni del
dilemma, con la conseguente necessità di una compresenza di
fattori, appare comunque più pertinente la risposta al secondo
punto del dilemma, anche perché, in ogni caso, anche in quello
dei tanti che si sono allontanati dalla Chiesa sarebbe stato per
essa dovere etico mettere in campo ogni strumento per
rincorrerli.

Troppo conservatorismo (con qualche caso di eccessi opposti) nel
nome dell'intangibilità dei principi, elemento oggettivo e
reale, che talora però viene usato non a proposito, estendendo
il rigore a tutta una serie di altre cose nelle quali, pur in
una grande dignità di scelte, i principi non c'entrano.

Due casi: il sacerdozio femminile e il celibato dei preti.

Il sacerdozio femminile

"Il problema della ammissione delle donne all' Ordine sacro (
che la Chiesa anglicana ha risolto positivamente nel 1992) , è
una delle questioni acclesiologiche più discusse in questi
ultimi anni. Sono sorti movimenti di opinione accaniti, esperti
di diverse confessioni ed origini culturali hanno levato la loro
voce, favorevoli e contrari al sacerdozio femminile hanno
avviato discussioni agitate e negli ultimi anni , il Magistero
ecclesiastico ha ufficialmente rinforzato la posizione della
Chiesa contro l'ordinazione delle donne con la dichiarazione
della Congregazione per la dottrina della fede (Inter
insigniores, 1977) e due lettere apostoliche (Mulieris
Dignitatem, 1988; Ordinatio sacerdotalis, 1994)." - articolo
pubblicato nel Journal of feminist studies in Religion del prof.
Giorgio Otranto, professore di storia del cristianesimo antico
presso la facoltà di lettere di Bari che ha dimostrato come nel
corso dei primi secoli alcune donne sono state ordinate
sacerdoti ed hanno svolto tutti i compiti tradizionalmente
riservati agli uomini . Anche se si tratta di un fatto
minoritario, il fenomeno riveste egualmente importanza.visto che
fondamenti scritturali o teologici contrari al sacerdozio
femminile non ce ne sono.

Senza entrare in dotte discussioni nelle quali saremmo un pesce
fuor d'acqua, ci basta un solo esempio: ma perché persone come
Madre Teresa di Calcutta, di profondo sentire e di grande
operare non possono arrivare a quella che sarebbe la gioia del
sacerdozio? Una Chiesa che senza fondamenti scritturali o
teologici nega questa possibilità si allontana dall'umanità che
accetta il rigore dei principi non quello, a senso unico, delle
sovrastrutture organizzative, sia pure degnamente motivate, ma
sempre sovrastrutture.

Il celibato dei preti

Il celibato liberamente scelto e volutamente continuativo è un
valore; non lo è la legge del celibato ecclesiastico che risale,
dopo da alcuni sinodi cattolici (Elvira, Orange, Arles, Agde,
Toledo), al Concilo Lateranense II iniziato il 4 aprile 1139,
Papa Innocenzo secondo, scelta ecclesiastica non evangelica.
Prescrizione quindi di diritto canonico, confermato dal nuove
Codice di Diritto Canonico del 1984. Si sostiene, anche da parte
di chi non fa come lo struzzo e capisce che un problema esiste,
che in ogni caso trattandosi di regole vigenti esse hanno da
essere rispettate come é per qualsiasi regola in qualsiasi
campo. Argomentando in maniera semplice, lasciando a dotti
interlocutori le grandi discussioni, vorremmo ricordare che
quanto sopra ha una logica per chi scopre la sua vocaziobne in
età matura e, consapevolmente, sceglie una vita appagante per lo
spirito di fronte alla quale ben poca cosa possono apparire
rinunce materiali, compresa la scelta del celibato e della
castità. Gran parte del clero però non ha la possibilità di una
scelta matura e consapevole proprio per il fatto di essere
avviati al sacerdozio ancora molto giovani, quando é difficile
impostare una valutazione su scelte esistenziali alternative.
C'é chi, negli anni, lascia e va a fare altro; c'é chi si
realizza nella vita che ha scelto ma c'é anche chi non trova il
coraggio di cambiare strada ma non riesce neppure a mantenere i
voti fatti, con pesanti conseguenze psicologiche, in alcuni casi
con negative proiezioni esterne.

La gente che vede i rappresentanti di Dio di altre religioni
compiere lodevolmente la loro missione pur avendo famiglia non
capisce il perché di questa chiusura totale, laddove sarebbero
sufficienti alcune aperture parziali rispetto a una decisione di
865 anni fa in ben altro contesto e in cupo clima medievale.

Non per obbligo ma per scelta

Nella sua rubrica religiosa su un diffusissimo settimanale
italiano il titolare della stessa, sacerdote, analizza il
problema del celibato alla luce di quanto pensano in tanti,
fedeli e non fedeli. Premesso che non si tratta di un dogma”
così prosegue: “Il celibato dei preti è molto più di una regola,
è una testimonianza di vita, il segno di una donazione totale a
Dio e ai fratelli. Non so se nella Chiesa cattolica occidentale
potrà esserci un clero sposato accanto a quello celibe. Ma non
mi stancherò di ripetere che il punto è un altro: una regola,
fin che c’è, va rispettata soprattutto perché è sancita da una
promessa pubblica e solenne”. Aggiunge, sintetizziamo, “il senso
profondo che sta alla base della castità sacerdotale” e se
qualcuno non ce la fa è bene che si ritiri.

Il punto è questo, che molti non ce la fanno – e c’è l’umana
comprensione perché non tutti sono eroi e santi – ma non si
ritirano perché non trovano il coraggio di farlo, vivendo male
la contraddizione, vivendo male la solitudine e qualcuno vivendo
male la mancanza della paternità. Eppure sarebbero in grado di
servire Dio e i fratelli avendo famiglia.

Non un obbligo, ma una scelta su una delle due strade,
eventualmente riservando solo a chi fa i voti pieni determinati
ruoli e determinate funzioni.

Nel commento citato il titolare della rubrica con riferimento ad
un “prete innamorato”, tornato allo stato laicale e pronto a
farsi una famiglia restando “un buon cristiano”, sottolineava
che casi del genere rappresentano un’esigua minoranza”. In
effetti è vero se ci si riferisce a casi clamorosi di sacerdoti
che svestono la tonaca per mettere su famiglia. Ma purtroppo non
ci sono solo questi pochi casi. Lo scandalo che ha investito la
Chiesa cattolica - La diocesi più colpita dagli scandali di
pedofilia è quella di Boston, guidata dal cardinale Bernard Law
- per pedofilia non ha riguardato pochi preti, e il male fatto
alla Chiesa da queste situazioni da solo giustificherebbe un sia
pur parziale allentamento della rigidità del celibato
sacerdotale.

La società è cambiata, la Chiesa no

(o comunque non abbstanza)


Di fronte alle profonde trasformazioni della società una Chiesa
che non tiene il passo, che non si limita, come sacrosantamente
giusto, a continuare a ritenere immodificabili i principi
fondamentali, ma esprime di fatto un conservatorismo diffuso nel
clero secolare – diversa la situazione nei vari Ordini – e
quindi, di fatto, nella gerarchia aggrava le difficoltà che il
tipo di sviluppo della società, fortemente pervaso di edonismo e
sempre meno incline alla riflessione, determina e di cui sono
segni evidenti il forte calo di partecipazione ecclesiale, i
conventi che si chiudono, oratori semiabbandonati, parrocchie
senza titolare, vocazioni in notevole discesa.

Il sacerdote dianzi citato ha parlato del celibato dei preti
come donazione a Dio. Se parliamo di donazione non c’è dubbio
che ben più significativa e completa è la donazione delle suore
di clausura per un verso o ancora quella del missionario che va
in terre lontane. Per stare al primo aspetto se spiritualmente
grandissimo é l’abbandono del mondo per concentrarsi sulla
preghiera, ci si deve porre l’interrogativo se tale istituto è
ancora attuale. Nato in altri contesti, in altro clima oggi,
oltre ad essere in via di esaurimento, viene ad avere minore
significato proprio per il venir meno di tante suore e quindi di
funzioni e compiti che esse lodevolmente svolgevano.

Con il cambiare dei tempi dovrebbe cambiare anche il modo di
ragionare; solo i valori debbono restare tal quali al loro
posto.
a.f.



GdS - 20 IX 2004 -
www.gazzettadisondrio.it

a.f.
Fatti dello Spirito