L'89% di chi è stato in Valtellina ci tornerebbe.

Ricerca dell'Università di Pavia sulla conoscenza della Valtellina e dei suoi prodotti

Sondrio, Dal Distretto Culturale della Valtellina . Conoscenza dei prodotti tipici e del marchio Valtellina, apprezzamento dei servizi turistici, legame tra eccellenze agroalimentari e turismo, nel confronto con Valle d’Aosta e Trentino, sono gli ambiti indagati dalla ricerca condotta dall’Università di Pavia per conto del Distretto Agroalimentare di Qualità, inserita tra le azioni del Distretto Culturale della Valtellina. Cercando di rispondere a domande quali: i nostri marchi sono conosciuti? Chi acquista i nostri prodotti? C’è un legame fra consumo e frequentazione della valle? Qual è il giudizio complessivo? I risultati della ricerca, condotta nel 2013 su un campione di 1100 cittadini di tutta Italia, sono stati illustrati da Eleonora Lorenzini dell’Università di Pavia in un incontro aperto a istituzioni, operatori, associazioni di categoria, consorzi dei prodotti tipici e turistici, che si è svolto lunedì scorso nella Sala Succetti della Camera di Commercio, a Sondrio. Obiettivo della riunione: divulgare dati e analisi sui quali riflettere per programmare le azioni, una base scientifica di fondamentale importanza per indirizzarle nella giusta direzione.

È stato Sergio Schena, presidente della Fondazione di Sviluppo Locale, ente gestore del Distretto Culturale della Valtellina, sostenuto dalla Provincia di Sondrio, nell’ambito del più ampio progetto dei Distretti culturali ideato e  promosso da Fondazione Cariplo, a introdurre l’incontro, soffermandosi sul ruolo svolto dalle filiere economiche, nella fattispecie quella agroalimentare, nel Distretto Culturale, in stretta sinergia con il patrimonio paesaggistico e architettonico: “Le connessioni fra turismo, enogastronomia e cultura sono sempre più strette. Il turista oggi è alla ricerca di esperienze emozionali che, come Valtellina, siamo in grado di proporre per la ricchezza della nostra offerta. Nel Distretto Culturale stiamo lavorando in sinergia con questi settori e questa indagine ci fornisce indicazioni molto precise sulla direzione da prendere”.

Che cosa ha detto l’indagine? Innanzitutto che, nel 59% dei casi, la Valtellina è una meta nota, che il marchio è conosciuto dal 38% degli intervistati, che quasi l’80% ha assaggiato la Bresaola, oltre il 50% i Pizzoccheri, che quasi la metà di queste persone è in grado di collocare i due prodotti principe in Valtellina. Il Casera, così presentato nel sondaggio senza la denominazione Valtellina, è apprezzato dal 20% degli intervistati, il Bitto dal 18%, la Melavì da quasi il 17%, mentre si scende per i vini che scontano, peraltro al pari di quelli di altre regioni, la proliferazione delle denominazioni. Il gradimento dei nostri prodotti è alto, inoltre per Bitto, Sforzato e Pizzoccheri oltre il 50% di chi li conosce sarebbe disposto a pagarli di più. Indagando l’apprezzamento dei servizi turistici, emerge che la stragrande maggioranza di chi è già venuto in Valtellina, quasi l’89%, ci tornerebbe.

Eleonora Lorenzini, nella sua illustrazione, ha evidenziato come sia confermata, anche per quanto ci riguarda, la relazione tra conoscenza dei prodotti tipici e intenzione di visitare una destinazione turistica: l’impatto è positivo e riguarda principalmente Bresaola, Pizzoccheri e Bitto. “È la conferma di come il percorso avviato di unire enogastronomia e turismo, seppure non semplice, sia corretto – evidenzia il presidente del Distretto Agroalimentare di Qualità Franco Moro: dobbiamo lavorare sia in valle, facendo conoscere i nostri prodotti ai turisti, sia fuori, attraverso la promozione, affinché il legame fra le eccellenze enogastronomiche e il territorio emerga sempre di più agendo da volano per l’affermazione di entrambi”.
 

Laura Doronzo
Enogastronomia